L’alba del manager spirituale

Al Politecnico di Milano un percorso di studi dedicato a dirigenti e Ceo approfondisce il tema della spiritualità, perché le imprese hanno bisogno di leader consapevoli

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Da una parte i manager, con le loro competenze tecniche e scientifiche, il pragmatismo, i numeri, le pianificazioni, la capacità decisionale. Dall’altra la spiritualità, con i suoi valori universali liberamente interpretati, sia da individui che da organizzazioni. Apparentemente due rette destinate a non incontrarsi mai. Apparentemente. Perché invece una delle più importanti scuole di business italiane, la Graduate School of Management del Politecnico di Milano ha preso le due rette e le ha fatte convergere in Spiritualità & Management, un percorso di studio che tratta gli aspetti intangibili dell’ambito lavorativo, e che è rivolto a manager, dirigenti, Ceo, chiunque abbia responsabilità di gestione di organizzazioni e persone. Si svolge su otto moduli da due giorni ciascuno, quindi 16 giornate piene fra i mesi di aprile e dicembre, e può contare su una Faculty di una ventina di docenti di diversa area culturale e spirituale.

L’iniziativa nasce nel 2019, ma l’idea alla base risale a più di 20 anni fa, e scaturisce dall’esperienza personale del direttore Luciano Traquandi e di Patrizia Castellucci, docente al Polimi Gsom e co-coordinatrice dell’iniziativa. I due decisero di esplorare i diversi mondi legati alla spiritualità, cominciando con quello dei buddisti Zen che qui in Italia, vicino Salsomaggiore, hanno un Branch Temple del monastero giapponese Eiheiji. Studiando la loro cultura entrarono in contatto con studiosi di teologia cattolica, e tramite loro con studiosi di ebraismo e a seguire, ancora, con esperti di realtà pre-religiose come quelle sciamaniche. Con queste persone condivisero lo studio teorico, facendo però anche esperienza delle loro comunità, senza che questo comportasse alcuna forma di adesione o credenza.

«Tutto si è svolto in una dimensione molto laica», ricorda Traquandi, «noi non siamo credenti. In quegli anni abbiamo acquisito degli strumenti, anche teorici, molto importanti. E ci venne l’idea di portare queste tematiche nelle aziende, quelle avanzate, ad alta tecnologia, perché ci siamo resi conto che le persone che traggono più beneficio da queste tematiche sono quelle più pragmatiche, che hanno a che fare tutto il giorno con numeri, margini operativi, tecnologia. Proponevamo loro una formazione diversa da quella consueta. Ci sono aziende multinazionali che, ancora oggi, ogni due anni prendono una ventina di manager di alto potenziale e ci chiamano per fare attività su questi temi. L’età media dei nostri partecipanti è di 47 anni, il che presuppone un certo grado di maturazione personale e professionale in chi cerca questo tipo di approfondimento». Una volta acquisite delle basi esperienziali e teoriche solide, i due iniziarono a proporsi nella formazione manageriale. L’opportunità decisiva arrivò appunto nel 2019, quando Polimi Graduate School of Management, quindi una scuola tecnica che offre ai suoi frequentatori strumenti quantitativi, matematici, tecnici ed economici raffinati, gli propose di organizzare un percorso Executive sul tema della spiritualità nella pratica manageriale.

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«Consideravano l’elemento spirituale come elemento importante nella preparazione di un manager», dice Traquandi. «Nel management italiano c’è un bisogno latente di spiritualità. Te ne accorgi durante la pausa caffè. Lì emergono aspetti non trattabili ordinariamente. Ne hanno bisogno, prima che come manager, come esseri umani, magari con una famiglia e con problematiche extra-lavorative di vario tipo. C’è una forte apertura, sia a livello professionale che personale. Nelle classi, a porte chiuse, se ne parla liberamente, c’è grande consenso, si cercano e si danno consigli. Noi non promettiamo benefici o ricette. Diciamo sempre che questo è un percorso autotelico, fine a sé stesso. Chi partecipa deve farlo senza aspettarsi nulla. Poi in realtà i risultati ci sono. Alcuni immediati e altri a lungo termine. Nascono delle forti curiosità che portano ad approfondire e studiare persone che normalmente lo fanno solo se richiesto da un obiettivo professionale. Su questo gioca molto la parte esperienziale del percorso. Per esempio, portiamo i partecipanti a vivere per due giorni con i monaci Zen del monastero di Fudenji. Sveglia alle 4 e mezza, riti impegnativi come da cultura giapponese. Lì imparano a vivere al ritmo degli altri, perché un commensale che mangia troppo velocemente o troppo lentamente crea problemi a tutto il contesto durante i pasti rituali».

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Chi partecipa a questo percorso executive in genere non lo fa perché cerca qualcosa in cui credere. Si tratta essenzialmente di persone prive di pregiudizi e che hanno colto che esiste una dimensione laica dello spirito. Fra loro però ci sono anche persone che invece sono profondamente religiose, e che partecipano con lo scopo di leggere la spiritualità in modo più complesso. «Noi lavoriamo con paradigmi di complessità», conclude Traquandi, «perché se si affronta questo tema in modo riduzionistico, si rischia di rimanere in superficie. Abbiamo fra i docenti degli islamisti di profonda cultura che parlano di finanza islamica o di come si legge con rigore il Corano, abbiamo rabbini ortodossi che raccontano la donna nell’ebraismo, abbiamo ordinari dell’Istituto di Liturgia Pastorale di Santa Giustina a Padova, Benedettini, che raccontano passi della Bibbia in modo tale che io, non credente, rimango comunque molto colpito e ispirato. Ogni modulo ha un tema, il primo modulo per esempio è sul cambiamento. L’antropologo e il teologo insieme parlano per esempio di riti e miti, magari con la testimonianza di un Ceo importante che parla dei cambiamenti nella sua azienda».

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Articolo pubblicato su Business People di marzo 2024. Scarica il numero o abbonati qui 

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