Nel 2015, quattro contratti su dieci sono stati a tempo indeterminato. A certificarlo è il report mensile dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps. Stando ai dati, tra gennaio 2015 e novembre 2015 sono stati concordati oltre 2 milioni di contratti a tempo indeterminato (2.029.084): di questi, 1,6 milioni erano nuovi rapporti di lavoro (1.640.630); 388.454 erano stabilizzazioni di contratti a termine mentre i restanti 80.897 erano di apprendisti. Se si considera che, contestualmente, sono stati rescissi 1.525.818 contratti per l’effetto di pensionamenti e uscite, il saldo non solo è positivo, ma sottolinea la spinta verso le assunzioni. L’occupazione è infatti cresciuta di 584.163 unità. Nel 2014, invece, il saldo tra assunzioni e cessazioni era di sole 73.871 unità, per uno scarto di 510.292. Immediata l’esultanza del premier Matteo Renzi, che su Twitter scrive: «Oltre mezzo milione di posti di lavoro a tempo indeterminato in più nel 2015, Inps dimostra assurdità polemiche sul Jobs Act #avantitutta».
I FATTORI DELLA CRESCITA. Il Jobs Act è effettivamente una delle ragioni alla base di questo salto in avanti. Ma non è l’unico. A incidere sono infatti anche gli sgravi contributivi previsti dalla legge di Stabilità del 2015: per esempio, a novembre il 62% dei 183.397 contratti a tempo indeterminato attivati o stabilizzati hanno usufruito delle agevolazioni. Tuttavia i dati Inps segnalano come, a fronte della crescita del posto fisso, aumenti anche la richiesta di flessibilità: nei primi 11 mesi del 2015 si è assistito a un exploit dei voucher destinati al pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio. Il loro numero ha toccato quota 102,4 milioni segnando una crescita del 67,5% in più rispetto al 2014.
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