Lavoriamo abbastanza?

L’Italia non spicca nel panorama europeo per la propria devozione al lavoro. In che modo questo va a incidere sulla produttività delle singole aziende e del sistema Paese lo chiediamo a Pierluigi Bernasconi e Gianfranco Lanci

Quaranta giorni all’anno su un totale di 260 lavorativi se ne vanno in permessi e vacanze comandate. Almeno in Italia. È quanto afferma l’Eiro, Osservatorio europeo delle relazioni industriali, nel suo annuale rapporto Working time developments, che rileva in che misura le abitudini lavorative del Belpaese si discostano da quelle della media europea: gli italiani si concedono 28 giorni di ferie all’anno, contro una media dell’Unione Europea di 23,7 giorni, e 12 di vacanze comandate, contro i 10,7 europei. Ben lontana dai primati stabiliti da Paesi come Estonia, Romania, Polonia, Irlanda, Belgio, i cui lavoratori usufruiscono di 20 giorni di ferie cui si aggiungono tra otto e 10 giorni di vacanze comandate. Insomma facendo due conti, in media ogni anno gli italiani dedicano al lavoro poco più del 60% del loro tempo. In che modo questo vada a impattare sulla produttività del sistema Paese e se sia necessario lavorare di più per uscire dalla congiuntura economica negativa è quanto abbiamo chiesto a Pierluigi Bernasconi, ceo di Mediamarket Italia (società cui fanno capo le insegne retail Media World e Saturn), e Gianfranco Lanci, presidente e ceo di Acer Inc.

Gli italiani e il lavoroInnanzi tutto è necessario fare le debite distinzioni tra settore e settore, precisazione d’obbligo quando si parla di valori medi e statistiche. «Gli italiani, quelli che lavorano, lavorano tanto» afferma Pierluigi Bernasconi di Mediamarket. «Ci accade spesso di restare in ufficio fino alle otto di sera, mentre nelle grandi corporation straniere trovi difficilmente qualcuno dopo le cinque di pomeriggio, soprattutto in Germania, in particolare per quanto riguarda l’ambito commerciale. Certo, indubbiamente ci sono categorie che usano e abusano dei permessi – forse il ministro Brunetta potrebbe dire qualcosa in proposito – tuttavia non penso che sia la prassi. Per quanto riguarda nel dettaglio la nostra azienda, tutti lavorano con grande impegno e i permessi si prendono perché nella vita di tutti i giorni può accadere di averne bisogno, ma in una misura assolutamente coerente con un approccio positivo al lavoro. E poi, non necessariamente lavorare di più serve a essere più produttivi. La vera differenza si ottiene lavorando meglio». È del medesimo parere anche Gianfranco Lanci di Acer Inc.: «Credo che ognuno di noi, anche in periodi di buon andamento, non si risparmi mai. L’obiettivo è utilizzare sempre al meglio le risorse proprie e dell’azienda: fissarsi obiettivi precisi e concreti e lavorare per raggiungerli. Certamente durante periodi di sofferenza e crisi economico/finanziaria non si può stare a guardare e semplicemente aspettare che la situazione si risolva. Gli imprenditori e i manager hanno il dovere di agire per affrontare il contesto e implementare business plan in grado di difendere le proprie aziende». In un ambito come il retail agire e prendere in mano la situazione può anche voler dire allungare l’orario di apertura del negozio in un’ottica di servizio alla clientela, quindi in senso lato lavorare di più, ma «avere oggi un’attività prolungata rispetto al passato» precisa Pierluigi Bernasconi «non significa che il singolo dipendente deve accrescere le proprie ore di lavoro – a meno che non si tratti di persone che sono sottoutilizzate rispetto al loro potenziale, in questo caso però è forse più un problema organizzativo che di tipo differente – ma è all’azienda nel suo complesso che spetta farlo. Il fatto è che poi, avendo in Italia problemi di flessibilità, organizzare bene le persone non è facile, ancora di meno quando si ha a che fare con clienti che non decidi tu quando ti vengono a trovare».

Essere più efficaciSe tuttavia la quantità di lavoro non è una variabile in grado da sola di accrescere la produttività, resta da capire in che modo sia possibile accrescere l’efficacia del proprio operato. E non c’è alcun dubbio che le imprese italiane abbiamo questa necessità. Secondo il recente rapporto Obiettivo crescita dell’Ocse, infatti, l’Italia lamenta un crescente divario dagli altri Paesi europei proprio a causa della sua ridotta produttività. Alla base di questo gap, secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), vi sono: la crescita delle assunzioni di addetti con un basso livello di specializzazione, il che riduce l’efficienza aumentando le ore necessarie per produrre un bene, e il basso investimento in nuove tecnologie e in ricerca e sviluppo. Praticamente gli italiani anziché fronteggiare la crisi diventando più preparati, si sono focalizzati sulla riduzioni dei costi, tagliando anche le spese necessarie a renderli più competitivi.Ma basta essere più produttivi per essere in grado di fronteggiare meglio i mercati nazionali e internazionali? «La produttività è un concetto ampio» spiega Gianfranco Lanci «e ritengo che necessiti di essere ben identificato. Se si intende la capacità di un’azienda di produrre una maggiore quantità di prodotti, non ritengo che sia la soluzione corretta. Per aziende come Acer, che è primariamente focalizzata nelle attività di vendita e di marketing, al contrario, deve essere intesa come capacità del team di portare ricchezza a tutta l’azienda, non semplicemente in termini di marginalità ma come giusto mix di profitto, market share, servizio e offerta di prodotto. Queste variabili devono crescere continuativamente affinché l’azienda si mantenga sana e in questo senso ritengo che sia un obiettivo costante e non solo legato ai momenti di crisi. Certo l’attenzione alle Opex (spese operative, ndr) e agli sprechi è doverosa sempre e comunque. In tal senso essere più produttivi vuol dire non fermarsi mai. Non in termini di agire senza obiettivi precisi, ma di crearsi dei traguardi che, anche se molto ambiziosi, siano oggettivamente e concretamente raggiungibili e perseguirli tenacemente».«Bisogna lavorare su tutti i fronti» prosegue Pierluigi Bernasconi. «Produttività per chi vende come noi significa una maggior efficacia, quindi accrescere il fatturato per addetto o per mq a seconda del parametro che vogliamo utilizzare. Ma la produttività è solo una delle facce della medaglia. L’altra è l’efficienza ovvero sia l’attenzione ai costi. Produttività ed efficienza non possono essere perseguite individualmente: non si possono semplicemente tagliare le spese, ma è fondamentale elaborare nuove idee di business, nel senso di nuove proposte di tipo commerciale, inedite interpretazioni dei desiderata e dei bisogni dei propri clienti, maggiore attenzione al proprio pubblico di riferimento e ricerca di un target diverso da quello già in portafoglio.È necessario pensare con attenzione a quello che si fa, vivere il lavoro con serietà e non come un dovere quotidiano ma come una parte integrante del proprio modo di essere e della propria identità. Questo è un discorso valido per tutti i dipendenti, magari con un diverso livello di responsabilità, ma è un atteggiamento comune a migliaia di persone che pensano che sia importante fare del proprio meglio tutti i giorni».

La competitivitàEbbene se la produttività è solo una delle componenti su cui agire per diventare più performanti quali sono le altre?«Il primo fattore su cui è necessario puntare per accrescere la propria competitività» conclude Gianfranco Lanci «è senz’altro la ricerca e sviluppo: senza il continuo rinnovamento della propria offerta e dei servizi a disposizione del proprio utente finale non è possibile definirsi leader e mantenere tale posizione. Per aziende come Acer che agiscono nel mercato dell’Information technology è ancora più importante questa componente». Più in generale, e in modo trasversale tra i vari settori: «La soluzione è lavorare con il buon senso» dichiara Bernasconi «osservare i fenomeni, parlare con i dipendenti, cercare insieme le soluzioni, gestire l’azienda come se fosse un patrimonio comune, cosa che peraltro è vera. Coinvolgere tutta la filiera a monte, quindi ogni fornitore deve esprimere tutte le proprie potenzialità e impegnarsi a rilasciare tutte le risorse che può nella filiera. Credo sia importantissimo, così come condividere gli obiettivi. Welch dice che ogni anno è necessario far fuori il 10% dei manager piuttosto che dei fornitori, così quelli che restano aguzzano l’ingegno. Non arrivo ad affermare ciò, però certamente oggi chi non si fa carico delle proprie responsabilità all’interno della filiera viene inesorabilmente messo alla porta».

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