Smart Working, per i giovani è comodo ma frena la carriera

Dal 1 aprile il telelavoro torna alla gestione ordinaria pre-Covid, ma per i Millenials ha cambiato la realtà del mondo del lavoro

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Un altro grande protagonista dell’era del Covid-19 è pronto a farsi da parte. Dal 1 aprile 2024 lo smart working torna alla gestione ordinaria, finiscono infatti quelle procedure semplificate attivate durante il periodo della pandemia, ma nel frattempo hanno profondamente cambiato il mondo del lavoro soprattutto per i giovani.

I lavoratori da remoto, secondo quanto riportato dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2023 in Italia sono stati ancora 3,585 milioni, in leggera crescita rispetto al 2022 ma addirittura il 541% in più rispetto al pre-Covid. La cifra è destinata a salire anche nel 2024, ma da ora in poi il telelavoro torna a essere gestito da accordi individuali tra dipendente e datore di lavoro.

Si torna alla normalità, quindi, ma non del tutto. Stando allo studio riportato anche da Repubblica, lo smart working ha cambiato l’organizzazione del lavoro e le prospettive soprattutto delle generazioni Millenials e Z. Da un lato c’è la maggiore flessibilità e comodità del lavoro da remoto, unita a un risparmio dei costi (per i trasporti etc), dall’altro invece viene lanciato un allarme per la carriera: secondo indagini come quella di Aidp e Dell Technologies, per il 63% della cosiddetta iGen lo smart working è una condizione non trattabile, si iniziano a vedere i possibili risvolti negativi.

Lo smart working, nello specifico, può frenare la carriera e tra i giovani cresce la frustrazione per il lavoro da remoto. Secondo diverse indagini, come quella recente di Astra Ricerche, il 47.8% dei lavoratori lamenta impatti negativi dello smart working sui rapporti con i colleghi, mentre il 70% lo associa a un peggioramento della propria condizione lavorativa. Non solo gli over 45, anche i più giovani ammettono che lavorare da remoto riduce le occasioni di coordinamento, confronto e crescita professionale. Nonostante questo, è sempre più una realtà ma soprattutto per le grande imprese: un lavoratore su due è in modalità agile in questo settore, mentre riguarda solo il 10% della platea delle Pmi (secondo una ricerca Polimi) e ancora meno per le microimprese; nella Pubblica Amministrazione, invece, lavora “da casa” il 16% del totale.

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