Cosa fa paura ai manager?

Tra tensioni geopolitiche, nuove tecnologie e normative in continuo cambiamento, non mancano le incognite in grado di far tremare i polsi ai dirigenti di tutto il mondo. Ecco quali sono le più temute in Italia e all’estero

Cosa fa paura ai manager?© iStockPhoto

Risorse inefficienti, minacce cyber, fornitori incompetenti e norme che cambiano, nuove tecnologie, bassi livelli di resilienza, la crisi climatica e la sostenibilità! Com’è difficile gestire un’azienda oggi. I rischi all’orizzonte sono così tanti che Protiviti, gruppo multinazionale di consulenza direzionale, come ogni anno cerca di mettere un po’ d’ordine pubblicando la ricerca Executive Perspectives on Top Risk, in collaborazione con la North Carolina State University. La ricerca riassume la percezione di 1.143 fra amministratori delegati e manager di vari settori produttivi e di diversi Paesi nel mondo sui rischi macroeconomici, strategici e operativi più rilevanti nel breve periodo (un anno) e nel lungo periodo (dieci anni). Gli intervistati che hanno partecipato sono riassumibili in queste percentuali: Nord America 43% del totale, Europa 16%, Asia 11%, America Latina 9%, Australia 8%, resto del mondo 13% (questo contiene anche India, Africa e Medio Oriente).

Malgrado i risultati italiani ricalchino sostanzialmente quelli globali, hanno espresso anche qualche caratteristica interessante: l’incertezza verso la supply chain, le difficoltà nell’adeguarsi su sostenibilità e cambiamenti climatici, la delicatezza del territorio davanti ai fenomeni meteo. In realtà non si tratta di vere peculiarità. Tecnicamente la survey viene strutturata da Protiviti in modo che chi risponde abbia già un elenco di rischi a cui deve dare un voto da uno a dieci, esprimendo un proprio ordine di “gravità” e priorità. Quindi anche all’estero sono stati votati gli stessi temi, salvo che gli è stata data un’importanza minore rispetto a quanta ne sia stata data dagli italiani.

«Io ci vedo un fil rouge su questi temi emersi», precisa Guido Zanetti, Managing Director di Protiviti. «Se pensiamo alla sostenibilità, ai disastri naturali, ai cambiamenti climatici, alle criticità del territorio… ma anche all’incertezza della supply chain che è comunque un tema legato alla sostenibilità, sembra tutto molto coerente con il fatto che l’Europa in generale, e l’Italia in particolare, siano un passo avanti rispetto al Nord America, e non solo, nella sensibilità verso questi argomenti. Almeno dal punto di vista dell’ambiente, perché per quanto riguarda la sostenibilità sociale sono più avanti loro, con i temi dell’inclusività, della diversità ecc. Quindi, è abbastanza normale che quei punti appaiano come prioritari nelle risposte dei manager italiani».

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Guido Zanetti, Managing Director di Protiviti

Dunque, inevitabilmente un certo “localismo” prevale nelle risposte degli intervistati. E probabilmente lo stesso meccanismo spiega anche il primo posto nella classifica globale per il tema Condizioni economiche e inflazione, considerando che il Nord America pesa per un buon 43% delle risposte e che gli Usa si preparano a una nuova, accesa competizione elettorale.

Nonostante la narrazione mediatica in Italia e in Europa ci veda seriamente a rischio per un allargamento del conflitto russo-ucraino, manca un esplicito riferimento alle tensioni geopolitiche, sia nella top 10 italiana che in quella globale, nel breve e nel lungo termine. Va detto che l’indagine di Protiviti ha preso il via prima del 7 ottobre scorso, ovvero della ripresa delle tensioni in Medio Oriente. E che effettivamente nella classifica italiana appare al terzo posto un Rischio terze parti a fronte di un incremento della dipendenza per la fornitura di servizi critici, a rimarcare non tanto un pericolo di coinvolgimento diretto nel conflitto, quanto un rischio derivato dalle conseguenze della guerra, come successo durante il primo anno dell’invasione, con gli aumenti dei costi dell’energia e del gas in particolare.

Molto forte nella classifica globale la presenza di temi di derivazione tecnologica, fra minacce informatiche, necessità di adeguamento alle nuove tecnologie digitali ed eccessiva velocità dell’innovazione. «È interessante notare», aggiunge Zanetti, «come la ricerca evidenzi che si tratta più di un problema globale che italiano o europeo. D’altra parte, a cavalcare ogni innovazione tecnologica sono prima gli Stati Uniti, ed è giusto quindi che proprio lì si dibatta di più sui rischi che ogni innovazione porta con sé: è successo con l’informatica, con Internet ai suoi albori, con la robotica e più recentemente con l’intelligenza artificiale. Negli Stati Uniti si dibatte mentre in Europa si segna un punto cominciando a regolarizzare proprio l’intelligenza artificiale con l’AI Act».

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L’INTERVISTA – Il parere di Paola Tagliavini, Senior Lecturer di Audit & Risk Management in Sda Bocconi e docente a contratto presso il dipartimento di accounting dell’università

Da segnalare anche la presenza in posizioni molto alte sia in Italia (primo posto) che a livello global (secondo posto) del tema Difficoltà ad attrarre e trattenere talenti, segnale di un problema molto sentito ovunque. «Comincia a succedere anche in Italia», conclude Zanetti. «Pur avendo caratteristiche più farraginose rispetto a quello anglosassone, il nostro mercato del lavoro dal Covid in poi è cambiato. Lo smart working ci ha avvicinati a quella parte del mondo. Questo ha portato dei cambiamenti in azienda. C’è meno relazione interpersonale, quindi per le persone più giovani, i trentenni diciamo, diventa più facile cambiare datore di lavoro. Ci si lega meno alla stessa azienda. In Italia è un fenomeno abbastanza nuovo, negli Stati Uniti si è estremizzato. Non si crea più quella cultura che lega i dipendenti all’impresa, quindi è più frequente cambiare lavoro. Le aziende formano le figure professionali e poi se le vedono andare via per andare magari da un competitor. È un rischio che pesa molto».

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