Norme Ue mettono a rischio il business del caffè italiano?

Un provvedimento comunitario regolamenta in maniera più rigida le importazioni, ma i Paesi coinvolti potrebbero non essere pronti. Un'altra misura stringente riguarda capsule e packaging. Il punto di vista dell’a.d. di illycaffè, Cristina Scocchia

caffè prezziUn'immagine della raccolta di caffè in EtiopiaShutterstock

Il business del caffè rischia di essere un po’ più amaro per le aziende italiane ed europee, che dovranno far presto i conti con alcune norme comunitarie che rischiano di favorire involontariamente i produttori americani o svizzeri, come Nespresso (Gruppo Nestlé). È quanto fa capire l’amministratore delegato di illycaffè, Cristina Scocchia, dalle pagine di Affari & Finanza.

Il primo ostacolo riguarda il regolamento che sarà in vigore dalla fine di dicembre: richiede alle aziende Ue di vigilare che tutte le materie prime importate o esportate dall’Unione Europea siano prodotte secondo le leggi del Paese di produzione, nel rispetto dei diritti umani dei lavoratori e in un territorio non deforestato per aumentare le produzioni.

“I principi che ispirano la norma sono sacrosanti e condivisi”, ha sottolineato Cristina Scocchia, “ma il problema è che molti Paesi produttori di caffè non riescono a garantire, a chi come noi è un loro cliente, la possibilità di verificare lo stato delle piantagioni e le condizioni del territorio e dei lavoratori, per assicurare che i chicchi improntati, trasformati e poi esportati in tutti il mondo, rispettino la normativa”.

La manager ha fatto l’esempio concreto di un Paese che esporta il 40% del suo caffè nel Vecchio Continente, che dà lavoro a 2-5 milioni di contadini del settore e che fatica a soddisfare questi nuovi criteri: “Se in Etiopia non si riesce a verificare che i terreni delle piantagioni non siano stati deforestati e che ai lavoratori vengano assicurate le giuste condizioni, significa che presto dovrò smettere di comprare caffè, perché tra quando lo importo e quando lo trasformo e lo immettiamo sul mercato passano tra 7 e 9 mesi”. Un danno significativo per illycaffè, sottolinea Scocchia: “La formula del caffè per cui Illy è famosa nel mondo è la stessa da sempre ed è fatta di un blend di nove arabiche, tra cui quella etiope, che ha caratteristiche particolari, difficili da sostituire”.

Il secondo ostacolo riguarda il regolamento sulle capsule e sulle confezioni, la cui approvazione è prevista a maggio: l’Unione europea ha proposto di utilizzare materiali compostabili per le capsule e il packaging. “Anche in questo caso non discuto il principio, ma oggettivamente i tempi tecnici per cambiare le linee di produzione e i materiali delle capsule sono troppo stringenti e rendono difficile per tutti sostenerne il costo”, ha aggiunto Cristina Scocchia, sottolineando come questa normativa potrebbe triplicare i costi di produzione delle capsule e obbligare i consumatori a sostituire le macchine del caffè. A rischio ci sarebbe anche la qualità del prodotto. “Le ricerche di settore non hanno ancora stabilito se i nuovi materiali compostabili sono idonei a garantire nel tempo la qualità della materia prima senza comportare danni al prodotto o alla salute senza contare che elimineremo l’alluminio e la plastica delle capsule, ma poi dovremo smaltire milioni di macchinette da caffè, senza aver chiaro in quali tempi sarà possibile questa sostituzione”, ha aggiunto la manager.

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