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Vini vulcanici: minerali di nascita

Le aree vulcaniche che costellano la Penisola regalano alle etichette prodotte in questi territori un grande carattere. Ve ne segnaliamo alcune da provare assolutamente

L’Italia è morfologicamente e geologicamente un mosaico di aree vulcaniche che, fin dall’antichità, sono diventate zone vinicole importanti e che tutt’ora regalano caratteristiche uniche alla loro produzione. Dal Soave fino all’Etna passando per Gambellara, i Colli Euganei, i Monti Lessini, Pitigliano, Montefiascone, Orvieto, i Campi Flegrei, il Vulture, l’Etna e Ischia esiste davvero un filo conduttore che attraversa la nostra Penisola e unisce territori diversi tra loro per latitudine e microclimi, capaci di esprimere vini di grande carattere e dalla marcata mineralità. Ma cosa si intende per mineralità? Si intende il rapporto tra la sua componente organica e quelle minerali, intese in termini di sali di potassio, magnesio e fosforo, componenti capaci – in sinergia con il resto del vino – di conferire un gusto sapido con sfumature umami, che rende tridimensionale e appagante la bevuta.

Il più famoso italiano, anche se spesso bistrattato, è il Frascati, che oggi offre vini che vi faranno cambiare idea sulla qualità del territorio come il Metamorfosi di Vitus Vignaioli Tuscolani, il Poggio Verde di Principe Pallavicini e quello di Villa Simone e il loro Vigneto Filonardi con una nota fumè che emerge con continui rimandi tra frutto. Il più giustamente premiato vino in zona resta però il Luna Mater di Fontana Candida dal colore dorato leggero, sorso appuntito e salino. Sempre nel Centro Italia, a Orvieto, c’è un altro grande bacino vulcanico e tra i produttori di zona ricordiamo Decugnano dei Barbi con la longevità da record del loro Orvieto Superiore, la famiglia Bottai con la Tenuta delle Velette e Barberani, realtà premiata per il Luigi e Giovanna dedicato ai genitori “sposi” in questo blend e nel Calcaia, il muffato italiano più ricco e complesso, bevibile e intrigante soprattutto grazie appunto al lato “minerale”.

Suoli vulcanici anche per l’Alto Adige dove sul porfido nascono i grandi bianchi di Terlano come il Volberg da uve pinot bianco e il blend Nova Domus da pinot bianco, chardonnay e sauvignon blanc. Sui Colli Euganei il suolo vulcanico dona equilibrio ai Moscato dolci e secchi della zona, ma anche a vitigni molto aromatici come l’Incrocio Manzoni di Reassi nel loro Terre d’Argilla. Rimanendo al Nord, il territorio più celebre è il Soave con Sartori tra i nomi storici e ovviamente Bertani nella bellissima bottiglia anni ‘30 che ricorda i vini alsaziani. Oltre a loro, da cercare Inama che produce tre cru dallo stesso splendido territorio, ovvero Vigneti di Carbonare. Scendendo verso il Sud della Penisola incontriamo i Campi Flegrei, regno della Falanghina, come dimostrano quella di Cantine Astroni (la Falanghina Colle Imperatrice) o quella di Cantine Babbo chiamata “Sintema” e ancora la nomen omen Settevulcani di Salvatore Martuscello, straordinaria per freschezza sapida e intensità fruttata. Il nostro viaggio si conclude in Sicilia, che fa la voce grossa con il suo vulcano in pratica sempre attivo e generatore di nuovo “terroir” ogni anno. Tra le nuove proposte in zona segnaliamo i Fermata 125 di Baglio di Pianetto, bianco e rosso, sapidi e persistenti; tra gli storici menzioniamo invece i vini di Passopisciaro del compianto pioniere etneo Andrea Franchetti e i classici moderni di Carlo e Bianca (la figlia) Ferrini con il carricante di Alberelli di Giodo Bianco.

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