Di che vermouth sei?

Da Nord a Sud, oggi l’antica ricetta di Antonio Carpano è stata declinata in mille varianti, sfruttando spezie e vini di partenza molto diversi. Ce n’è davvero per tutti i gusti

Se Antonio Benedetto Carpa­no, nel 1786, avesse saputo che il Vermouth, il vino originato dalla sua ricet­ta sarebbe diventato una bevan­da famosa e anche prodotta in luoghi lontani dalla sua Torino, sarebbe rima­sto stupefatto. Oltre all’originario bian­co, oggi viene proposto anche rosso e rosato. Qualunque siano il “colore” e il grado zuccherino, l’effetto è comunque di morbidezza e assenza di spigoli, per cui risulta sempre adatto sia come aperi­tivo, sia a fine pasto, che alla sua conclu­sione, oltre ovviamente ingrediente fon­damentale per cocktail.

Non possiamo che partire dall’antica ricetta di Carpano, che rivive oggi nell’Antica Formula prodotta dalla Distilleria Branca di Milano, per passare al Vermouth Del Professore Classico, firmato dalla distilleria Quaglia, dove dominano le note di genepì, pino mugo e vaniglia. Con la pianta esagonale della sua botti­glia che richiama la fontana simbolo del­la città di Acqui Terme, troviamo poi Casa Gamondi di Toso, prestigiosa azienda spumantistica che per il suo vermuth sce­glie Moscato d’Asti e Cortese come base e ci aggiunge spezie classiche e intense. Sempre dal cuore del Moscato d’Asti arri­va la famiglia Dogliotti con il 18/70 Rosso, a base Barbera con toni speziati e note di frutti di bosco, amarena e cacao.

In zona Timorasso troviamo Baldino e i profumi eleganti e suadenti del 721, il Ver­mouth a base di vino rosso (Sangiovese e Cabernet-Sauvignon) che prende il nome dalla locomotiva che nel 1895 uscì dai bi­nari e attraversò la stazione di Montpar­nasse volando in strada. Grande la cura delle erbe alpine per Bordiga, nome mol­to noto ai cultori del genere, e il suo Vermouth Classico, ricetta originale dal 1888, stile anni ‘40 nell’etichetta e atmosfere noir a base Nebbiolo che ha profumi di legno, genziana e rabarbaro. Con La Canelle­se, che produce vermouth dal 1947, si arri­va addirittura a un infuso di oltre 30 pian­te. A Torino impossibile non nominare poi Vittorio Zoppi che, avvalendosi della collaborazione del produttore di vino Sa­grantino Filippo Antonelli e della somme­lier Paola Rogai, ha dato vita all’Antica To­rino, un “instant classic” dall’immediato successo in bar ed enoteche.

Passiamo nelle zone esotiche per il Vermouth, come la Toscana, dove è stato ri­coperto il Vermouth Bianco di Prato, in­teramente prodotto a mano secondo l’antica ricetta del 1750 con spezie, erbe officinali e spontanee della campagna, su base sapida di vino Trebbiano. Nel Chianti Classico, Angela Fronti a parti­re dal Sangiovese del suo premiatissi­mo Istine produce un vermouth di pre­gio, raro ma distintivo. In Maremma, presso la tenuta Fertuna, troviamo una coppia di Bianco e Rosso “Etrusco” con il bianco figlio di Vermentino e Viogner e spezie come assenzio romano, arancio dolce e amaro, cardamomo, zenzero, ta­naceto, rosa, ireos, vaniglia e cacao e il rosso con uve Sangiovese e Cabernet ed erbe come assenzio, rabarbaro, bacche di lauro, macis, anice, cumino, zenzero, elicriso e ginepro. A Terranuova Brac­ciolini nasce il Vermut Bracci dall’enologo Giuseppe Bracci che si è dedicato alla ricerca di soluzioni per l’invecchia­mento del Vinsanto. Come chicche per stupire vi segnaliamo il vermouth sicilia­no di Intorcia, nome storico di Marsa­la e il Vero di Sardegna, da vino Vernac­cia di Oristano Riserva, invecchiato per dieci anni in botti di castagno, con infu­sione di erbe tipiche della macchia me­diterranea. Sempre in Sardegna, bellissi­ma la storia “di contrabbando” e segreti dei Vermouth di Silvio Carta.

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