Fondazione con il Sud: dare più chance al Mezzogiorno

L’approccio innovativo dela onlus che fa dialogare le banche con il Terzo settore per una gestione efficace dei finanziamenti, raccontato dal direttore generale Marco Imperiale

Lo spirito che anima Fondazione con il Sud è tutto racchiuso in quella preposizione contenuta nel nome: quel “con” che, nel 2009, ha scalzato il precedente “per”, prendendone il posto. Quando, infatti, l’associazione fu creata nel 2006, si chiamava Fondazione per il Sud. Nel giro di soli due anni si è però deciso di modificare la denominazione per porre l’accento sullo spirito collaborativo che anima questa realtà non profit privata: «Volevamo sottolineare che la fondazione non era un ente calato dall’alto, che opera per il Sud, ma una realtà che si muove secondo una logica di collaborazione paritaria con il mondo del terzo settore e del volontariato», conferma il direttore generale Marco Imperiale.

Nata da un’intesa tra il mondo delle fondazioni bancarie e il Forum nazionale del terzo settore, la onlus si propone di rilanciare lo sviluppo del Meridione attraverso una gestione ponderata ed efficace dei finanziamenti bancari: attraverso un sistema di bandi annuali l’ente distribuisce gli investimenti, a fondo perduto, che le fondazioni bancarie destinano periodicamente al Sud, assegnando tali somme a realtà del terzo settore operative nella zona. Nel giro di pochi anni è dunque riuscita a far dialogare due mondi apparentemente distanti: quello delle banche e il non profit. «Questa è proprio una delle caratteristiche che ci distingue rispetto alle altre fondazioni: la nostra governance incorpora sia i soggetti che erogano i finanziamenti a fondo perduto, sia i destinatari», conferma Imperiale. «Questo ci permette di intercettare meglio i bisogni del terzo settore e, più in generale, del Mezzogiorno». I risultati lo confermerebbero: dal 2006 a oggi, sono state realizzate oltre mille iniziative, che hanno coinvolto 6 mila organizzazioni e 283 mila cittadini, soprattutto giovani, per un totale di investimenti pari a 176 milioni di euro. Le regioni coinvolte sono Sardegna, Sicilia, Calabria, Campania, Basilicata e Puglia. «Il rilancio del Sud è una condizione indispensabile per il rilancio dell’intero Paese», aggiunge Imperiale. «Come fondazione crediamo che la strada privilegiata per aiutare il Meridione a crescere sia sviluppare la società civile. Il capitale sociale aumenta se maturano i legami civili fondati sull’onestà e la lealtà, così come lo spirito di collaborazione e la disponibilità a condividere progetti di medie dimensioni: tutto questo rappresenta l’humus sul quale si possono poi sviluppare i rapporti economici».

Lo strumento principale con cui opera la fondazione sono i bandi: tre o quattro l’anno, ognuno incentrato su una differente tematica. Chiunque può partecipare: anche le realtà che, eventualmente, non sono rappresentate dal Forum del terzo settore. «La trasparenza del sistema è l’altro nostro principale vanto», continua Imperiale, «il nostro sistema di valutazione si basa su un doppio livello di analisi dei contenuti delle proposte pervenute: queste vengono esaminate sia dagli uffici della fondazione – per quanto riguarda aspetti come l’eterogeneità della rete dei partner, le competenze ed esperienze dei soggetti proponenti, la coerenza interna delle attività progettuali – sia da esperti esterni appositamente individuati, che valutano gli aspetti più tecnici delle proposte in relazione al tema del bando». I bandi, però, non sono l’unico strumento utilizzato.

L’ente non profit è, infatti, impegnato anche a creare delle fondazioni di comunità: si tratta di realtà territoriali che, coinvolgendo privati cittadini, istituzioni locali associazioni e operatori economici, si fanno a loro volta promotrici di virtuose attività volte al bene comune. Queste vengono sostenute, finanziariamente, in fase di start up per poi essere lasciate completamente libere di operare: «Abbiamo deciso di dare loro piena autonomia gestionale e strategica, perché ogni territorio ha le sue peculiarità: la storia di questi ultimi 50 anni dimostra che, soprattutto al Sud, i modelli di sviluppo calati dall’alto, che replicano esempi terzi, si sono rivelati fallimentari», conferma Imperiale. Il rischio però che in tali fondazioni di comunità si replichino quei malcostumi tipici del Sud non è peregrino, tant’è vero che, a oggi, ne sono state realizzate solo cinque. La selezione è molto rigida: tra i punti che vengono valutati prima di concedere i finanziamenti figurano la reale capacità di raccolta delle risorse (soprattutto a fase di start up terminata) e la presenza di una governance abbastanza ampia e partecipata, capace di rappresentare tutte le componenti della società civile locali. Infine, oltre ai bandi e alle fondazioni di comunità, sono previsti anche finanziamenti a richiesta: alcuni progetti speciali possono ottenere un cofinanziamento, a patto che sia coinvolto, come investitore al 50%, anche un soggetto privato. Com’è facile immaginare l’attività della fondazione ha sollevato i malumori della criminalità organizzata, non foss’altro per il fatto che questa realtà non profit si adopera anche per diffondere la cultura della legalità tra i giovani. Quello che invece è meno facile da immaginare (ma accade) è che a volte sono le stesse amministrazioni locali a non facilitare il lavoro dei volontari. «È il caso, per esempio, dei partenariati che hanno vinto i bandi per la valorizzazione dei beni confiscati alla mafia: faticano a prenderne possesso perché non piace l’idea che la società civile possa prendere il posto della mafia nella gestione di tali beni», conferma Imperiale. «Quanto alla criminalità organizzata, noi non siamo mai stati attaccati direttamente, avendo sede a Roma. Però alcuni partenariati, che abbiamo sostenuto e che sono diventati forti nell’attrarre consenso e nel creare sviluppo, subiscono atti intimidatori: sono percepiti come competitor della malavita».

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