Dalla Link Building al Brand Empowering: Elisa Soggia racconta l’evoluzione d’agenzia LinkJuice

Elisa Soggia ©Linkjuice

Passare dal ruolo di Sales Account a quello di CEO in pochi anni non è una cosa così banale, soprattutto se sei una giovane donna, eppure Elisa Soggia lo ha fatto.

Oggi è al vertice di LinkJuice, agenzia di marketing nata a Livorno nel 2018, che può essere considerata come lo specchio dell’evoluzione di Elisa stessa.

Sì, perché Elisa passo dopo passo ha raggiunto ruoli e competenze sempre più specifiche fino ad arrivare a capire quali sono quelli più attinenti alla sua personalità, quelli in cui si sente forte.

Così è stato esattamente anche per la sua azienda che da agenzia per il posizionamento sui motori di ricerca grazie alla SEO off-site si è evoluta giorno dopo giorno fino ad oggi, momento in cui ha trovato una collocazione ben precisa.

LinkJuice ha capito l’importanza del branding ed è su questo che ha deciso di focalizzarsi: perché il brand è l’elemento più prezioso, è qualcosa a cui i clienti si affidano e di cui si fidano. Ed è per questo che crearne uno «forte, autorevole e riconoscibile protegge l’azienda e i suoi prodotti» come ha dichiarato la stessa CEO.

Un’attività che l’agenzia ha deciso di definire Brand Empowering perché lavora per posizionare il brand sui motori di ricerca e nella mente del consumatore.

Quasi emblematico il legame tra Elisa e Linkjuice, due facce della stessa medaglia che con entusiasmo e tenacia sono riuscite a ritagliarsi uno spicchio rilevante nel mondo del Digital

Marketing, spesso complesso e repentino nei cambiamenti. Abbiamo intervistato l’imprenditrice per capire meglio l’attività della sua azienda che si divide tra Link Building, Digital Pr, Online Media Relation: tutto sotto il cappello del Brand Empowering.

Perché in LinkJuice avete scelto di fare branding?

Nella mia esperienza professionale ho sempre lavorato come Sales Account, questo mi ha sempre permesso di avere un diretto contatto con le performance che ogni azienda chiede al reparto vendite. Di solito racconto un episodio emblematico: ricordo ancora quella volta in cui per un aggiornamento di Google una testata online perse il 50% del suo traffico.

Capite che per un’azienda che vive di introiti pubblicitari, tutto ciò ha un impatto dirompente sui ricavi: questo mi ha portato a riflettere.

A quale conclusione sei arrivata?

Al giorno d’oggi il progresso tecnologico fa in modo che il vantaggio competitivo delle aziende sia facilmente eroso: banalmente l’aggiornamento di un algoritmo può abbattere i ricavi e non puoi farci nulla. Un vantaggio competitivo di natura tecnologica a oggi non è durevole perché può essere copiato facilmente, funziona allo stesso modo per il vantaggio basato sul prezzo. La guerra in Ucraina e quanto ne è conseguito sulle materie prime ne è la riprova.

Proprio in questo contesto si inserisce il brand! Il marchio infatti non è soggetto agli algoritmi e alla fluttuazione dei prezzi: il brand rimane il brand con i suoi significati e i suoi valori. Creare un brand forte, autorevole e riconoscibile protegge l’azienda e i suoi prodotti: la soluzione è rendere il brand stesso un vantaggio competitivo.

Secondo te le aziende comprendono l’importanza di lavorare sul Brand?

Questo varia molto da azienda ad azienda: spesso chi ha una forte centralità nel processo produttivo, ha di conseguenza una visione prodotto-centrica, frutto di una visione un po’ anacronistica che va sempre di più verso un superamento. Mentre hanno una visione più orientata al brand le aziende di servizi, in quanto di per sé il servizio essendo intangibile ha più necessità di un brand forte che rassicuri il consumatore.

Qual è l’obiezione che viene più spesso mossa alle attività di branding?

Capita spesso che le aziende siano abituate a lavorare tramite campagne di Performance Marketing: questa attività, per sua natura, ha un ritorno immediato e misurabile tramite i numeri, permette facilmente di calcolare il ROI del progetto prima di avviarlo. Le attività di branding lavorano a livello più profondo nella mente del consumatore e di conseguenza hanno un ritorno molto più lungo nel tempo. Spesso l’obiezione che mi viene mossa è proprio quella sulla difficoltà di vedere il ritorno sull’investimento nell’immediato.

Con un esempio pratico: spiegaci perché lavorare sul Brand

Possiamo immaginare il web come un grande scaffale di un supermermercato, il consumatore davanti a tanti prodotti quasi uguali, chi sceglie? Con le dovute semplificazioni possiamo dire che, a parità di prezzo e qualità percepita, il consumatore tende a scegliere prodotti caratterizzati da brand forti e che esprimono valori simili alla sfera valoriale del compratore.

Spiegaci meglio questa questione legata ai valori

Prendiamo il valore della sostenibilità ambientale: oggi sempre più consumatori hanno un approccio critico al consumo, ovvero scelgono brand che hanno un basso impatto ambientale o che comunque adottino un approccio responsabile in questa direzione. Se sono un consumatore con una spiccata attenzione all’ambiente, sarò orientato a scegliere un brand che come me condivide questo valore.

Alle aziende, è sempre di più, chiesto di operare sul mercato in maniera responsabile mettendo in luce i valori in cui l’organizzazione crede.

Ma lavorare sul brand è importante solo nel B2C?

Assolutamente no, gli aspetti valoriali di un’organizzazione e quindi del brand, sono di fondamentale importanza anche nei rapporti tra aziende.

Ora immaginiamo che io come azienda debba selezionare un fornitore di pellame. Chi andrò a scegliere? L’azienda che ha un processo produttivo antiquato con enorme impatto ambientale o l’azienda che ha affrontato un processo di ammodernamento della produzione e tra i suoi valori figura la sostenibilità ambientale proprio come tra i valori della mia azienda? In generale, andrò a selezionare partner e fornitori che condividono i miei valori e che hanno mission e vision in linea con quelle della mia azienda.

Per cui anche nel B2B è importantissimo fare una comunicazione incentrata sui valori in cui l’azienda crede.

In LinkJuice come coniugate l’attività SEO con il Branding?

Con le evoluzioni intercorse negli anni la SEO è molto cambiata e continuerà a farlo: lavorando in questo settore ho compreso che a questa attività bisogna affiancare altro. Posso anche lavorare in maniera ottima in ottica SEO e raggiungere la prima posizione su Google, ma se non ho arricchito il mio brand, se non l’ho fatto conoscere, se non l’ho reso autorevole agli occhi del mio consumatore target, la mia prima posizione su Google non ha alcun valore: è probabile che l’utente scelga di cliccare sul link al di sotto del mio se questo appartiene a un brand più forte e che gode di una maggiore awareness.

Noi lavoriamo su due fronti: posizioniamo il brand sui motori di ricerca e nella mente del consumatore. Abbiamo scelto di definire l’unione di queste due anime “Brand Empowering”.

Perché avete scelto proprio “Brand Empowering”?

Il verbo inglese “to empower” significa “potenziare” e secondo noi riassume perfettamente l’idea del rendere un brand forte e pronto ad affrontare le sfide del mercato. Il nostro lavoro non prevede l’invenzione di niente: ci occupiamo di raccogliere informazioni dell’azienda, delle persone in essa coinvolte, del prodotto e quanto ne ruota attorno e andare a costruire un’infrastruttura che potenzi il brand.
Immaginiamola come una sorta di armatura che permetta al brand di essere più forte, ovvero di essere potenziato. Prima di concludere il nostro incontro ci sembra interessante un’ultima domanda per conoscere le linee future di LinkJuice, se continuerà nella sua evoluzione come ha fatto fino ad oggi.

Considerata la tua esperienza nel settore, cosa dobbiamo aspettarci dal futuro?

Nel campo del Digital Marketing una previsione di oggi, domani è già vecchia. Lavoriamo in un settore in costante evoluzione, più che previsioni sul futuro penso sia utile tenere a mente quello che è l’atteggiamento più funzionale davanti a cambi repentini: bisogna saper accogliere i cambiamenti, nonostante a volte facciano paura. Bisogna tenere ferme le competenze e le basi di partenza e lasciare che i cambiamenti le contaminino senza snaturarle.

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