Spendere meglio in tempo di crisi

Una guida ai recession wines. Quali vini con un prezzo contenuto vale la pena di comprare? E la qualità è sempre proporzionale al prezzo?

Sono tempi di segno meno e il vino ne risente sotto molti aspetti. Meno ostentazione, meno ricchezza, meno discorsi, meno diffusione e mercati sempre più difficili da capire. Il marketing del vino negli Usa è come sempre al passo con i tempi e quindi ecco che nel momento in cui tutti sono spaventati dalla recessione e dalle sue conseguenze c’è chi annusa l’occasione e mette in vendita i “recession wines”, definizione pratica per catturare l’attenzione dei media ma anche per riflettere sul valore del vino, nei momenti di crisi e non solo.Di guide ai vini low cost ne esistono molte a partire da quella SlowFood (Guida al vino quotidiano) che indicizza e valuta le offerte sotto gli 8 euro svolgendo un encomiabile lavoro di cernita su migliaia di etichette spesso presenti in grande distribuzione o vicino ai luoghi di produzione che valgono sicuramente la bevuta. Anche nella guida Le Ricette e i Vini del Mangiarozzo di Carlo Cambi ci sono molti spunti per vini in grado di sposarsi bene con una cucina semplice e amica del portafoglio. In genere però è bene ricordare che, per come sono strutturate le schede di punteggio di un vino, la tendenza è premiare quelli ricchi e complessi e da invecchiamento, difficilmente quindi ai vertici delle classifiche si potranno trovare etichette davvero economiche. Per avventurarsi tra gli scaffali della grande distribuzione meglio rivolgersi al web (ci sono siti con rubriche specifiche come Lavinium) e quando è possibile, come accade presso numerosi punti vendita Esselunga, ai sommelier presenti, incredibile a dirsi, tra gli scaffali dei supermercati. Il loro compito non è propriamente quello di vendere vini più cari ma più adatti a cosa avete intenzione di cucinare dando un’occhiata al vostro carrello.Quanto spendiamo?Nelle regioni storiche del vino, Europa soprattutto, il vino è stato fino a poco tempo fa un alimento sulla tavola alla stregua del pane ed è solo recentemente che si è avuto un vero incremento qualitativo del prodotto e del suo valore economico. Allora sulla tavola degli italiani spesso le bevande erano di qualità scarsa quando non proprio tossiche. I progressi della tecnologia applicata all’enologia e alla viticoltura hanno portato oggi in brick a 1 euro vini di qualità sorprendente se paragonati a quanto si trovava appunto anche solo dieci anni fa. Ma ovviamente il gusto e l’informazione hanno fatto sì che il palato degli italiani e in genere del consumatore medio si abituasse molto velocemente a bere meglio e vini sempre più ricchi, scuri, carichi in una escalation tra premi delle guide, investimenti in cantina e prezzi delle bottiglie che ha portato molte aziende vinicole ad arricchirsi ma spesso anche a indebitarsi eccessivamente in cerca di un guadagno quasi certo in un comparto sempre in crescita. Il mercato del vino oggi è costituito in gran parte da una fetta enorme di acquisto e consumo che non va oltre i 5 euro a bottiglia, quasi tutto acquistato in grande distribuzione. Solo una piccola percentuale di appassionati è disposta a spendere qualcosa in più nella convinzione che il vino non è certamente più un alimento ma un prodotto edonistico e culturale. La crisi ha modificato lo stile di vita degli Italiani ma ancora non è chiaro se lo spostamento verso “meno vino ma più buono” continuerà all’infinito oppure se si è già arrestato con consumatori che sono arrivati semplicemente a eliminarlo dalla spesa quotidiana piuttosto che pagarlo pochi centesimi, abbassando il livello qualitativo di ciò che mettono in tavola. Similmente la tanto decantata immutabilità della capacità di spesa degli ultraricchi appare quasi un mito da abbandonare in quanto anche nel settore “ultrapremium” cioè dei vini oltre i 100 euro si notano molte difficoltà. Ma spesso dietro ai prezzi di certe bottiglie non c’è solo cultura e piacere. Il costo industriale di una bottiglia di pregio, sopra i 15 e anche i 30 euro spesso infatti non è così elevato come si potrebbe pensare…Le esagerazioniMa qual è il costo reale di uno Chateau Lafite 2005 che arriva fino a 800 euro sullo scaffale? Come può una bottiglia, seppure forse dalla migliore annata di sempre (2005) da Bordeaux, arrivare a costare 3.000 euro per una cassa da 6 esemplari quando costa solo 13 dollari a produrla? E come è possibile arrivare a pagare un Petrus anche 4.500 euro quando il suo costo alla produzione è di 30 euro o un Dom Perignon 129 euro quando sono stati necessari 23 euro per realizzarlo. Se spostiamo l’analisi sui vini da supermercato non sappiamo se essere più preoccupati o meno nello scoprire che una bottiglia che paghiamo 1,90 euro ha un costo di produzione di 1,40 euro. Sono i dati di un recente rapporto preparato dalla Revue de Vin de France, anche alla luce del vertiginoso aumento dei prezzi dei vini top francesi, in seguito all’arrivo sul mercato della grandissima annata 2005. Quest’ultima, però, si è dovuta scontrare con un momento molto difficile in cui il gioco al rialzo tipico dei francesi ha mostrato un pò di difficoltà ad attuarsi visto che i nuovi ricchi asiatici e est europei sono piombati in una crisi non certo migliore di quella americana o inglese, i due mercati tradizionalmente più importanti per gli Chateau Bordolesi. Il fatto è che nella vendita del vino ci sono diversi intermediari, in genere almeno 3-4 soggetti tra produttore, distributore, agente di commercio, ristoratore oppure enoteca fino al consumatore finale. Processo ancora più complicato per i vini più richiesti dove il fattore scarsità (relativa visto che un Grand Cru Classè di Bordeaux come Lafite o Margaux produce almeno 200mila bottiglie del loro “Grand Vin”) rende spesso questi vini oggetto di vere e proprie aste al momento del piazzamento sul mercato. E quando il consumatore va a cercarli, ovviamente diviene già un piccolo evento trovarli e quindi il fattore prezzo non è spesso così determinante come in altre scelte di acquisto e consumo. Se tutti questi intermediari vi spaventano, e non avreste tutti i torti, ricordatevi che viviamo in Italia dove in molte regioni ognuno di noi vive a non più di 10 km da un’azienda agricola che offre ottimo e genuino vino sfuso spesso a poco più di 1 euro a litro…vale senz’altro la pena fare un piccolo censimento di queste realtà, potreste rimanere molto sorpresi!Fattore qualitàÈ vero che sotto i 10 euro non si può bere bene? Da recenti discussioni su blog e siti web americani pare che sotto una certa soglia sia molto difficile sia negli Stati Uniti sia in Europa avere una qualità soddisfacente del vino, come se sotto i 5 euro fosse impossibile produrne. Siamo sicuri che sia sempre così? Spesso è una questione di imitazione ovvero vini che a 5 euro vogliono sembrare il più simile possibile a vini concentrati e importanti che costano 3-4 volte tanto. In tal caso è quasi scontato che sembrino artificiali o vuoti, in altre situazioni è una precisa scelta commerciale per fidelizzare un cliente a un brand e poi portarlo verso prodotti a più alto valore aggiunto. Quando la qualità del prodotto base rimane elevata il sistema funziona in maniera virtuosa ma ci sono ovviamente anche casi in cui viene usato un brand importante per vendere prodotti al supermercato che di buono e di qualità hanno spesso solo il nome e servono per utilizzare gli ettolitri di vino che non hanno lo standard qualitativo per finire negli uvaggi migliori.Una pratica che ha portato in Italia ad avere vini da tavola o Igt (Indicazione geografica territoriale) con una forbice di prezzi da 0,5 a 350 euro se si pensa che nella categoria Igt rientrano campioni fenomenali come un Masseto della Tenuta Ornellaia o un Terra di Lavoro Galardi (Campania) e vini sinceramente insignificanti con uve di dubbia provenienza. Che però magari recitano in etichetta (o sul brik) favolose descrizioni di aromi, di bouquet floreali e di sensazioni di “terroir” (ovvero quella combinazione di terreno, clima, pratiche colturali, vitigno e scelte umane che contraddistinguono una certa zona di produzione da un’altra). Elementi che troviamo a volte a fatica in vini dalla tradizione secolare e comprovata artigianalità che invece vorrebbero farci credere essere presenti in 20 milioni di contenitori di tetrapak… Non è certo un bel modo di aiutare il consumatore a capire cosa sta comprando! Ovvero un vino onesto, tranquillo, piacevole da bersi anche tutti i giorni ma niente di più e privo di ogni connotazione degustativa interessante per un palato un pò esigente.Fare cassaPer fare “cassa” piuttosto che risparmiare nell’acquisto di vino può essere una buona idea vendere parte della propria collezione o almeno cominciare a farsi una idea di quanto possa valere. Se davvero volete stimare la vostra collezione potete cercare liberamente su Google o su eBay il vino che volete vendere (è quasi certo che qualcun’altro al mondo ne ha una bottiglia pure lui e la sta vendendo in quel momento, provare per credere). Metodi più raffinati sono usare motori di ricerca specifici e strumenti di analisi personalizzati o anche confrontare l’elenco dei vostri vini con quelli di negozi online. Se avete una collezione di vini francesi, il vostro sito di riferimento è www.1855.com. Per una collezione più variegata è appena nato Fine+Rare in Inghilterra, patria di moltissimi collezionisti, con interfaccia molto semplice e immediata. Stimare il vostro vino è un attimo, un pochino più complicato venderlo ed è possibile segnalare la vostra cantina a un broker. Altro strumento fondamentale appena lanciato in Usa è Vinfolio Marketplace che usa la rete per creare un mercato davvero enorme. Il problema è che la prima opzione “Buy wines” è talmente ben fatta che difficilmente venderete se non per comprare qualcos’altro! Se lo volete usare in maniera innocua, ricordate che VinFolio vi fornisce anche “solo” un software (VinCellar) per gestire la vostra cantina personale e quindi ricordarvi cosa avete, cosa dovreste bere entro un certo anno e cosa forse dovreste vendere. E se lo volete fare vi basta appunto dal vostro Pc o spazio web cliccare accanto al nome del vino “voglio venderlo” per offrirlo a quasi 175 mila potenziali compratori in tutto il mondo. Compratori che però possono scegliere tra quasi 12 milioni di bottiglie…quindi non aspettatevi di trovare subito il vostro cliente!

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