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Gusto

Alessandro Borghese: in cucina la funzionalità innanzitutto

Aperto all’innovazione e attento all’ambiente, il più celebre chef della tv è sempre in cerca di nuove sfide. E il design – dice – non deve mai essere fine a se stesso

Vulcanico ed eclettico, Alessandro Borghese è uno dei più noti chef italiani. Merito anche dei suoi numerosi impegni televisivi. Tra i pionieri dei programmi di cucina sul piccolo schermo, di cui è anche autore, nel 2010 ha fondato AB Normal srl – Eatertainment Company (di cui il Ceo è la moglie Wilma Oliverio), azienda che si occupa di food consulting e advertising, comunicazione e sviluppo format tv. Nel 2017 arriva poi il suo ristorante milanese, Il lusso della semplicità, seguito, da pochissimo, da un nuovo locale a Venezia, al piano terra di Palazzo Ca’ Vendramin Calergi, sede del Casinò. Nel mentre ha anche trovato il tempo per scrivere libri e realizzare un podcast. Lo abbiamo incontrato per sapere cosa ne pensa degli argomenti più gettonati del momento: tecnologia, sostenibilità e design.

Chef, le dotazioni sempre più tecnologiche delle cucine contemporanee stanno cambiando il modo di creare ai fornelli?La tecnologia è sempre stata d’aiuto per noi chef. Siamo un po’ la Formula 1 degli elettrodomestici, cioè le nuove attrezzature ideate per il mondo dell’alta cucina vengono prima sperimentate da noi, dopodiché, con il tempo, vengono generalmente proposte anche per il mercato domestico.

Per esempio?Per dirne una, penso alle macchine per il sottovuoto e i roner, che permettono lunghe cotture a bassa temperatura. È una tecnologia che esiste da tempo e noi la usiamo da oltre un decennio, ma ora si sta diffondendo anche nelle abitazioni private.

L’intervista da Alessandro Borghese è solo un assaggio de L’anima della cucina, quinta edizione dell’allegato di Business People dedicato all’innovazione tecnologica e di design all’interno della cucina

L’altro tema dominante del momento è quello della sostenibilità. Cosa significa per uno chef?È un concetto importante che trova due distinti ambiti di applicazione. Da un lato il ristorante in termini di arredo e dotazione tecnologica, dall’altro il lavoro in cucina. Sul primo versante il mio locale, Il lusso della semplicità, è stato progettato per rispettare il più possibile l’ambiente già dal punto di vista strutturale: usando, per esempio, vernici ecosostenibili, lavastoviglie che recuperano e riusano l’acqua e celle frigorifere che si autogestiscono per non sprecare energia. Per quanto riguarda invece le preparazioni, per noi sostenibilità significa innanzitutto cercare di utilizzare tutto il possibile delle nostre materie prime, per evitare sprechi. In secondo luogo, cerchiamo di lavorare con prodotti a filiera corta e di stagione, per ridurre le emissioni legate alla produzione e ai trasporti. Sono piccole accortezze, ma fanno la differenza.

Dica la verità, queste accortezze le vive come uno stimolo o come un vincolo?Come uno stimolo! E poi credo sia anche un dovere, in questo periodo storico più che mai.

Quanto è importante il design per un ristorante?Per me e per il mio team è fondamentale. Lo sono i materiali – dal vetro all’acciaio –, le forme, così come il fatto di avere una cucina completamente a vista che dà al cliente un senso di trasparenza. Credo che essere circondati dal bello metta di buonumore. Dopodiché io e mia moglie siamo andati oltre e, amando molto l’arte, abbiamo trasferito questa passione nelle nostre attività, per esempio trasformando il ristorante in una galleria permanente.

Visto che il design è così importante, cosa dovrebbero tenere in particolare considerazione i creativi nell’ideare un ristorante?Innanzitutto, la luce e i colori. Diversi studi evidenziano quanto la cromia e l’estetica di una location siano decisivi nel mettere a proprio agio le persone. E poi l’ergonomia delle forme, a partire da quelle che sembrano piccole cose, come la struttura delle sedute. È scientificamente provato che un cliente che sta comodo è più propenso a trattenersi più a lungo e quindi, magari, anche a ordinare qualcosa in più e spendere di conseguenza. Insomma, il design deve essere anche funzionale, non va sottovalutato il suo contributo al successo di un’attività come la nostra.

Questo discorso vale anche per le cucine domestiche?Sono convinto di sì, perché da sempre la cucina è il focolaio di casa, un luogo di aggregazione e convivio, che deve offrire comodità, ma anche essere esteticamente gradevole e accogliente.

Come è cambiato nel post-pandemia il rapporto con il mondo della ristorazione? Percepisce ancora timore o prevale l’esigenza di uscire e stare in compagnia?Sicuramente le persone hanno voglia di recuperare il tempo perduto e trascorrere delle serate fuori casa. Lo prova anche il fatto che si sia spostato l’asse delle prenotazioni: se in passato erano poche quelle prima delle 21, oggi i clienti arrivano a cena già alle 19-19.30.

Lei ha viaggiato e vissuto in tutto il mondo, perché ha scelto proprio Milano per aprire il suo ristorante?È stata una scelta di cuore. Per amore mi sono trasferito a Milano e qui con mia moglie abbiamo costruito la nostra azienda. Senza contrare che a Milano sono nate anche le mie figlie.

Ha appena intrapreso una nuova avventura a Venezia. Come bisogna adattare la proposta con il mutare dello scenario e del pubblico?Indubbiamente Venezia ha una clientela diversa, ancora più cosmopolita di Milano dal punto di vista turistico. È una città di grandi eventi, che quest’anno compie 1.600 anni ed è sempre stata un grande crocevia in cui è passato ogni tipo di materia prima e prodotti. In Laguna porteremo la cucina de Il lusso della semplicità di Milano con le sue caratteristiche distintive, cui aggiungeremo anche proposte dedicate a Venezia e ai veneziani.

Il grande successo dei programmi di cucina degli anni passati ha avuto un forte impatto sull’immagine dello chef e l’apprezzamento del suo lavoro. In questo momento il fenomeno sembra essersi ridimensionato, crede che si stia spegnendo?Assolutamente no! Penso ci sia stata una grande bolla che ora si è un po’ ridimensionata. È una normale evoluzione di quasi tutti i fenomeni. Io sono stato un po’ un pioniere, ma poi è un settore in cui si sono buttati tutti, anche persone che facevano tutt’altro mestiere. Alla lunga distanza però i cavalli di razza si vedono, oggi sono rimasti coloro che questo lavoro lo fanno da sempre, che sono dei veri professionisti e hanno saputo mantenere la loro parola sia verso il pubblico gastronomico sia verso quello televisivo. Prima c’era più quantità, ora invece c’è più qualità.

Da un lato è chef, dall’altro personaggio tv. Come cambia Alessandro Borghese nei due ruoli?Alessandro Borghese è una crasi delle due realtà: nasco chef e poi sono passato alla televisione, sotto questo profilo credo di poter dire di aver contribuito a inventare la tv gastronomica. Diciamo che sono un imprenditore della cucina, quindi da chef mi sono evoluto, ho un po’ rivoluzionato tutto questo mondo, perché credo che sia necessario parlare alle nuove generazioni, a coloro che stanno approcciando questo territorio, sia che si tratti di quello della cucina tout court sia di quello della cucina “comunicata”. Ricordo che all’inizio nessuno voleva andare in televisione, tutti preferivano stare attaccati ai fornelli. Mi sono ritrovato spesso e volentieri a parlarne con i miei colleghi e gli dicevo: “ma se non comunichiamo il nostro lavoro, nessuno verrà a sapere cosa facciamo!”. Davvero, credo che la comunicazione sia fondamentale. Per fortuna con il tempo in molti hanno seguito questa strada.

Credits Images:

Nato a San Francisco nel ‘76, dopo il diploma all’American Overseas School di Roma si è imbarcato per tre anni sulle navi da crociera. Le sue esperienze culinarie sono proseguite a San Francisco, New York, Londra, Parigi, Copenaghen, Roma e, infine, Milano, dove ha fondato la sua società, la AB Normal. Sempre a Milano, nel 2017, ha aperto il suo ristorante Il lusso della semplicità e nel 2022 ha aperto un nuovo locale a Venezia