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Lavoro

Great resignation: dopo appena sei mesi il 29% tornerebbe indietro

I pentiti sono soprattutto figure senior con almento sette anni di esperienza

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Nato negli Stati Uniti durante la pandemia, il fenomeno delle grandi dimissioni è, con qualche mese di ritardo, arrivato anche in Italia già da un anno e mezzo. Nel nostro Paese, infatti, nel secondo trimestre del 2021 il boom di dimissioni è stato dell’85%, mentre nel terzo Q la media è stata del 26,7%. Numeri impressionanti che meritano di essere analizzati. Hunters Group, società di ricerca e selezione di personale altamente qualificato, ha pensato di andare a indagare – tra circa 1000 candidati – il livello di soddisfazione delle persone che, negli ultimi sei-dodici mesi, hanno scelto di intraprendere un nuovo percorso professionale. Il 38% si ritiene molto soddisfatto del cambio, il 30% abbastanza, il 17% poco e il 15% per nulla. La situazione di instabilità generata dall’emergenza sanitaria ha modificato, almeno per il 53% dei rispondenti, bisogni e necessità e ne ha influenzato la scelta.

Ma quali sono le motivazioni che hanno incentivato il cambiamento? Anche in questo caso il quadro è molto chiaro: il 40% dei profili si è mosso per la possibilità di crescita professionale ed economica, il 23% per la mission e i valori aziendali della nuova realtà e l’11% per l’opportunità di formazione.

Il dato da segnalare, però, è che alcuni candidati tornerebbero volentieri a lavorare nella vecchia azienda. In particolare, il 29% degli intervistati. Si tratta principalmente di figure senior che hanno maturato almeno sette anni di esperienza. L’impressione generale è che molti cambiamenti siano stati fatti più sull’onda della ricerca del nuovo, piuttosto che su una visione di insieme della nuova struttura organizzativa. Questo ha generato, in un numero sempre crescente di casi, una situazione di frustrazione e malcontento legata al cambiamento perché può capitare che, nella realtà, non vengano sempre confermate le aspettative dei candidati. Gli stessi colloqui – spesso svolti da remoto e senza aver mai avuto contatti personali con i futuri responsabili – oppure la mancata possibilità di entrare in contatto con figure laterali rispetto al proprio ruolo o semplicemente di visitare personalmente la propria sede di lavoro hanno reso, da un lato semplice la valutazione del cambiamento, ma dall’altro hanno complicato l’on-boarding e la creazione della relazione nella nuova impresa.

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Foto di Yan Krukov