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Lavoro

Robot, gli italiani guardano con sospetto l’intelligenza artificiale

Quasi la metà dei lavoratori pensa che le macchine servano solo per svolgere compiti ripetitivi. Più diffidenti le donne e gli impiegati del nord

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In un futuro non troppo lontano, i robot saranno una realtà in molte aziende e i lavoratori dovranno abituarsi alla loro presenza. Ma in Italia non sembriamo pronti ad adeguarci a questo cambiamento. Secondo la ricercaIntelligenza artificiale al lavoro” condotta dalla Fondazione non profit Italo Foundation e presentata nei giorni scorsi nel corso del Forum organizzato dall’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale, infatti, i nostri connazionali non hanno ben chiari i vantaggi di un’integrazione fra uomini e macchine. Quasi la metà degli intervistati (490 su 1.000) è convinta che i robot debbano limitarsi a compiere compiti ripetitivi e non siano chiamati a fare altro, tantomeno a pensare. Le più diffidenti? Le donne. “Le donne dichiarano una maggiore sensibilità al tema perché essendo più inclini agli aspetti relazionali temono che il rapporto diventi sempre più impersonale, quindi emerge la paura di perdere quell’umanità propria dei rapporti tra persone/colleghi” ha spiegato la Fondazione. I più aperti alla novità, invece, sono i lavoratori del meridione: hanno risposto in una percentuale quasi doppia rispetto a quelli del nord che se potessero scegliere preferirebbero come capo una macchina. Evidentemente hanno più sfiducia nel management umano.

I robot potrebbero migliorare alcuni processi

Vista la scarsa propensione degli italiani per i robot, secondo gli esperti della Fondazione è necessario che le imprese si dotino di una nuova figura professionale, il digital transformation coach, che traghetti le persone che già lavorano in questa innovazione e le formino in maniera adeguata. Anche perché comunque i nostri connazionali pensano che alcuni processi aziendali migliorerebbero se gestiti solo dall’intelligenza artificiale, in particolare la sicurezza sul lavoro (risposta data dal 36% dei lavoratori), la pianificazione turni (29%) e l’analisi di mercato e dei concorrenti (28%). Dunque, si tratta più che altro di superare la diffidenza iniziale.