Così la pandemia ha cambiato l’educazione alimentare degli italiani

Sempre più responsabili ed esigenti, gli italiani stanno scoprendo i sistemi di tracciabilità basati sulla blockchain

Consumatori attenti alla provenienza del cibo che portano in tavola, sempre più responsabili nelle scelte d’acquisto, e anche più esigenti nei confronti dei brand e dei retailer, ai quali è chiesta chiarezza e trasparenza dei processi con il supporto della tecnologia. Ma i prezzi troppo alti rimangono ancora un ostacolo da abbattere. È l’immagine che emerge dall’edizione 2020 dell’Ibm Food Sustainability Study, condotto appunto da Ibm con Morning Consult negli Usa e in Europa.

L’indagine che ha coinvolto circa 3.500 persone, tra cui 988 italiani, evidenzia come nella valutazione degli acquisti gli abitanti della Penisola diano precedenza alla provenienza locale (58%) e ai cibi sani (45%) piuttosto che all’origine sostenibile o alla riduzione degli sprechi (soprattutto le generazioni più anziane), ma anche come la pandemia abbia apportato cambiamenti nell’educazione alimentare. Circa la metà degli intervistati, infatti, ora è più propensa a preoccuparsi della sostenibilità del cibo che acquista, con la GenZ in testa per l’attenzione a questi aspetti (55%). Inoltre, il 75% ha espresso preoccupazione per lo spreco alimentare e il 92% degli intervistati si dice più disponibile nell’acquistare gli alimenti presso supermercati che hanno progetti e iniziative su questo fronte.

Resta però il fatto che i prezzi ancora troppo alti siano il principale ostacolo all’approvvigionamento di cibi di provenienza più responsabile a livello europeo (42%). Anche se per gli italiani è la scarsità di informazioni relative alla provenienza del cibo a rappresentare la maggiore problematica al momento dell’acquisto (35%): 3 su 4, infatti, sono disposti a pagare anche il 5-10% in più del prezzo allo scaffale per poter disporre di cibi di origine sostenibile. Non a caso, il 92% dei cittadini tricolori ritiene preziosa la blockchain e la tracciabilità degli alimenti: in particolare, sono le donne (3 su 5) e i baby boomer (63%) a pensare che la tracciabilità dei cibi dovrebbe diventare una costante perché permette di garantire l’autenticità dei prodotti, fornendo informazioni certificate su provenienza, freschezza e processo di lavorazione.

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