Milano locomotiva d’Italia: la città oltre i livelli pre-crisi

L’intervento all’assemblea annuale del presidente di Assolombarda-Confindustria Milano Monza e Brianza: “Qui imprese eccellenti”. E sull’Italia: “Le aree metropolitane devono essere motori di sviluppo. Le università escano dal sistema pubblico, siano libere di innovare”

Milano locomotiva d’Italia. Il capoluogo lombardo è tornato ai livelli del 2008, anzi: a oggi performa meglio di prima della crisi. A sostenerlo è Gianfelice Rocca, presidente di Assolombarda-Confindustria Milano Monza e Brianza, che, in occasione dell’assemblea annuale dell’associazione, ha sottolineato i numeri di Milano, un esempio per tutto il Paese: la in 60 km la città concentra il 25% dell’export e della manifattura italiani.

I PRIMATI DI MILANO. “Qui si incrociano capitale economico, capitale estetico, capitale scientifico e soprattutto capitale sociale, intrecciati in una reciproca feconda contaminazione”, ha affermato Rocca, che ha poi aggiunto: “Qui abbiamo imprese eccellenti, che vantano una produttività media di quasi 90 mila euro per addetto. Le nostre imprese sono proiettate nel mondo. L’export lombardo nel 2015 ha superato i 111 miliardi di euro, sette in più rispetto al picco del 2008. E creano più lavoro. La disoccupazione lombarda è scesa al 6,9%, dal 7,5% del 2013, con una crescita del numero di occupati effettivi al netto della cassa integrazione di 170 mila persone”. Milano, a detta di Rocca, non ha perso terreno nemmeno nel turismo, dove ci si aspettava un calo dopo Expo 2015, e corre nell’innovazione: “I brevetti richiesti sono cresciuti nell’ultimo anno del 13%. La produzione scientifica nelle scienze della vita in Lombardia, partendo già da livelli di eccellenza, è cresciuta di un ulteriore 7% in soli 2 anni”. Non al mondo per sostenibilità e qualità dell’ambiente, Milano è anche capitale italiana dell’industria creativa e del design: “La Lombardia – ha aggiunto Rocca – è la prima regione in Italia e tra le principali in Europa per addetti nelle industrie creative. Con quasi 1.800 startup knowledge intensive nate tra il 2007 e il 2014. È un patrimonio privato da coltivare e mettere a frutto”.

SERVE AUTONOMIA. Rocca ha apprezzato l’impegno del governo a superare il bicameralismo perfetto e a riorganizzare “competenze di interesse strategico come energia, telecomunicazioni e infrastrutture”; sono state lodate anche le riforme del Jobs Act e della Buona Scuola, “ma resta un problema”, ha aggiunto il presidente di Assolombarda-Confindustria: quello delle “Autonomie sfiduciate”, ha detto Rocca. “Regole comuni a livello nazionale in molti settori renderanno sicuramente più semplice la vita di imprese e cittadini. Ma in un Paese così vario e ricco di culture e radici diverse, occorre ridefinire con coraggio in quali settori si possa esplicare il nuovo ruolo delle Autonomie.

“NON C’È GOOGLE SENZA STANFORD”. Uno dei settori che dovrebbe avere più libertà d’azione è quello accademico. “Abbiamo bisogno di università libere di innovare. Non c’è Google senza Stanford”, ha sottolineato Rocca. “Mi auguro un coraggioso cambio di paradigma: portare il sistema universitario italiano fuori dal sistema pubblico, incentivare l’eccellenza e la competizione con meccanismi simili a quelli del fondo tedesco di 2 miliardi allocati competitivamente ai migliori dipartimenti”.

Si fa presto a dire Brexit

OCCASIONE BREXIT. L’intervento del numero uno di Assolombarda ha toccato anche il tema della Brexit, che “segna una nuova lacerazione, ma potrebbe anche essere un’occasione per l’Eurozona che oggi vale l’86% del Pil dell’Unione Europea senza Regno Unito. Ciò dovrebbe produrre una maggior cooperazione e integrazione tra chi condivide la stessa moneta. Non abbiamo il bilancio federale degli Usa, e poiché i Trattati affidano le politiche fiscali agli Stati nazionali, è indispensabile l’applicazione delle regole europee anche agli eccessi di surplus come quelli tedeschi. Ma voglio essere chiaro. Non vi è spazio per un ritorno a economie nazionali separate. Se l’Europa si frantuma saremo tutti più deboli, come imprese e come cittadini”.

Rischi e incognite dell’Industria 4.0

PUNTARE SULL’INDUSTRIA 4.0. L’Industry 4.0, ha poi concluso Rocca, è l’ultima chiamata per riportare al 20% del valore aggiunto la manifattura sul Pil dal 16% attuale. “Non possiamo perdere questo ultimo treno. Occorre completare l’estensione della connettività a banda larga e favorire l’accesso al capitale delle startup, innalzarne il livello manageriale, rendere più dinamica l’interazione con le aziende esistenti. Decisiva è l’adozione di politiche di formazione che sviluppino competenze adeguate nei giovani, i veri motori del 4.0. È infine necessario individuare pochi centri di competenza, nell’ambito dei Politecnici italiani, in grado di fare rete tra le migliori eccellenze anche in altre istituzioni. Questi centri di competenza devono godere di forte autonomia e di una governance basata su board indipendenti, in linea con le migliori istituzioni di ricerca internazionali. Molto importanti sono anche i fattori abilitanti come l’iperammortamento degli investimenti tecnologici, la proroga del super-ammortamento, il rifinanziamento della Sabatini, l’abbattimento dell’aliquota Ires dal 27,5% al 24% e l’estensione della detassazione al salario di produttività”.

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