Cara, carissima corruzione

Si stima che il fenomeno pesi sui conti Ue per ben 900 miliardi di euro. E i ricchi fondi del Pnrr rischiano di ingrossarne il carico. Dove l’Italia si colloca in un contesto che appare a tratti irredimibile? Intanto come contraltare, nelle aziende, si fa largo il concetto di integrità

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La giornata mondiale che disconosce la corruzione occupa un giorno preciso nel calendario, ed è il 9 dicembre. È la data in cui ricorrono cerimonie, discorsi più o meno istituzionali e appuntamenti “contro”, a rimarcarne gravità e urgenza. Giuseppe Busia, a capo dell’Anac, a fine febbraio ha parlato pubblicamente anche per i vent’anni dalla Convenzione di Mérida, voluta dall’Onu come strumento anticorruzione legalmente vincolante a livello universale. Toccò un nervo scoperto. «I fondi del Pnrr aumentano notevolmente i rischi di corruzione in Italia e spendere così tanti soldi in così breve tempo rende obbligatoria un’attenzione rafforzata. E come attuarla? Attraverso le nuove armi della digitalizzazione, che consentono un efficientamento della Pubblica amministrazione, il risparmio di tempo e denari, e un controllo più facile dell’intera filiera dell’appalto, dalla sua ideazione al momento finale del collaudo e della consegna dell’opera. La corruzione avvantaggia pochissimi, danneggiando tutti gli altri: al di là dei costi materiali, mina le stesse ragioni dello stare insieme, del riconoscersi come comunità».

I costi della corruzione

Al di là dei costi materiali, dice Busia, perché in effetti la consuetudine della corruzione genera disagi socio-economici a più livelli. Ma è sui costi che la questione è aperta: abituati come siamo a misurare tutto e tutti, se non diamo un numero abbiamo la sensazione di non capire. Ma è davvero possibile misurare un problema così impalpabile? Ci ha provato Rand Corporation, istituzione non profit che fa della ricerca il suo obiettivo per sviluppare e offrire soluzioni alle politiche pubbliche. La sede è in California, ma il loro recente studio sulla corruzione in Europa, con cui quantificano in oltre 900 miliardi di euro l’anno il costo nel nostro Continente, ha bussato fino alle porte dell’Italia poiché il nostro peso impatta enormemente sul totale: 237 miliardi di euro sono nostri, circa un 13% del pil. Condotta con E&Y e commissionata dalla direzione generale della Migrazione e degli Affari interni della Commissione Europea, la ricerca ha inglobato oltre 30 stakeholder, un sondaggio in tutti i Paesi membri, cinque focus group tra nazioni e tre seminari formativi. I dati contano, ma di più l’analisi del problema, elaborata da Rand: primo, la repressione della corruzione è soggetta alle singole barriere normative e burocratiche che diventano un ostacolo; secondo, è l’inadeguatezza dell’approccio culturale e, mediamente, l’assenza di buone operazioni di lobby a contrasto che impediscono una prevenzione efficace.

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Come contrastare il fenomeno

Come agire? In sintesi, Rand consiglia, per la fase investigativa, di individuare regole condivise che uniformino non solo il concetto di corruzione e delle relative sanzioni, ma anche quello di immunità o meno della politica; in ottica preventiva, invece, di creare un Indice europeo della corruzione e di dare forma a un’Agenzia anticorruzione. Facile a dirsi sulla carta. Rand spiega anche che, proprio per la diversa natura degli Stati, fare comparazioni è persino fuorviante. Tema caldo in questa stagione europea di ingenti erogazioni per il Pnrr agli Stati. Non sarà un caso che di recente la stessa Anac – Autorità Nazionale Anticorruzione – abbia dato il via a una Misurazione del rischio di corruzione a livello territoriale e promozione della trasparenza, e lo abbia fatto elaborando un insieme eterogeneo di indicatori di rischio mappando le singole regioni italiane. I lavori sono in corso.

Il Corruption Perceptions Index

Anche Transparency International Italia lavora proprio sulla corruzione, giorno dopo giorno, dal 1996 a oggi, facendo ricerca, analisi, advocacy, monitoraggio, formazione. Giovanni Colombo è il direttore esecutivo. «Quelli di Rand sono dati che non conosciamo direttamente, ma certo non li disconosciamo. La nostra tipologia di intervento è diversa, è percettiva: lavoriamo sul Corruption Perceptions Index del Segretariato di Berlino che misura 180 Paesi e territori nel mondo. Viene rilasciato ogni anno alla fine di gennaio, è la sintesi di ben 13 indici di base – ad esempio quello della Banca Mondiale, per citarne uno noto – e si basa su interviste fatte a manager che operano in quei Paesi, con un taglio sul sistema pubblico e politico». Non si parla di settore privato, va chiarito subito, così come molti sono Stati piccolissimi. Il ranking va da 1 a 100 dove 100 indica il valore massimo di non corruzione. Il sito di Transparency parla chiaro.

L’Italia recupera posizioni

Nell’Indice 2022 i primi posti sono ancora di Finlandia, Danimarca e Svezia, con la Nuova Zelanda in forte salita. L’Italia era fanalino di coda in Europa nel 2012, ma in dieci anni è stata evidentemente capace di recuperare cultura e punteggi se oggi sta a metà classifica: con 56 punti siamo al 41° posto nel mondo con dieci posizioni guadagnate lo scorso anno e al 17° nell’Europa dei 27. «Del 2012, e non è quindi un caso, è la Legge 190, la cosiddetta Legge Severino che introdusse disposizioni per prevenire e reprimere corruzione e illegalità nella pubblica amministrazione con piani triennali, oltre a creare l’Anac stessa».

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La corruzione mina la fiducia degli investitori

C’è un dato che non parla coi numeri ma coi fatti nell’economia (anche) dell’Italia: la corruzione mina la fiducia degli investitori. «A dire il vero mina anche i fondi che, senza corruzione, verrebbero destinati a interventi di interesse collettivo. Spesso facciamo l’errore di pensare che si erodano servizi essenziali in Italia (salute, educazione, servizi sociali), dove bene o male viene garantito un minimo, ma posso assicurare che in molte parti di mondo non avanzate la corruzione distrugge tutto. E poi intacca le aspettative dei cittadini, ce lo conferma il World Happiness Report, un progetto dell’Onu che da una ventina d’anni misura un indice di felicità nei Paesi. Anni fa scoprii con stupore che la prevenzione della corruzione è tra i primi parametri».

Anche sul Pnrr Transparency Italia dice la sua: con i Patti di Integrità – un manuale gratuito scaricabile dal sito – fornisce indicazioni e strumenti pratici a enti appaltanti e a partecipanti a gare d’appalto che cercano di attivarsi nel mercato con trasparenza, lontano dalla corruzione. Infine, col Business Integrity Forum, Transparency parla con le imprese: giunto al settimo anno, sono 24 le grandi aziende italiane coinvolte dai principali settori. «È il progetto con cui lavoriamo sull’integrità, concetto più ampio della sola anticorruzione e illegalità, che diffondiamo lungo tutta la supply chain per raggiungere ogni anello della filiera produttiva».


Articolo tratto da Business People di aprile 2023, scarica il numero o abbonati qui

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