Alberto Nagel denuncia 4 anomalie nell’Ops di Mps su Mediobanca

Governance complessa, intrecci azionari e ruolo del governo: l’a.d. di Mediobanca attacca l’offerta partita da Siena

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Nel primo giorno dell’offerta pubblica di scambio (Ops) lanciata da Mps su Mediobanca, l’amministratore delegato Alberto Nagel ha sollevato gravi perplessità sull’operazione, definendola “non standard” e caratterizzata da “molte anomalie, forse troppe”. In una call con gli analisti, il banchiere ha denunciato quattro criticità principali, puntando il dito contro i grandi soci, la struttura dell’operazione e il ruolo attivo del governo.

Governance complessa e soci speculari

Secondo una simulazione presentata dallo stesso istituto di Piazzetta Cuccia, l’integrazione con Montepaschi porterebbe a una governance articolata, costruita su una struttura piramidale. In questo scenario, Delfin (con una quota del 20%) e Caltagirone (13%) salirebbero al 33% della nuova entità nata dalla fusione. A sua volta, la nuova realtà avrebbe in portafoglio il 13% di Generali, gruppo dove i due azionisti sono già presenti in modo significativo (Delfin con il 10% e Caltagirone con il 7%).

Se invece l’offerta non portasse a una fusione, ma ottenesse solo un’adesione intermedia tra il 35% e il 40%, Delfin e Caltagirone arriverebbero comunque a detenere, indirettamente, il 41-43% di Mps, che diventerebbe a sua volta azionista di Mediobanca con una quota significativa. Un intreccio che secondo l’a.d. porterebbe a una struttura di controllo opaca e potenzialmente sbilanciata.

Le quattro anomalie individuate da Nagel

L’amministratore delegato ha indicato quattro elementi critici già trasmessi in esposti a Consob e alla Procura, che stanno esaminando le dinamiche dell’operazione:

  1. La vendita dell’ultima tranche di azioni Mps nel novembre 2024, avvenuta tramite accelerated book building, e il simultaneo ingresso nel capitale della banca senese dei due principali soci di Mediobanca. Per Nagel, questo sincronismo lascia pensare che “ci dovesse essere un piano su Mediobanca al momento del loro ingresso”.
  2. La struttura stessa dell’operazione, che vede Mps – istituto più piccolo – lanciare un’offerta su Mediobanca senza riconoscere alcun premio e con azionisti in comune tra preda e predatore. Un’impostazione definita “non consueta né standard”, che solleva dubbi sul reale interesse economico dietro l’operazione.
  3. L’acquisto, da parte di alcuni soggetti, del 10-12% di Mps nei mesi precedenti all’assemblea del 20 aprile, con gli stessi attori poi presenti anche nell’assemblea Mediobanca del 16 giugno, contribuendo a far mancare il sostegno necessario per la contro-scalata su Banca Generali. Un comportamento che l’a.d. ritiene coordinato e strategico.
  4. Il ruolo “molteplice” del governo, che è contemporaneamente azionista di maggioranza di Mps, controllore del consiglio d’amministrazione e titolare del golden power. Quest’ultimo strumento, ha osservato Nagel, è stato usato “con severità” in altre operazioni bancarie, influenzando attori come Banco Bpm, Anima, Amundi e Unicredit.

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