Allora tutti d’accordo. Le auto ibride continueranno a fare breccia nei garage degli europei, dopo essere diventate uno status symbol per i divi di Hollywood. I dati sono discordanti, ma la crescita è esponenziale. Nei seminari che si sono tenuti sul futuro dell’auto in occasione del Salone di Francoforte l’incertezza sta solo nelle cifre: chi parla di una quota di mercato di vetture green del 5% (in caso di 15 milioni di immatricolazioni, 750 mila unità), chi ipotizza più ottimisticamente l’8% (1,2 milioni di immatricolazioni con la medesima previsione di mercato).Un bel salto in avanti se si tiene presente che il risultato delle auto hybrid nel 2013 non supererà, nel Vecchio Continente, le 90 mila unità. Ciò che fa più scalpore, però, è pensare che tra otto anni la mobilità individuale a quattro ruote si baserà ancora sui combustibili fossili, poiché il 92% delle vendite riguarderà modelli che bruciano benzina verde e gasolio, pur se, fortunatamente, l’impatto ambientale medio di una vettura tradizionale venduta nel 2020 sarà pari al 2% se paragonata a un’auto della stessa potenza venduta nel 1992. Inquinamento ridotto al minimo perché l’industria dell’automotive ha spremuto i suoi cervelli e ha investito ingenti risorse alla ricerca di tutte le tecnologie capaci di mantenere competitivo il motore a scoppio inventato un secolo e mezzo fa. Che rimane, comunque, la colonna portante delle vetture ibride, in quanto questa tecnologia è stata concepita per far lavorare nel migliore dei modi il motore termico attraverso il gemellaggio con un elettromotore. L’abbinamento tra un motore a combustione e uno elettrico diventa vincente poiché basta una batteria di ridotta capacità (è sufficiente la potenza di un kiloWatt) per avere i vantaggi del doppio motore. Quando la macchina viaggia ricarica la batteria, quando la macchina frena l’energia non viene dissipata ma ricarica la batteria. Ecco il semplice principio al quale si sono ispirati gli ingegneri giapponesi di Toyota e Honda che per primi hanno creduto nel doppio motore. Una scorta di carburante che si crea mentre l’auto si muove o si ferma. Un’intuizione davvero brillante. Nel 1997 quando fu lanciata la prima Toyota Prius, venduta in meno di 400 esemplari in tutto il mondo, in pochi pensavano a un successo. Da allora Toyota e Lexus hanno piazzato 5,5 milioni di ibride, soprattutto negli Stati Uniti e in Giappone (l’85%), e il rimanente 15% nel resto del pianeta. Adesso è un exploit formidabile perché quasi tutti i costruttori sono entrati o stanno entrando nella mischia, mentre l’abbinamento elettrico-carburante fossile non si limita più alla benzina, ma sfrutta sfrutta anche le caratteristiche del gasolio (Citroën, Mercedes, Peugeot) e del metano. «Opel Monza è un progetto di sportiva ibrida che abbina elettromotore e metano. Lunga 470 cm, con le grandi portiere che si aprono ad ali di gabbiano, prefigura molte soluzioni stilistiche delle Opel del futuro», dice Roberto Matteucci, a.d. di General Motors Italia. «Al motore elettrico è abbinato un piccolo motore ausiliario, un tre cilindri turbo da 1.0 litri, che brucia metano per estendere l’autonomia che nei modelli elettrici è ancora limitata». Una variazione della tecnologia già utilizzata per il trio Opel Ampera-Chevrolet Volt-Cadillac Elr (quest’ultima in vendita dal 2014), vetture sulle quali un motore a benzina 1.4 litri ricarica le batterie quando l’elettricità immagazzinata attraverso la presa di casa (vale 60 km di autonomia) è finita. Altra supercar ibrida la Bmw i8, ormai molto più avanti di un prototipo, destinata ad arrivare sul mercato nel 2014. È il classico uovo di colombo: grandi prestazioni, all’altezza della fama Bmw, e una soluzione mista elettricobenzina di terza generazione. I8 è, infatti, una plug-in, perché le batterie che alimentano il suo motore elettrico si possono ricaricare alla presa di corrente del proprio garage. La sua scheda tecnica è spettacolare: motore tre cilindri 1.5 turbo benzina e due elettromotori per un totale di 362 cv e 570 Nm di coppia. Scatto da ghepardo: i 100 km/h da fermo si fanno in 4,4 secondi. Consumi da scozzese: 40 km con un litro di verde, 59 g di CO2 al km, 35 km di autonomia in elettrico con velocità massima di 120 orari. PRESTAZIONI DA F1Ibride ovunque, quindi, e di tutti i tipi. C’è la city car con ambizioni da bolide della pista. Come la Yaris Hybrid-R, una versione a dir poco piccante della piccola di casa Toyota. Un esercizio di stile? Un messaggio per dire alla concorrenza: «In questo campo i più bravi siamo noi?». Forse, ma non solo. La Yaris Hybrid-R è un’auto double face. Sotto la carrozzeria della tre porte non c’è la tecnologia delle auto di serie stressata, ma una soluzione che arriva dritta dalle corse, dalla TS030 che corre alla 24 Ore di Le Mans. Ovvero un quattro cilindri sovralimentato da 1.6 litri per 300 cv che trasmette 420 Nm di coppia alle ruote anteriori, mentre al retrotreno sono stati alloggiati due motori elettrici da 60 cavalli. Queste unità elettriche hanno un range di utilizzo massimo di cinque secondi quando viene attivato il Track Mode, portando la Toyota Yaris Hybrid-R Concept a sprigionare ben 420 cavalli. Ma non finisce qui. Un motore elettrico da 60 cv interviene come una sorta di controllo di trazione quando le ruote anteriori slittano. Agli antipodi la Peugeot 208 Hybrid Fe, cittadina che consuma con il contagocce e va come una scheggia: otto secondi da zero a 100 km/h, 47,6 km con un litro di gasolio, 49 g di CO2 per km. Numeri incredibili, ottenuti aumentando la cilindrata del tre cilindri a 1.2 litri, dotandolo di iniezione diretta della benzina, cambiando il ciclo otto in ciclo Miller (le valvole di aspirazione delle camere di combustione hanno una chiusura ritardata) e abbinandolo a un elettrico da 41 cv. E nello stesso filone di risparmio verde made in Peugeot si inserisce la 2008 Hybrid, la crossover evoluzione della 208. Insomma, nessuno avrebbe scommesso un centesimo alla fine del ’900, quando vennero lanciate, che le auto ibride avrebbero avuto un successo clamoroso. Il merito di questo cambiamento epocale tocca al gruppo Toyota-Lexus (che ora vende la sua tecnologia ibrida ai competitor: Nissan, Ford, Bmw) e alla Honda. Ora le ibride sono indispensabili per abbattere i consumi e le emissioni nocive, ma anche per tenere il passo con le nuove regole di omologazione internazionali che diventeranno sempre più severe. E agli automobilisti che hanno avuto il coraggio di sceglierle piacciono perché il valore residuo rimane decisamente alto.
Auto ibride – parola a Satoru Ichijima, ceo gruppo Toyota-Lexus Italia
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