Un tempo provinciale, grigia e chiusa. Oggi una delle metropoli più accoglienti a livello internazionale, con piazze, aree verdi e servizi di qualità; visionaria e anticipatrice di tendenze. Capitale della moda e del design, punto di riferimento in Italia alla voce innovazione, ammirata per i suoi grattacieli, Milano vuole ora essere un punto di riferimento anche sul fronte della mobilità. Non è un caso, infatti, che i primi passi del car sharing nel nostro Paese siano stati compiuti proprio all’ombra della Madonnina. E in questo senso va letto l’avveniristico progetto Milano Future City, una visione strategica sul futuro della città, oltre che una ricerca concreta a favore del capoluogo e della sua crescita in chiave sostenibile. Presentato al Volvo Studio durante la Design Week, il progetto considera una superficie pari al 25% della città, ovvero i dieci assi viari carrabili principali, che dal centro si irradiano verso le periferie, grandi vie ad alto scorrimento concepite in un recente passato, ma che oggi sono per lo più anacronistiche, enormemente inquinanti e non più adatte per una metropoli che guarda con sempre più attenzione anche a pedoni e biciclette. L’obiettivo è di ripensare questi assi anche in chiave tecnologica, basando il processo su quattro pilastri fondamentali per una smart city: elettrificazione, automazione, connettività e intelligenza artificiale, riportando il verde ovunque possibile.
«Milano Future City è un’utopia e l’utopia, come affermava Thomas Mann, è una delle cose più concrete che ci siano nella vita», sostiene Andrea Boschetti, architetto-urbanista fondatore dello studio Metrogramma, che per oltre un anno ha lavorato al progetto in collaborazione con Mobility in Chain, società di consulenza su mobilità e trasporti. «Lanciamo una visione su tutto ciò su cui è possibile rimettere mano, tutto ciò che oggi è privato ai cittadini», evidenzia Boschetti sottolineando come oggi strade, parcheggi e spazi di manovra per i veicoli occupino qualcosa come l’80% della superficie di Milano: «Puntiamo soprattutto a un’armonizzazione tra il mondo delle auto e della mobilità dolce, ridisegnando l’architettura e il design di questi spazi, facendo sì che la mobilità continui a essere carrabile, ma anche al servizio della qualità della vita delle persone che vivranno lungo queste arterie di mobilità».
Tra i dieci assi su cui si è sviluppato il progetto di ricerca – che comprendono inoltre le aree di Corso XXII Marzo, Farini, Giambellino, Corso Lodi, Melchiorre Gioia, Novara, Ripamonti, San Gottardo e Sempione – i team di Metrogramma e Mobility in Chain si sono focalizzati sull’area più discussa, quella che collega Piazza San Babila a Via Padova, passando per Corso Venezia, Corso Buenos Aires e Piazzale Loreto, uno degli assi commerciali più lunghi d’Europa (6,2 km) con 50 mila residenti, 100 mila addetti ai lavori e più di 300 negozi. «L’asse tra San Babila e Via Padova è straordinariamente interessante, perché lungo quei chilometri si trovano e si intersecano modi diversi di intendere la città», commenta l’assessore all’Urbanistica, Pierfrancesco Maran, che apprezza gli spunti forniti da Milano Future City, coerenti con il nuovo piano di governo del territorio Milano 2030. «Questo asse storico di Milano probabilmente necessità di essere ripensato, sia nelle parti più periferiche, come via Padova – che deve dimostrare di riuscire a tenere insieme una comunità che è cambiata profondamente nel corso degli anni –, ma anche lungo l’asse commerciale di Corso Buenos Aires». Come? A partire da una forte riduzione delle auto. Oggi in questo percorso che collega il centro di Milano con la periferia a nord-est della città, il 75% dello spazio è destinato al traffico; l’obiettivo è di ridurre drasticamente le carreggiate (portandole a circa il 40% della superficie) favorendo la mobilità dolce, quella elettrica e un’alberatura diffusa. «Si sta riducendo l’uso dell’auto privata, aumenta di molto l’utilizzo del trasporto pubblico, così come dei mezzi più sostenibili», prosegue Maran. «Si cerca di ridurre l’impatto dell’automobile attraverso i veicoli elettrici e anche quel senso di proprietà, che è sempre stato alla base della cultura italiana dell’auto, oggi viene un po’ meno. Ci adatteremo rapidamente a città con meno automobili e più silenziose».
Milano Future City può contare anche sulla partnership del gruppo Volvo. Possibile che un marchio automobilistico punti a favorire una drastica riduzione di veicoli, almeno lungo i percorsi cittadini? Alla base del coinvolgimento della Casa svedese c’è l’impegno a lavorare per una ritrovata armonia tra auto e città; non più soggetti antagonisti, quindi, ma uniti nell’obiettivo di migliorare la qualità della vita. In questo scenario lo sviluppo tecnologico, non solo nel settore dell’automotive, è determinante. Si pensi ai sempre più diffusi veicoli elettrici, a un futuro con veicoli connessi e a guida autonoma; a sistemi di illuminazione e segnaletica intelligenti – capaci di far rallentare, ad esempio, i veicoli in prossimità delle scuole – o a pavimentazioni progettate come tappeti hi tech, che un domani potrebbero anche ricaricare le batterie di un’auto.
Altro punto a favore dell’impegno di Volvo in Milano Future City è la trasformazione in atto del brand, che da semplice costruttore di automobili si sta proponendo sempre più come fornitore di servizi di mobilità avanzati, pensati per le esigenze dei clienti futuri. Un esempio in tal senso è il Concept 360C, una visione concreta sull’auto di domani: elettrica, autonoma, sicura e connessa, perfettamente integrata con la città. La tecnologia di guida autonoma, su cui Volvo è all’avanguardia, potrà cambiare il concetto di viaggio per come lo conosciamo. Veicoli autonomi ed elettrici offriranno una maggiore sicurezza, meno inquinamento e congestione del traffico, e quindi una migliore qualità dell’aria e della vita per coloro che vivono nei centri urbani.