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Lavoro

Nudging: i vantaggi della “spinta gentile”

Teorizzata e messa in pratica dal premio Nobel Richard Thaler, è una tecnica che mette al bando le imposizioni dall’alto ed è sempre più in voga nelle aziende a livello internazionale. Ecco come funziona e perché

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Prendere decisioni rapide ed efficaci, forse la principale attività quotidiana di qualunque buon manager, a volte è difficile. Ancor di più quando si tratta di prendere decisioni collettive: come è possibile, all’interno di un gruppo numeroso, mettere d’accordo le idee di ciascuno, riducendo i conflitti e arrivando velocemente a una scelta condivisa da tutti? Secondo una delle teorie di management più in voga, ci si riesce applicando alcune tecniche cosiddette “gentili”, che servirebbero per indirizzare e guidare le scelte di un gruppo in modo consapevole verso un esito positivo e condiviso, senza però inibire la libertà di prendere, eventualmente, altre direzioni. È il principio del colpetto o spintarella, nudge in inglese, teorizzato e messo in pratica dal premio Nobel per l’economia Richard Thaler in un testo dal titolo appunto La spinta gentile diventato l’icona pop delle scienze comportamentali e scritto assieme a Cass Sunstein, professore della Harvard Law School.

Cos’è la teoria dei nudge

La spinta gentile, in pratica, è una tecnica ormai consolidata, che influenza positivamente il processo decisionale, aiutando ciascuno a esprimere il meglio di sé, riducendo gli sforzi e i conflitti, ma soprattutto ribaltando la vecchia logica del capo che comanda. «Comandare sarebbe più veloce, ti dico cosa fare, tu lo fai, e se necessario io ti controllo per metterti pressione», spiega Paolo Bruttini, socio-analista ed esperto di sviluppo della leadership, di team building e di comportamento manageriale. «Al pari di regole, ordini e obblighi, ma in maniera molto più efficace e democratica, la spinta gentile è una pratica che può influenzare il processo decisionale degli individui e dei gruppi, pur lasciando la libertà di fare altrimenti. Sul lavoro, per esempio, l’auto-impostazione di notifiche che segnalano l’avvicinarsi di una scadenza imminente, spinge le persone a rispettarla molto di più che non l’obbligo formale a farlo. Oppure: la possibilità di avere maggior flessibilità nelle prime e nelle ultime ore della giornata lavorativa, spinge, ma non obbliga, a essere più performanti in quelle centrali. Grazie a questi interventi di nudging è ampiamente dimostrata la possibilità di incrementare la produttività sul lavoro senza ricorrere a indicazioni coercitive». Si tratta di spinte verso la direzione desiderata, ma senza escludere esplicitamente altre strade e senza limitare la libertà di scelta delle persone.

La spinta gentile e i nudge tool

Spinte gentili, appunto, che possono essere applicate anche al cambiamento in azienda. Come? Passando dalla teoria alla pratica, esistono molte tecniche definite gentili e capaci di liberare il potenziale dei team manageriali o di quelli misti capo-collaboratori. «I nudge tool», spiega Massimo Lugli, ricercatore sui temi del cambiamento organizzativo e della leadership, «costituiscono una modalità dirompente per produrre cambiamenti e innovazione nelle organizzazioni e permettono di integrare le relazioni basate sulla gerarchia e sul paradigma comando-controllo con una leadership distribuita e democratica». Addio presentazioni frontali, riunioni basate sul potere gerarchico, discussioni interminabili e fine a se stesse, dalle quali spesso si esce senza aver portato a casa nessun risultato. I tool gentili, al contrario, migliorano la collaborazione e la fiducia del team, liberano le energie e le potenzialità presenti, possono stimolare una vivace partecipazione in gruppi di qualsiasi dimensione, facilitando l’inclusione e permettendo di raccogliere ogni singolo contributo. Risultato: riunioni più brevi, mezz’ora al massimo, più serene e soprattutto focalizzate al risultato.

The nudge: come applicare la spinta gentile in azienda

Ma come si fa, concretamente? «Per esempio, invece di fare un corso di formazione sulle competenze», spiega Lugli, «è meglio dare in mano alle persone alcuni strumenti che attivano le competenze, le fanno sperimentare dal vivo e usare fin da subito. Non serve molto: basta un canvas da appendere al muro e tanti post-it colorati da attaccare, per visualizzare il pensiero di ciascuno. Si esce così da una dimensione individuale e si rendono visibili i pensieri, entrando in una dimensione di condivisione e collaborazione concreta, su un obiettivo specifico, stimolando una discussione che porta a risultati tangibili, non solo chiacchiere». E i tempi sono rapidi. «Sono setting di 30 minuti al massimo dall’inizio alla conclusione. Poi è possibile riprendere lo strumento a distanza di tempo e ripartire da dove si era arrivati». Start-stop-continue, time box, pain game, sail boat o mission impossible: ecco alcuni nomi di queste tecniche (ma ne esistono più di 40 già utilizzate da molte aziende), che hanno in comune una caratteristica di fondo, la spinta gentile, perché sono procedure che spingono i manager ad attivare le competenze, senza ordini esterni, inducendo contributi assertivi, propositivi e finalizzati. Impararle non è difficile, ma non è necessario che tutti i partecipanti alla riunione le conoscano, ne basta uno, il cosiddetto facilitatore, un membro del team che sappia destreggiarsi e può fare da guida. «La riunione si indirizza da sola verso un esito collaborativo e concreto», conclude Lugli, «perché i nudge tool fanno venire a galla competenze e comportamenti che altrimenti richiederebbero, come è sempre accaduto fino a oggi, corsi di formazione molto più lunghi». Un approccio davvero “non violento” che potrebbe aiutare molte aziende a gestire le odierne complessità e le sfide dettate da un mondo in rapido e incerto cambiamento.

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