Gig economy: fino a un milione di italiani fa “lavoretti” occasionali

Solo il 10% sono rider, cioè si occupano di consegne a domicilio. La stragrande maggioranza dei gig workers lavora da remoto per servizi clouding

Il posto fisso è sempre più una chimera. Anche in Italia sta conquistando uno spazio via via maggiore la gig economy, ossia un modello economico dove non esistono più le prestazioni lavorative continuative ma il lavoro è on demand. Se ne è parlato anche al recente festival dell’economia di Trento, nell’edizione dedicata a lavoro e tecnologia. Secondo uno studio curato dalla Fondazione Rodolfo Debenedetti, fra i 700mila e il milione di italiani collaborano occasionalmente per le piattaforme internet che incrociano domanda e offerta di lavoro: si tratta del 1,8- 2,6% della popolazione. E di questi, solo il 10% è rappresentata dai rider, coloro che si occupano di consegne a domicilio (pasti e non solo). La stragrande maggioranza è costituita da persone che lavorano da casa o comunque da remoto per servizi “clouding”, elaborando dati on line, gestendo piattaforme internet o svolgendo traduzioni. Questo spiega perché i “lavoretti” piacciono molto al sesso femminile: la meta dei gig workers è donna.

Per i “lavoretti” si ricevono in media 12 euro all’ora

Per la maggior parte dei gig workers, i “lavoretti” costituiscono solo occupazioni occasionali, che vanno ad aggiungersi all’impiego vero e proprio, che può essere da dipendente o da autonomo. Per una quota compresa tra 150 e 200mila persone, invece, sono l’unica fonte di reddito. In ogni caso, il compenso non cambia: la retribuzione media lorda è pari a 12 euro all’ora. Nonostante ciò, il 45% dei lavoratori si dichiara soddisfatto o abbastanza soddisfatto di questo tipo di lavoro e per il 50% vanno bene le regole che vengono proposte da chi commissiona la prestazione. Addirittura una persona su due vorrebbe lavorare più (il 50% dei gig workers lavora non più di una-quattro ore a settimana, mentre il 20 % tra cinque e nove ore).Chi pensa che i “lavoretti” siano una risorsa cui ricorre soprattutto chi è più in difficoltà è in errore: solo il 3% dei lavoratori occasionali è immigrato, mentre il 70% ha un livello di istruzione superiore, dal diploma di liceo al master.

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