In origine la bollicina italiana voleva dire Piemonte con l’Asti e altre versioni più o meno aromatiche, Trento e il suo metodo classico, Oltrepò e Franciacorta e, ovviamente, Prosecco (grande successo mondiale ormai a oltre 300 milioni di bottiglie stappate ogni anno). Oggi il quadro è molto più vario: praticamente tutte le regioni e le denominazioni italiane hanno provato a spumantizzare uve del territorio, un modo per andare oltre il classico duopolio di Chardonnay e Pinot nero come riferimento per la bollicina di qualità. Nella maggior parte dei casi si tratta di vinificazioni in autoclave (con metodo Martinotti o Charmat come il Prosecco), ma sempre più spesso la sfida è presentare prodotti di alto livello con il metodo della rifermentazione in bottiglia, che richiede esperienza, spazio e investimenti importanti. Tra i “Martinotti”, ormai è storico quello prodotto da Sella & Mosca in Sardegna a partire dal vitigno Torbato, piacevolmente fruttato con un tocco di pesca e crosta di pane, ma nell’isola non mancano esempi piacevoli di spumanti a base Vermentino e Moscato. A Nord-Est, nel Carso, si può assaggiare il Castelrosé, una bollicina dell’azienda Castelvecchio a base di uve Terrano, vitigno autoctono del luogo famoso nella versione rossa tradizionale per il suo essere molto fresco e acido. Ma non è la sua unica caratteristica, perché è anche una delle uve a più alto contenuto di resveratrolo, componente conosciuto per gli effetti antiossidanti e anti radicali liberi… utile insomma per proteggersi dal sole d’estate! Sempre nel Nord-Est, troviamo Santa Margherita che ogni anno riesce a proporre qualcosa di nuovo, come il recente blend Muller Thurgau e Glera (l’uva del Prosecco) da una scelta di uve aromatiche di alta collina: il risultato è un vino piacevolissimo, agrumato, floreale e sapido sul finale. Sempre in zona Prosecco, è giunta l’ora di mettersi sulle tracce dei vini a base di Incrocio Manzoni, vitigno aromatico dal luminoso futuro: per capirlo cercate in Valdobbiadene (Treviso) l’azienda Ca’Salina e assaggiate il loro Manzoni Moscato 2013. Dall’altro lato dell’Italia invece, il Nebbiolo, l’uva del Barolo e del Barbaresco, viene sempre più affrontato in chiave spumante. Finora ci si erano cimentati pochi produttori quasi artigianali, come i ragazzi di Erpacrife (che producono anche un ottimo spumante da uve Timorasso, Moscato ed Erbaluce), mentre adesso anche i grandi “barolisti” si sono messi alla prova. Il Brut Nebbiolo di Parusso ha profumi di granatina e rabarbaro, è delicato inizialmente, poi sempre più incalzante, con una bocca alquanto dolce, ma con l’acidità del nebbiolo che ravviva un persistente finale fruttato e balsamico. Scendendo nella penisola, approdiamo sulla via Emilia, dove è da poco sul mercato la linea Quintopasso di Chiarli, che esplora una via relativamente nuova del Lambrusco di Sorbara ovvero la spumantizzazione in bottiglia con metodo classico a dare corpo, sostanza e finezza inaspettati da questa uva. Mentre a Piacenza Villa Tavernago propone una delle poche bollicine biologiche italiane, il Querido Rosé da uve Pinot Nero senza solfiti, che esplode nel bicchiere con note di marasca e nel sorso si fa dolce all’inizio per poi chiudere delicatamente amarognolo, ideale per fritture di carne e verdure estive. In Toscana, poi, un classico con piccoli numeri tra le bollicine è il Montecarlo Brut Particolare di Tenuta del Buonamico da uve Pinot Bianco, Semillon e Trebbiano Toscano (ma ne esiste anche una versione rosé da Sangiovese e Syrah), vini che ribadiscono l’eccezionalità di queste terre da sempre legate alla Francia come origine delle uve, e in posizione strategica per cogliere le brezze marine e sviluppare una sapidità unica nei vini grazie al sottosuolo. Sempre in Toscana, sorprende la finezza delle bollicine del Pas Dosé di Tenuta Montellori, a Fucecchio, da uve Chardonnay, mentre incuriosiscono gli esperimenti sul Trebbiano di Baracchi a Cortona, ormai collaudatissimo sull’ottimo rosato Brut a base Sangiovese.Tante le bollicine di riferimento e di livello anche al Sud – sorprendentemente visto che l’acidità media delle uve cala – con in Puglia il Melarosa 2011 di Cantina Due Palme di Cellino San Marco (Brindisi), il classico Asprinio d’Aversa di Grotta del Sole in Campania e i tanti spumanti che sono nati negli ultimi anni sull’Etna a partire dal capostipite, ovvero il Noblesse di Benanti, da uve Carricante, spumantizzato in Alto Adige da Arunda, un bel contrappasso geografico che riassume tanta eccellenza e ricerca italiana di qualità. Tra le proposte più appassionanti etnee il Brut di Planeta, con splendide note di melone bianco maturo e pesca bianca e l’ormai classicissimo Murgo da Nerello Mascalese, con note di lampone bianco e ribes mescolate a crosta di pane e nocciole
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