El alma del Caribe

Le origini, l’evoluzione, la geografia e le modalità di consumo del superalcolico preferito dai marinai, dai pirati e anche da Ernest Hemingway: il rum

Se a chi ha una memoria particolarmente versata per le citazioni cinematografiche il rum evoca immediatamente i molti film delle varie saghe di pirati, compresa quella di grande successo con Johnny Depp ai Caraibi, un motivo c’è, e fondatissimo: la storia del rum parte proprio da lì. Ed è una storia di avventure ed esplorazioni. Al principio di tutto c’è la canna da zucchero. Nel 1600 ebbero inizio le battaglie navali, con pirati e bucanieri, ex galeotti ed ex schiavi, assoldati dalla Marina Inglese. Poco dopo arrivarono anche i Francesi, conquistando alcune isole e spartendo cruentemente con gli Inglesi le terre un tempo di dominio spagnolo. Sulle navi si trasportava di tutto: e ci fu allora l’esplosione di quel fenomeno definito il Triangolo del mercantilismo, un triangolo commerciale seguendo il quale dall’Europa si navigava fino in Centro Africa (in colonie portoghesi e olandesi) per comprare a prezzo infimo schiavi da portare nelle piantagioni alle Antille. Da qui, lo zucchero e le ricchezze venivano caricate e portate in Europa e vendute in cambio di denaro, utilizzato per acquistare nuovi schiavi in Africa.Le prime documentazioni che raccontano della sperimentazione del sottoprodotto della lavorazione dello zucchero, la melassa, risalgono alla fine del ‘600 e all’inizio del ‘700: il “successo” del rum fu immenso e immediato, come si può immaginare pensando alle navi piene di marinai alla deriva e di pirati… tanto che la Marina Inglese istituì nel 1740 una razione quotidiana di rum per tutti i marinai, per “purificare” le non sane riserve di acqua dolce e per rendere le truppe più “coraggiose”. La razione quotidiana era, tenetevi forte, di una pinta al giorno, successivamente diminuita a mezza pinta, per poi diventare diluita in acqua, abbassandosi progressivamente nei secoli fino al 1972 (cioè praticamente l’altro ieri), quando venne abolita quella che era ormai rimasta come tradizione.Chiaramente, non si trattava di un distillato pregiato. Nel corso del tempo, infatti, per gli Europei continuare i viaggi commerciali con i Caraibi divenne troppo oneroso e si sviluppò l’utilizzo della barbabietola per la produzione dello zucchero. A inizio ‘900 il Proibizionismo diede poi un altro duro colpo al consumo di rum. Ai giorni nostri, tutte le ex-colonie ne producono. Rispetto all’ingentissimo numero di piccole distillerie di qualche decennio fa, oggi prevalgono logiche di globalizzazione, dove i piccoli produttori vengono soffocati dai grandi, e si punta a sviluppare la qualità di prodotti di fascia alta che soddisfino il mercato di nicchia, elevando la “cultura del rum”.

La geografiaSecondo alcuni il termine rum deriva da saccharum officinarum, dal nome della canna da zucchero da cui è estratto, secondo altri da rumbullion dal rumore fatto dalle caldaie utilizzate per la sua distillazione. In entrambi i casi il rum nasce come acquavite di canna nei Paesi caraibici, è il prodotto di zucchero fermentato e acqua e si classifica in bianco, dorato, scuro, speziato e anejo, in funzione del corpo, dell’aggiunta o meno di spezie e dell’invecchiamento. Il Cut, cioè il raccolto, si svolge da febbraio a luglio e culmina con il Crop over, tradizionale festa a Barbados. Ancora molto diffusa la raccolta a mano (il costo della manodopera è basso e i macchinari non hanno le dimensioni per arrivare sulle colline). Il centro della produzione è nei Caraibi, tanto che ogni grande isola o arcipelago ne produce, e nelle Barbados. Anche Cuba, Repubblica Dominicana, Guyana, Haiti, Giamaica, Martinica, Portorico, Trinidad, Isole Vergini, Guatemala e Nicaragua rivestono un ruolo di primo piano nella produzione mondiale, seppure si debbano fare le debite distinzioni tra i distillati leggeri e chiari tipici di Cuba e quelli ricchi e aromatici jamaicani. Una tipologia di rum tipica della tradizione francese è l’Agricòle, ottenuto distillando direttamente il succo vergine della canna, senza passare dallo zuccherificio. È bene ricordare che non è vero che più è invecchiato più il rum è migliore: raggiunto un certo grado di maturazione, non è automatico che migliori, anche se spesso la versione “invecchiata” ha un appeal commerciale maggiore. Il rum rispetto agli altri distillati (whisky, cognac, grappe) invecchia a un clima totalmente diverso, molto più caldo: un anno in botte ai Caraibi equivale a due/tre anni in una botte in Scozia o nel resto d’Europa. La stragrande maggioranza dei rum è un blend, cioè una miscela di rum differenti.

Come degustare il rumVa benissimo usare un bicchiere baloon a stelo corto, quello usato per i brandy, da riempire per un terzo (in caso di rum molto dolci bene anche una “copita” da sherry); permette una buona areazione data la superficie a contatto con l’ossigeno. Molto utilizzato anche il tulipano, che ha forma indicata sia per il vino sia per i distillati. Per il rum con ghiaccio potete usare il tumbler largo. Ricordate che è necessario diluire il rum con acqua distillata (ma s’inizia col sentire il profumo del rum al naturale, non diluito). Un rum aggressivo riesce ad anestetizzare l’olfatto; per coglierne i vapori va lievemente agitato coprendo il bicchiere con il palmo, togliendo poi la mano e annusando, senza dimenticare che non si è sempre sensibili allo stesso modo (ognuno ha un momento della giornata in cui è più ricettivo). Vanno poi analizzati sapore e tessitura, valutando tra le altre cose l’equilibrio (tra il salato, dolce, amaro, e acido). E ricordare che il “finale” (quello che viene percepito dal fondo della bocca nel momento in cui ingeriamo) di un rum di qualità deve essere lungo e ricco di aromi piacevoli e freschi. La temperatura varia in funzione della tipologia di distillato: certi rum bianchi andrebbero freschi sui 12°C, gli invecchiati sui 18°C-20°C. In ogni caso, bisogna degustarlo dopo avere mangiato, mai a stomaco vuoto. Se si vuole, può essere accompagnato con cioccolato fondente, zucchero di canna, caffè, cacao o vaniglia.

CuriositàIl rum più costoso del mondo attualmente in produzione è l’Havana Club Maximo, il cui prezzo (per litro) è di oltre 1.100 euro, mentre quello più invecchiato ora in commercio è il Clément Rhum Viux Millesime 1952, agricolo distillato nel 1952 (i rum cosiddetti agricoli sopportano i lunghi e lunghissimi invecchiamenti). La più datata distilleria di rum tuttora funzionante è la Mount Gay Rum Estate (il più antico documento disponibile indica che esisteva già nel 1703, ma voci non documentate affermano che la distilleria è attiva dalla fine del 1400). Metà della produzione mondiale di rum è destinata alla pasticceria, l’altra metà al bere miscelato.

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