Caffè Borbone: ricavi oltre i 300 milioni. Intervista all’a.d. Marco Schiavon

Il manager racconta la ‘miscela’ alla base del successo dell’azienda campana, tra traguardi raggiunti e sfide non semplici all’orizzonte per tutto il comparto

Marco-Schiavon-Caffè-BorboneMarco Schiavon, amministratore delegato di Caffè Borbone

Negli uffici di Caffè Borbone ci sono due documenti probabilmente cari al fondatore Massimo Renda e a tutto il management: la fattura che ha portato l’azienda ai primi 100 milioni di ricavi e quella che ha segnato il traguardo dei 200 milioni. A queste due, da poche settimane si è aggiunta quella che ha permesso alla società napoletana di superare i 300 milioni di euro; un traguardo storico per un’azienda nata nel 1997 e diventata uno dei principali produttori di caffè monoporzionato in Italia. “Quello che annunciamo oggi è l’ennesimo traguardo della nostra realtà, un ulteriore passo in avanti verso un’ambizione ben più importante”, sottolinea a Business People l’a.d. Massimo Schiavon.

Caffè Borbone ha chiuso il 2023 con fatturato pari a 300,4 milioni di euro, in crescita del 14,3% sul 2023. Il canale distributivo dei negozi specializzati in cialde e capsule compatibili rappresenta ancora circa il 50% dei ricavi per l’azienda, ma a crescere sono tutti i canali distributivi: +28% nella Grande Distribuzione Organizzata (in base ai dati Nielsen, la media del mercato è del 12%) e +32% nell’e-commerce. Ottimi risultati anche dal mercato estero, cresciuto del 59% anno su anno, che registra anche la buona partenza della gestione diretta del mercato statunitense (primo consumatore al mondo di caffè) dopo la costituzione della NewCo Caffè Borbone Ameirca Corp.

Come spiega questi risultati?
Ritengo si tratti di una combinazione di più fattori. Sicuramente il lavoro sulla nostra organizzazione e il rafforzamento della nostra rete commerciale ci hanno permesso di essere più presenti in tutta Italia e nei diversi canali di distribuzione. Non dimentichiamo, però, la qualità del prodotto, con le nostre capsule compatibili che hanno raggiunto, se non addirittura superato, il livello delle originali. Infine, la strategia di comunicazione incentrata sugli Eroi di tutti i giorni, un inno all’autenticità del gesto quotidiano del bere il caffè, ha reso il nostro brand ancora più conosciuto e apprezzato dai consumatori.

Che peso ha l’Italia per il vostro fatturato e quali potenzialità di crescita ha il mercato estero?
A oggi siamo un fenomeno italiano, ora lo sforzo è dimostrare che il nostro modello può funzionare anche oltreconfine. Torrefattori italiani più importanti di noi, che conosciamo e ammiriamo tantissimo, hanno quote molto rilevanti all’estero e noi dobbiamo andare in quella direzione. Oggi il rapporto dei ricavi tra Italia ed estero è 90-10% , puntiamo a diventare un’azienda con un fatturato estero pari al 30-35%, in linea con gli altri grandi torrefattori italiane. Guardiamo con interesse all’America – un mercato grandissimo, dovremo essere bravi a interpretare i gusti di quel consumatore, unendo il nostro know-how italiano – ma anche il resto dell’Europa è un mercato molto importante.

La produzione della cialda 100% compostabile, che rimane il prodotto core di Caffè Brobone

Nel 2021 siete stati la prima azienda del settore a introdurre sul mercato una cialda compostabile, ma già dal 2018 Caffè Borbone ha dimostrato una spiccata attenzione all’ambiente. Come affrontate le recenti normative europee in tema di sostenibilità?
Ha ragione. L’idea di introdurre sul mercato una cialda compostabile al 100%, smaltibile nell’umido e con incarto riciclabile nella raccolta della carta, è un’intuizione di Massimo Renda. Che poi questa cialda in carta ha dietro un segreto: è un prodotto estremamente buono. Rispetto alle norme Ue siamo molto avanti, ma abbiamo ancora un po’ di strada da fare. Dobbiamo ad esempio convertire alcune produzioni che oggi sono composte per metà in carta e metà in plastica, ma è qualcosa che porteremo sicuramente avanti nelle prossime stagioni. Arrivare a capsule rigide 100% compostabili sarà il nostro prossimo traguardo.

Questa conversione di cui parla richiederà investimenti non indifferenti. Ritiene sia fattibile o c’è bisogno di trovare ancora una quadra tra costi e benefici?
Ogni produttore farà ragionamenti sulla base dei propri asset industriali. Il nostro obiettivo è arrivare a produrre un buon caffè – che sta alla base del successo di Borbone – ma sostenibile. Come dicevo, siamo a buon punto. Sicuramente, però, realizzare prodotti compostabili costa di più, ma è responsabilità delle aziende e non è un problema che deve toccare il consumatore.

Quindi il “costo della sostenibilità” non sarà caricato sui consumatori?
Questa è la nostra volontà e stiamo facendo il possibile perché ciò non avvenga.

Le normative europee non rischiano di essere un po’ vincolanti o svantaggiose per aziende come la vostra in confronto a quelle dei Paesi extra Ue?
Salvo proroghe, da gennaio 2025 le aziende europee potranno importare caffè solo da aree certificate, ma non è semplice. Parliamo di migliaia di produttori di caffè, ciascuno con un piccolo appezzamento di terreno che va geo-localizzato per dimostrare che non sia stato interessato da deforestazione a partire dal 2020. Va costruita una catena dell’informazione in Paesi che spesso non sono evoluti né a livello gestionale né tecnologico. È complicato. Rischiamo di trovarci di fronte all’impossibilità di importare caffè sufficiente, perché manca una certificazione dell’origine. È un fattore critico, che favorirà inevitabilmente gli importatori di caffè extra Ue, come quelli americani, che non avranno questo tipo di limitazione. Le associazioni di categoria stanno lavorando con la Comunità europea per provare a mitigare, se non altro in termini di adozione temporale, questa norma. Detto questo, stiamo già lavorando per avere un caffè il più certificato possibile. L’obiettivo di quest’anno sarà di avere più del 60% di caffè da fonti certificate.

Lo stabilimento di Caffè Borbone a Caivano (Na)

Normative europee a parte, che 2024 sarà per Caffè Borbone?
Siamo campani, quindi scaramantici! L’anno, tuttavia, è iniziato bene e quindi la traiettoria è buona. È vero che, sarà un anno difficile per i torrefattori, anche per il tema del costo del caffè. Anche se in leggera fase discendente, negli ultimi mesi il prezzo del caffè Arabica è aumentato molto, mentre il caffè Robusta cresce ormai a doppia cifra da mesi e la quantità è limitata. Come conseguenza, il mercato del caffè sta diventando molto volatile e caro, quindi non vedo grandi scenari di stabilità e questo è un rischio. Il primo grande ostacolo per noi torrefattori sarà avere disponibilità di caffè per rispondere al nostro fabbisogno; successivamente c’è un tema di prezzi. Se sul fronte della sostenibilità faremo il possibile per non caricare il costo sui consumatori, il prezzo del caffè è aumentato talmente tanto che non potrà che ricadere anche su di loro. Non sappiamo ancora se questo aumento diventerà strutturale o meno, sicuramente il prezzo del caffè resterà più alto che in passato.

Guardando all’Italia, avete in programma investimenti per crescere anche a livello organico?
Sicuramente. Il mondo del caffè, come quello delle altre produzioni alimentari, è abbastanza lineare: con l’aumentare dei volumi, cresce anche la fabbrica. A luglio inaugureremo una nuova warehouse da 12 mila mq, proprio vicino ai nostri stabilimenti, ma stiamo investendo molto anche in tecnologia per tracciare tutta la linea di produzione, sia per una questione di qualità che di efficienza. Non dimentichiamo, ovviamente, le persone: oggi la nostra azienda conta circa 300 dipendenti (di cui il 93% con contratti a tempo indeterminato, ndr), a loro si aggiungeranno presto colleghi nelle aree vendite, operations, in fabbrica e nella NewCo americana. La nostra è una famiglia che cresce.

Una famiglia di cui lei fa parte da quasi tre anni ormai. Dopo 17 anni nel Gruppo Artsana ha cambiato vita, sicuramente dal punto di vista geografico. Che primo bilancio può fare di questa esperienza? Vuole sfatare il mito che non si può fare impresa al Sud?
Al Sud si possono fare imprese straordinarie! Qui ho trovato persone con competenze incredibili e un approccio smart, capaci di vedere le cose da un diverso punto di vista, molto più ricco e variegato. Le faccio un esempio. Mi considero un buon manager, capace di trovare 7-8 soluzioni rispetto a un tema, ma quando mi trovo al tavolo con i miei colleghi, spesso siamo in grado di arrivare anche alla decima o all’undicesima soluzione, che spesso sono migliori delle mie. Un altro elemento, che riguarda in particolare il successo di Caffè Borbone, è la combinazione di governance tra una holding di investimento lombarda (Italmobiliare, che detiene il 60% del capitale, ndr) e un imprenditore campano. Da una parte la storia industriale che guarda al futuro e alla sostenibilità, dall’altra un’inventiva e una rapidità di esecuzione fuori dal comune. È l’esperienza che sto vivendo oggi, in questo bellissimo territorio. Una “miscela” di governance  estremamente potente, che rendono Caffè Borbone veramente speciale.

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