Amministrazione giudiziaria, è questo il responso del tribunale di Milano in merito all’operato di Loro Piana, la casa di moda del gruppo Lvmh di Bernard Arnault. È il risultato di un’indagine del pubblico ministero Paolo Storari, che ha constatato come sia stata esternalizzata la produzione per “abbattere il costo del lavoro”. Inoltre pare che la loro realizzazione sarebbe avvenuta in contesti lavorativi di “sfruttamento del lavoro”.
Nello specifico, nel mirino sarebbero finite le “giacche di cashmere” che verrebbero realizzate in Cina al “costo unitario” di circa 100 euro. Questi capi poi verrebbero rivenduti negli store di Loro Piana al costo di “mille/tremila euro”. Nessuno del board – composto da Pier Luigi Loro Piana, Bernard Arnault e il figlio Antoine Arnault – risulta essere indagato.
I dettagli delle indagini su Loro Piana
Secondo quanto riscontrato dagli inquirenti, Loro Piana appalti la produzione dei capi in cashmere alla società Evergreen, nonostante questa abbia solo “sette operaie” e quasi nessun macchinario per la lavorazione. Quest’ultima, a sua volta, sub appalta alla Sor-Man, un’altra società italiana di nome collettivo che per la produzione pratica dei capi si avvale del lavoro di due ditte cinesi. Si tratta della Clover moda srl di via dei Giovi 19 a Baranzate e la Day Meiying di Senago. Inoltre, sono stati riscontrati rapporti di fatturazione con una terza ditta cinese, la Hu Sufang, che la procura ritiene “di fatto inesistente”.
Il pm ha riscontrato reati quali evasione fiscale e contributiva, l’omissione di “tutti i costi relativi alla sicurezza” come la “rimozione dei dispositivi di sicurezza dai macchinari” o l’assenza di dispositivi per la protezione individuale per i lavoratori. Gli operai lavorerebbero in 2situazioni abitative degradanti e sarebbero di fatto continuamente sorvegliati”.
I consumi energetici hanno dimostrato come si lavorasse “tutto il giorno, indistintamente”, inclusi “i sabati, le domeniche e i giorni festivi”, senza rispettare i “minimi tabellari retributivi previsti dal contratto collettivo”. Nei laboratori finiti sotto indagine “sono stati rilevati anche il mancato pagamento dei contributi e l’omissione dei costi relativi alla sicurezza sul lavoro”. Sono tutti espedienti che hanno “chiaro fine di abbattere il costo del lavoro”.
Non si tratta del primo caso di caporalato per Lvmh. Nei mesi scorsi Manifactures Dior era finita in amministrazione giudiziaria perché “non sarebbe stata capace di arginare fenomeni di sfruttamento del lavoro nell’ambito del ciclo produttivo” rispetto al comparto della pelletteria.
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