Brunello di Montalcino 2016: un’annata da non perdere

Quella di cinque anni fa è stata forse la migliore vendemmia di sempre a Montalcino. Ecco come è nato questo miracolo in vigneto e su quali bottiglie puntare per goderne oggi come tra 20 anni

Dopo i trionfi del Barolo 2016, ecco mostrarsi in tutto il suo splendore un altro grande vino italiano, il più conosciuto al mondo: sua maestà Brunello di Montalcino. Quella del 2016 è forse la migliore vendemmia di sempre per il territorio del piccolo borgo toscano, un motivo in più per accaparrarsi e custodire più bottiglie possibili di questa annata, per goderne oggi come tra 20 anni. Le quasi 9 milioni di fascette consegnate nel 2020 dal Consorzio per altrettante bottiglie di Brunello (+12,22% sul 2019 e +4,3% rispetto alla media degli ultimi cinque anni) dimostrano la grande fiducia che il tessuto produttivo ripone sul futuro, nonostante i recenti mesi di lockdown.

Ma come è nato questo miracolo in vigneto? L’annata è stata caratterizzata da tanta pioggia a inizio anno, addirittura mai così tanta dal 1916; l’estate è trascorsa bene, con molti sbalzi di temperatura e diverse perturbazioni. In settembre il clima ha alternato notti fredde e giornate assolate perfette per la maturazione, che hanno permesso a chiunque di arrivare alla propria raccolta ideale. Quello che si nota è proprio questo: una grandissima qualità complessiva e pochissimi vini sotto l’eccellenza.

Le stelle dell’annata sono il Madonna delle Grazie de Il Marroneto (magnifico e a tratti indicibile la sua bellezza e intensità), Giodo di Carlo Ferrini e Tenuta Nuova di Casanova di Neri. Tra i classici che non deludono mai e che producono volumi tali che li rendono ben reperibili troviamo le prove maiuscole di Col d’Orcia e Fattoria dei Barbi ricco di frutta di bosco, ribes rosso, ferroso ed ematico.

Quando si parla di vini, emergono due tendenze recenti. La prima è privilegiare le singole vigne ed ecco che, accanto ai sempre magnifici La Casaccia di Canalicchio di sopra e Poggiarelli di Cortonesi La Mannella, ecco gli esordi di Poggio Landi e il suo Chiuso del Lupo, il Podernovi di San Polo della famiglia Allegrini; e Castello Banfi con il sontuoso Vigna Marruccheto. L’altra tendenza emergente è marcare le differenze di zona. In questo caso troviamo la prova magistrale dei tre vini di Val di Suga con Poggio Al Granchio, Vigna del Lago e il classico Vigna Spuntali che effettuano una prova maiuscola di precisione ed eleganza. Da sempre investe tanto in tal senso anche Tenute Silvio Nardi che con Manachiara e Poggio Doria fa nascere un derby in casa tra amanti del gusto ricco e quelli che preferiscono vini più lievi ed eleganti.

Tra le aziende recentemente passate di mano, che finalmente si esprimono ad alti livelli, segnaliamo il Colombaiolo di Casisano della famiglia Tommasi e Le Macioche della Famiglia Cotarella. Sempre eccellenti e investimenti sicuri i Caparzo di La Casa e i vini di Altesino. Nomi nuovi da segnarsi subito: Albatreti, Pinino, La Fornace, Cava d’Onice, Castello Tricerchi e San Lorenzo, ormai da annoverare tra i big per qualità e precisione. Infine, tra i vini da godere anche subito un poker d’assi straordinario vede Le Potazzine, Salvioni, Le Chiuse, Baricci e Le Ragnaie. Per chi ama il gusto naturale e bio, segnatevi Podere Le Ripi, Fattoi, Tenuta delle Terre Nere e Corte Pavone Loacker che presenta addirittura quattro vini diversi dalle stesse vigne, che riflettono la grande differenza di territorio anche in areali limitati. Un’altra delle magie di Montalcino!

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