È l’ora del tè

Dalla nascita nella Cina imperiale all’affermazione presso le corti inglesi dell’Ottocento, questa bevanda è stata declinata secondo diverse usanze e costumi sociali. Oggi sta tornando a essere un lusso come alle origini, tra menu stellati, eventi glamour e figure professionali altamente qualificate, che fanno rivivere cerimonie millenarie

I più raffinati, oltre che i più antichi, sono i rituali cinesi e giapponesi: il primo incentrato sull’eleganza dei gesti, il secondo vissuto come un momento di ricerca interiore. Ma caratteristico è anche il tè indiano del chai, in cui foglie della terra di Assam, raccolte da donne dai costumi allegri e variopinti, sono mescolate a spezie, latte e acqua; oppure ancora quello russo, con il samovar (il tradizionale bollitore) che resta sempre al centro della tavola durante tutta la cerimonia. E – se si vuole rispettare alla lettera la tradizione, tanto amata dal poeta Puškin – deve essere sorseggiato con una zolletta di zucchero tra le labbra. Va bevuto rigorosamente amaro, invece, secondo gli inglesi, almeno in base alle regole classiche enunciate dallo scrittore George Orwell in un articolo pubblicato sull’Evening Standard nel 1946. Con oltre 290 miliardi di litri venduti a livello globale, il tè è la bevanda più diffusa al mondo dopo l’acqua. Certo, con un giro d’affari – solo per quanto riguarda il retail – di 40,7 miliardi di dollari, non è ancora ai primi posti nel mercato internazionale del beverage, se confrontato con i 75,7 miliardi di dollari del caffè e i 183 miliardi delle bevande gassate (dati Euromonitor International 2013). Tuttavia, qualcosa sta cambiando nelle abitudini di consumo. Un primo segnale interessante è arrivato, per esempio, da Starbucks, colosso dei coffee shop a stelle e strisce, quando un anno fa ha acquisito Teavana, società della Georgia specializzata nel commercio on line di tè e proprietaria di circa 300 punti vendita in Usa. Un ingresso strategico in un comparto dalle forti potenzialità, che secondo le stime varrebbe complessivamente circa 90 miliardi di dollari a livello mondiale. E, nel frattempo, sempre più hotel pluristellati dei cinque continenti offrono tea list variegate e di pregio, accanto a quelle del vino e dei distillati, tra cui scegliere per un dopocena alternativo. Sapevate inoltre che all’esclusivo Sanctum Soho Hotel di Londra è molto in voga, tra numerosi uomini d’affari, il Gentlemen’s Afternoon Tea? Lì, infatti, parecchi businessmen, non solo British, si recano per fare una pausa – o magari per concludere trattative – davanti a una tazza fumante di Earl Grey, per citare un grande classico, accompagnato da stuzzichini a base di ostriche, salmone affumicato, un sigaro e un whiskey Jack Daniel’s.

ELISIR DI LUNGA VITA

Afferma Francesca Natali, direttore di Orientis Italia, per il quale si occupa della strategia di posizionamento italiano dei marchi francesi Kusmi Tea e LovOrganic, ma anche Tea Sommelier (seleziona le miscele da mettere in produzione e crea abbinamenti con il food studiando ricette dolci e salate così come originali cocktail) e autrice del libro Il gusto del tè: «Da diffusa commodity importata indiscriminatamente dai Paesi Orientali, la bevanda sta tornando di nuovo a essere un lusso, in termini di tempo dedicato a esso e di gesti rituali, lenti e ponderati, per quanto riguarda la sua preparazione e il suo consumo».

I SUGGERIMENTI DI FRANCESCA NATALI PER I BUSINESSMEN AMANTI DEL TÈ

Proprio come accadeva in Cina, la sua patria d’origine, secoli fa: ancora oggi, nella regione Sud-Ovest del Paese, lo Yunnan, ci sono alberi da tè di quasi 3 mila anni. Nell’immaginario comune compaiono soprattutto dame inglesi dell’Ottocento che conversano amabilmente nei loro salotti, strizzate nei loro corsetti, con una chicchera di porcellana e qualche biscotto in mano. Ma, come ricorda la stessa Natali, sin dall’antichità il tè è stato un piacere maschile e anche oggi i veri intenditori sono principalmente gli uomini. «Da sempre apprezzato da figure di potere – non a caso il Kusmi Tea era il favorito degli zar, prima di diffondersi a Parigi – il tè è diventato una bevanda di intrattenimento accompagnata da dolcetti, latte e zucchero nella Gran Bretagna del XIX secolo. Ma le sue origini ci dicono che è sempre stato consumato con piatti salati, preferibilmente in beata solitudine, per poterne assaporare le infinite sfumature». Nessuno stupore, dunque, che una delle leggende più note sulla nascita del tè veda come protagonista un imperatore cinese, Shen Nung: nel 2737 a.C, mentre riposava sotto le fronde di una pianta selvatica, una leggera brezza fece cadere delle foglie nell’acqua messa a bollire, che diventò dorata. Il sovrano bevve un infuso delizioso da cui, sempre secondo il mito, si sentì immediatamente rinvigorito, tanto che lo presentò come elisir di lunga vita. In principio, infatti, venne usato soprattutto per le sue proprietà terapeutiche e benefiche.

DAI RITI BUDDISTI AI RICEVIMENTI VITTORIANI

Nei secoli il modo di preparare e bere il tè è mutato considerevolmente. Se durante il regno Tang (618-960) era conosciuto solo nei palazzi imperiali e nei templi, sotto i Song (960-1279) i monaci buddisti, di ritorno da un viaggio studio in Cina, lo portarono in Giappone, dove si sviluppò una cerimonia connessa alla ricerca dell’equilibrio interiore. Risalirebbe a questo periodo anche il trattato di Lu Yu, il Chajing, la sacra scrittura del tè, che contiene numerose descrizioni sul rito che accompagna la preparazione e la degustazione della bevanda. Ma fu con i Ming (dal 1386) che l’infuso di Camellia Sinensis si affermò presso tutte le classi sociali. Gli europei ne conobbero l’esistenza più tardi: nel 1610 furono le navi olandesi della Compagnia delle Indie Orientali a portare in patria il primo carico di tè cinese. Dai Paesi Bassi passò presto in Francia e in Inghilterra e quando gli abitanti del Vecchio Continente ne ebbero compreso l’importanza economica, introdussero la sua coltivazione nelle loro colonie, in particolare, sotto la dominazione britannica, a Ceylon (oggi Sri Lanka) e in India, tuttora uno dei maggiori produttori globali con 13 mila piantagioni. Secondo la tradizione, fu nell’Inghilterra vittoriana che venne imposto il rito sociale del “Five o’clock tea”, in concomitanza con l’orario ufficiale per le visite a corte o nei salotti privati. Parallelamente, nell’Ottocento i tea garden si diffusero anche nella Russia caucasica, seguita agli inizi del Novecento dalla Turchia, dall’Iran e da altri Paesi mediorientali.

SECOLI IN INFUSIONE

2737 a.C. L’imperatore Shen Nung scopre per caso una bevanda dorata, gustosa e rigenerante, mescolando foglie selvatiche ad acqua bollente

800 d.C. Il monaco buddista Lu Yu scrive il primo libro dedicatoal rituale della sua preparazionee del suo consumo

1560 Il gesuita portogheseJasper de Cruz introduce l’infuso in Europa. Il tè si diffonde soprattutto tra l’aristocrazia del suo Paese

1662-1685 La Regina consorte di re Carlo II d’Inghilterra, Caterina Henriqueta di Braganza, porta in dote dal nativo Portogallo la sua bevanda preferita, imponendola a corte

1700 La Compagnia Orientale delle Indie introduce la pianta cinese del tè nelle colonie britanniche

1773 Sulle coste atlantiche del Nord America i ribelli Sons of Liberty invadonole navi inglesi e distruggono molte ceste e casse di tè. Il Boston Tea Party, atto di protesta dei coloni del Nord America contro le tasse del governo inglese, è la scintilla che innesca la rivoluzione americana

1800 Anna Maria Stanhope, duchessa di Bedford, ama farsi servire un tè con qualche stuzzichino tra il pranzo e la cena, a volte invitando anche qualche amica. Nasce una nuova moda tra le dame inglesi

1830-34 Il Primo Ministro del Regno Unito è il Conte Charles Grey a cui, secondo la leggenda, viene regalato un tè nero con olio di bergamotto da un mandarino cinese. Da questi il nome della varietà Earl Grey

1837 La giovane principessa Vittoria è incoronata Regina del Regno Unito. Con lei viene ufficializzato il Five o’clock tea, il rito del tè pomeridiano, momento di visite e ricevimenti

NON SOLO “FIVE O’CLOCK”

Oggi nel mondo esistono oltre 10 mila tipologie di tè, caratterizzate da diverse variazioni cromatiche. «È solo in Cina che si bevono tutti i colori ricavati dalle sue foglie», specifica Natali, impegnata da oltre dieci anni a educare i consumatori della Penisola a una nuova cultura legata a questa bevanda, «che non è solo da limitare alla pausa delle cinque di sera, come da tradizione britannica dell’Ottocento, ma va considerata un vero e proprio prodotto ricercato e raffinato». Tanto che, nel corso della sua esperienza, Natali ha prestato consulenze a hotel di prestigio (Ferragamo, Bulgari, Baglioni Hotels, Gruppo Town House, Monte-Carlo Sbm), chef stellati (come Davide Oldani), sale da tè e spa per la creazione di una carta ad hoc, per la preparazione del personale di servizio e per le tecniche di vendita. E non a caso si definisce una Tea Stylist, dal momento che ama declinare il tè in tante diverse occasioni d’incontro, da glamour party a cerimonie private e persino intime meditazioni. «Architetti, designer, professionisti, medici, avvocati sono stati i primi clienti», ricorda. Anche in Italia, Paese storicamente e culturalmente più abituato al caffè, nell’ultimo decennio si sono diffuse abitudini legate al tè, nuovi business connessi alla sua vendita e parallelamente figure professionali specializzate. Lo sa bene pure Marco Bertona, diplomatosi Tea Taster Advanced a Canton, in Cina, fondatore e presidente di ADeMaThè, Associazione italiana degustatori e maestri di tè, che annovera circa un centinaio di iscritti e opera principalmente in tre ambiti: la formazione, la consulenza alle aziende e la promozione e l’organizzazione di eventi. «In dieci anni di vita della nostra organizzazione», commenta Bertona, «abbiamo notato una sorta di rivoluzione: quando siamo nati, nel nostro Paese la cultura del tè era ancora poco sviluppata; dal 2010, invece, anche in coincidenza con la crisi economica, abbiamo notato un incremento di appassionati del settore che decidono di avviare un’attività imprenditoriale – dalle nostre origini a ora, abbiamo seguito l’apertura di circa 80 sale da tè, tutte ancora perfettamente operative – o entrare nel business come specialisti seri e referenziati».Passione per il prodotto, che non può prescindere dall’essere di pregio, da una sua conoscenza approfondita e dalla qualità della preparazione e del servizio: sono le carte vincenti, secondo Bertona, per avere successo nel settore. «Esattamente come accade per i vini, le peculiarità dei vari tè e il loro valore, anche economico, dipendono dal terroir e, al di là delle caratteristiche organolettiche del terreno su cui si è sviluppata la pianta, sono connesse profondamente alla storia e ai costumi del luogo di produzione». Sia da esperti, sia da consumatori, quindi, per apprezzarlo pienamente ed esaltarne le varie proprietà, bisogna accostarsi all’antico elisir degli imperatori cinesi con una considerazione di fondo, come sottolinea il presidente di ADeMaThè: «Da millenni il tè è, e rimane ancora oggi, arte, estetica e convivialità prima di tutto».

PROFESSIONISTI DEL TÈ

L’associazione Ademathè (www.maestridelthe.it) rilascia in Italia attestati riconosciuti dalla legge 4/2013 che disciplina le professioni non regolamentate e i corsi di specializzazione per operatori del settore beverage:

  • Tea Trader Esperto nel commercio del tè al dettaglio, all’ingrosso e nell’import

  • Tea Taster Assaggiatore specializzato nella valutazione del prodotto, sia a livello qualitativo che economico

  • Tea Sommelier Intenditore di miscele e abbinamenti, profondo conoscitore di metodi di preparazione e di servizio della bevanda

  • Maestro di cerimonia Organizzatore che cura e sovrintende tea party glamour e raffinati (per esempio seguendo i principali metodi cinese, giapponese e stile vittoriano inglese)

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