Doc Monreale: il vino che nasce sulle alture occidentali della Sicilia

Grillo e syrah sono le punte di diamante della denominazione Monreale, che affonda le sue radici in tempi antichi ma, solo di recente, ha trovato una precisa identità enoica

Doc-MonrealeUna veduta dei vitigni della Tenuta Salier de la Tour Grillo da Camporeale

In provincia di Palermo e poco lontano dal mare di Trapani si trova lo storico latifondo di Monreale, un territorio enoico siciliano che nel corso degli anni ha faticato parecchio a trovare un’identità precisa tra i vari vitigni che qui hanno attecchito. Oggi però ci sono pochi dubbi sul fatto che i migliori in termini di adattamento ed espressione – e anche di valore assoluto qualitativo – siano il bianco grillo e la rossa syrah. Punte di diamante nella produzione dei comuni che costituiscono, appunto, la doc Monreale.

Le caratteristiche dei vini della Doc Monreale

Passata la moda dei bianchi internazionali, il grillo (storicamente usato quasi solo per il Marsala) si è dimostrato essere l’uva isolana con più potenziale aromatico e acidità, vantando peraltro un basso fabbisogno idrico. Le sue caratteristiche tipiche a Camporeale sono la forte impronta acida, una bella aromaticità agrumata, il tocco floreale e tropicale, con note piccanti e balsamiche a completare un naso che promette bene anche in evoluzione, nonostante questi siano vini quasi sempre messi in commercio giovanissimi.

Le bottiglie più rappresentative

Tra le bottiglie più rappresentative c’è quella di Fattorie Azzolino ricca e sfaccettata, ma anche l’Angelica di Principe di Corleone ha una sapidità che emerge bene con leggerezza e setosità. Lezioso e floreale di sambuco e crisantemo L’Aura Della Vigna di Paoletti da Alcamo, intenso l’Ohana di Maenza.

Esemplare come sempre nella sua interpretazione importante il Tenuta Sallier de La Tour Grillo da Camporeale, mentre tra le aziende meno conosciute c’è Case Alte con i 4 Filari. Nell’elenco non può mancare anche Alessandro di Camporeale con il Grillo Vigna di Mandranova. Infine, se l’azienda Candido con il suo Mucino è tra i pochi con affinamenti in legno, si distingue per originalità il Feotto Qi Manu (tradotto, “con le mani”), non filtrato, di un dorato molto ricco.

Doc-Monreale

Da sinistra: il syrah Macellarotto Case Alte; il Ridente Angelica, grillo di Principe di Corleone; il grillo
Feotto Qi Manu; il syrah Roano di Feudo Disisa, il M NR L (Monreale) Vigna di Mandranova di Alessandro
di Camporeale; il Grillo di Tenuta Sallier de La Tour

Guardando alla syrah, originaria dalla regione del Rodano in Francia, conta in Sicilia il 90% dei suoi ettari vitati in Italia. A Campobello il vitigno si esprime con una esuberanza mediterranea tenuta a freno dalla struttura e da un bel tannino maturo. In più le escursioni termiche, capaci di esaltare la vena acida del vitigno, fanno sì che questo territorio possa definirsi davvero di grandi potenzialità.

Tra i vini più interessanti ci sono quello di Macellarotto Case Alte, il Marchesi de Gregorio Parco Reale, il Quad’ì di Daidone, l’Orlando di Principe di Corleone e, ovviamente, il celebre La Monaca di Sallier de la Tour. Meno conosciuti, ma assolutamente da scoprire, il Riforme CampoReale di Ippolito Vini e il Di’more di Fattorie Azzolino.

Esemplare a livello di intensità e longevità è poi il Roano di Feudo Disisa, mentre Alessandro di Camporeale con la Vigna di Mandranova dà vita a una syrah bomba aromatica di pregevole fattura e dinamismo. Infine, se avete la pazienza di aspettare, concedetevi il Siriki dei Principi di Spadafora (oggi sul mercato la 2015), prodotto senza solfiti.

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