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Lavoro

Non è (solo) questione di soldi

La voglia di fare carriera è il primo motivo di abbandono aziendale, e la fuga dei talenti rischia di esporre le imprese a un preoccupante vuoto. Come rimediare? Le lusinghe retributive non bastano: servono motivazioni, strategie, prospettive. Come quelle messe in atto dai top employers. Cinque società dove il turnover è ridotto ai minimi termini

Può sembrare un paradosso, vista la conclamata crisi economica in corso, ma uno dei principali problemi delle aziende è trattenere i propri talenti, naturalmente portati a desiderare una carriera veloce e soddisfacente. E ovviamente le offerte più interessanti arrivano proprio ai migliori, quelli di cui non si vorrebbe mai fare a meno e che sono decisivi per il successo della società. Come trattenerli? Come attirarne di nuovi? Ne abbiamo parlato con Alessio Tanganelli, Country Manager Italia Crf Institute – organizzazione internazionale indipendente di certificazione con focus sulla gestione delle risorse umane e best practices nella gestione dei talenti – e i responsabili delle risorse umane di cinque aziende Top Employers: British American Tobacco, Gruppo Hera, PepsiCo, Technip e Valeo.

I LIMITI DELLE LUSINGHE RETRIBUTIVE

Tra le diverse possibilità di approccio, quel che sembra certo è che basarsi solo sull’offerta economica è una strategia superata, sempre che sia mai stata efficace. «La leva economica era e rimane un aspetto importante, ma oggi non è sicuramente l’unico fattore determinante», dichiara Sergio Pocini, Hr Vice President Technip Italy. «Nelle economie avanzate, la leva economica è solo uno dei driver che influenza la motivazione dei dipendenti», concorda Eleonora Pagani, Hr Director PepsiCo. Dello stesso avviso anche i rappresentanti delle altre aziende. «L’aspetto retributivo rimane la condizione essenziale, ma non è il fattore differenziante di cui abbiamo bisogno», spiega Paolo Cuniberti, Hr Director Italy Valeo. «Anche perché, soprattutto in tempi di alta volatilità, non è detto che un contratto che offre un vantaggio “monetario” nell’immediato, si riveli un affare migliore anche a lungo termine». E soprattutto, come sottolinea Alessandro Camilleri, Head of Learning & Organizational Development del Gruppo Hera, «sull’aspetto economico si troverà sempre un’azienda in grado di offrire qualcosa di più».

LE POLITICHE DI CHI CI SA FARE

Meglio allora lavorare diversamente, per non correre il rischio di perdere i propri uomini migliori e finire per ritrovarsi a gestire un “vuoto di potere” nelle posizioni chiave. Tanto più che una recente ricerca del Crf Institute, che ha coinvolto 653 aziende in 13 Paesi di cinque continenti, ha messo in luce la preoccupazione dei Top Employers sulla futura mancanza di personale qualificato. E non si parla solo di Cina e Brasile, ma anche dell’Europa. «In Italia il 44% prevede una crescita e un incremento di personale da qui a tre anni, ma il 13% lamenta già una scarsità di manager “giusti al posto giusto”», dichiara Tanganelli. «La soluzione? Elaborare adeguate strategie di succession management e leadership, per costruire ruoli e competenze del futuro. Effettuando pianificazioni strategiche a tre o cinque anni dei manager (e delle competenze) di cui l’azienda avrà bisogno». Tra le politiche da adottare Tanganelli segnala «job rotation, mentoring, coaching, costante valutazione delle performance, riconoscimento pubblico dei successi ottenuti, eventi di motivazione, efficace e rapida integrazione dei nuovi assunti e piani di sviluppo personalizzati». Senza pensare che la crisi aiuti la “retention” dei talenti. «Forse ne accentua la gravità. Chi ha i numeri, è preparato, ha iniziativa, voglia di crescere ed energia è forse il tipo di persona più incline ad armarsi di coraggio, entusiasmo e a prendere una direzione alternativa fuori dal territorio nazionale», mette in guardia il country manager del Crf Institute. Ma vediamo qualche esem-pio virtuoso…

IN BAT GLI OBIETTIVI LI SCEGLI TU

In British American Tobacco vige un sistema di performance management altamente personalizzato. «Tutti in British American Tobacco hanno un documento personale contenente gli obiettivi di prestazione annuali, che non solo è chiaro dall’inizio dell’anno, ma che ciascuno contribuisce a scrivere», racconta Silvia Ticolpe, Talent & Organization Manager dell’azienda. «Ognuno è responsabile del suo documento, di aggiornarlo e di cercare occasioni formali per ricevere e dare feedback al proprio manager di riferimento. In più», aggiunge, «valutiamo i manager anche per come hanno gestito il proprio team. Se una persona ha avuto una low performance, ne è responsabile anche il suo capo, che potrebbe non avergli fornito gli strumenti giusti. La persona viene quindi supportata tutto l’anno successivo da un referente delle risorse umane e dal suo superiore. Infine, tutti hanno la possibilità di avere un piano di sviluppo, quindi di mettere nero su bianco le loro aree di forza e di sviluppo, chiedendo di conseguenza all’azienda – che non è obbligata ma si impegna in tal senso – una serie di strumenti per la propria crescita: dai corsi di formazione allo sviluppo on the job».

HERA INVESTE SU LEADERSHIP E VALORI

Per il Gruppo Hera sono essenzialmente due i nodi cruciali: leadership e valori. E in entrambi i casi si è lavorato attraverso un percorso di dialogo e coinvolgimento diffuso, che ha visto protagonisti dipendenti e stakeholder. «Il tema della leadership è per noi un elemento fondamentale di crescita», spiega Alessandro Camilleri. «Il nostro lavoro, in questo senso, si è focalizzato su un processo che fosse un elemento di congiunzione tra tutte le attività, sia di Hr che di business. Come prima cosa, abbiamo elaborato un modello di leadership, che racchiude i comportamenti attesi, valido per tutta l’azienda, dopodiché lo abbiamo preso come bussola di riferimento in ogni ambito, a partire già dalla selezione del personale. In primis chiediamo di aderire a questo modello e poi di costruire su questo la propria crescita professionale». L’altro elemento decisivo è una forte identità aziendale, costruita su valori fondanti sui quali sono basati mission e codice etico aziendale. «Vediamo che i talenti potenzialmente interessati a entrare in Hera sono sempre più interessati a conoscere i nostri valori e a capire quanto sono vicini alla loro realtà», osserva Camilleri.

CON PEPSICO “VIVI LA VITA AL MEGLIO”

«In contesti organizzativamente evoluti, le maggiori leve che creano “engagement” sono legate a un assetto professionale che integri la sfera individuale e personale con quella aziendale», spiega Eleonora Pagani, Hr Director PepsiCo. «La nostra sfida è creare un ambiente di lavoro con un forte accento valoriale dove le persone si riconoscano, che stimoli l’apprendimento continuo e favorisca la crescita e lo sviluppo di ciascuno. A questa sfida abbiamo risposto lanciando recentemente la piattaforma “Vivi la vita al meglio” che offre ai dipendenti politiche e servizi in grado di migliorare la vita loro e delle loro famiglie negli ambiti: salute e benessere, work life balance e aggregazione, sport & fitness». In più, ai manager viene attribuito il compito di orientare e sviluppare il proprio team. Incarico cui vengono preparati con un corso di tre giorni. I comportamenti dei dirigenti vengono poi misurati a livello aziendale e i risultati delle indagini utilizzati per iniziative individuali di miglioramento.

TECHNIP, POLITICHE DIFFERENZIATE

Dialogo continuo con i dipendenti, apertura internazionale e un sistema valoriale forte e credibile. Sono tre le leve decisive su cui Technip punta per trattenere i propri talenti. «Devo ammettere che, soprattutto tra i giovani, c’è un forte ritorno ai valori. Una delle prime cose che chiedono in fase di intervista è quanto fa l’azienda nel campo della responsabilità sociale», racconta Sergio Pocini, Hr Vice President per l’Italia. «Oggi è particolarmente importante segmentare le popolazioni aziendali per definire politiche di attrattività, retention e compensation differenziate», aggiunge. Diverse generazioni (e aumenteranno con l’incremento dell’età pensionabile) significano infatti diverse aspettative e diverse leve motivazionali. In quest’ottica è stato introdotto, nel 2009, un processo di valutazione a matrice variabile rivolto ogni anno al 20% della popolazione aziendale. «È un esame collegiale cui partecipano le risorse umane e il management di linea o, a seconda dei livelli di popolazione interessata, il top management. In pratica, si tratta di una rassegna di talenti e potenziali talenti in cui si prende in esame quanto hanno fatto e potrebbero fare», spiega Pocini. «Si conclude con una sorta di classificazione, in cui si incrociano i dati riguardanti i risultati conseguiti e le possibilità di raggiungimento di posizioni più elevate». L’obiettivo è far concretizzare a ciascuno il massimo del proprio potenziale.

VALEO PUNTA SUL BENESSERE DELLA PERSONA

«In quanto player delle tecnologie automotive, il primo elemento di attrazione è quello di permettere a chi abbia competenze in questo settore di esprimerle al massimo livello in un ambiente internazionale», commenta Paolo Cuniberti, Hr Director Italy. «Dopodiché bisogna certamente andare incontro a quei bisogni collaterali di sviluppo della carriera, retribuzione, compensation. Anche se devo dire che oggi sono elementi che passano un po’ in secondo piano rispetto al benessere complessivo sul luogo di lavoro, inteso anche come compatibilità tra un’attività lavorativa entusiasmante e gli altri spazi esistenziali, siano essi gli affetti, lo sport, gli interessi culturali o sociali». Il concetto è, insomma, quello di offrire una serie di connotazioni dell’ambiente sociale che permettano di appassionarsi al lavoro senza per questo dover pagare un prezzo troppo alto. «Occorrono anche job security nel medio periodo e sviluppo continuo del proprio profilo di competenza», sottolinea Cuniberti. «Ecco, oggi un altro tema fondamentale è offrire opportunità – formative, per esempio – non solo ai giovani, ma anche a chi ha una certa esperienza alle spalle, perché la vita lavorativa sarà sempre più lunga».

NON CAMBIATE TROPPO

Se le aziende hanno il loro bel da fare per trattenere i talenti, anche questi ultimi dovrebbero fare attenzione a non lasciarsi tentare troppo dalle novità nella speranza di fare carriera più in fretta. Potrebbe essere controproducente. I responsabili Hr intervistati si sono detti d’accordo su questo punto: un curriculum che registri continue variazioni di azienda e mansione oggi suscita molte perplessità. Il cambiamento è utile laddove, dopo aver consolidato per alcuni anni una certa esperienza, ci si voglia mettere alla prova in un altro contesto, desiderando anche acquisire nuove competenze. E, su ruoli significativi, percorsi inferiori ai tre-cinque anni sono ritenuti difficilmente compatibili con una maturazione delle competenze relative. In più, la fedeltà è ancora vista come un valore importante, soprattutto quando in gioco ci sono posizioni manageriali, e quindi l’accesso a informazioni confidenziali.