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Lavoro

Lavoro: italiani felici della propria professione, ma delusi dai capi

Solo il 36% dei professionisti nel nostro Paese lamenta aspettative disilluse e frustrazione in azienda, ma il capo ideale è ben lontano dalla realtà

Complessivamente felici del proprio lavoro, appagati dallo stipendio ma poco felici per il rapporto con il capo. È il profilo dei professionisti italiani, delineato dall’ultima edizione della Hays Salary Guide, l’indagine annuale sull’andamento del mercato del lavoro in Italia, condotta coinvolgendo un campione di oltre 170 aziende e più di 860 lavoratori. Ecco in dettaglio i trend emergenti:

Lavoro: la felicità è una priorità

I 70% dei professionisti coinvolti dalla ricerca dichiara di svolgere un lavoro che lo rende felice e lo appaga professionalmente. Gli insoddisfatti, invece, lamentano aspettative disilluse e conseguente frustrazione (36%), assenza di opportunità di crescita professionale (23%) e, infine, mancanza di un buon clima aziendale (11%). Che gli italiani siano poi un popolo di lavoratori felici, trova ulteriore conferma nel fatto che il 60% è soddisfatto dello stipendio che percepisce, ritenendolo adeguato al lavoro svolto.

Altro dato interessante che emerge dal sondaggio riguarda la priorità sul lavoro: i lavoratori italiani attribuiscono più valore alla crescita professionale (con il 77% delle preferenze), ritenuta fondamentale per mantenere la motivazione nel lungo periodo, rispetto allo stipendio (59% di preferenze), che sembra essere più legato a un obiettivo di breve periodo.

Anche le aziende partono dal presupposto che un buon clima organizzativo favorisce performance lavorative migliori, con conseguente aumento della produttività. La quasi totalità del campione intervistato (93%) punta a promuovere un ambiente lavorativo sereno e partecipativo. Per fare questo, più di 4 imprese su 10 (43%) affermano di avere potenziato nel corso del 2017 una serie di attività extra lavorative – quali team building, eventi, corsi, ecc. – per favorire la comunicazione e l’affiatamento tra i colleghi; oltre il 47% dichiara di volerle aumentare anche nel 2018.

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Il capo dei sogni e la “dura” realtà

Per lavorare in un clima gradevole e gratificante è praticamente indispensabile avere un buon rapporto con il boss in ufficio. E proprio su questo aspetto l’indagine Hays ha posto particolare attenzione, con una serie di domande volte a tratteggiare l’identikit del capo ideale vs. il capo reale.

Interrogati sulle principali caratteristiche che dovrebbe possedere il capoufficio “perfetto”, il 66% dei professionisti risponde che dovrebbe essere intellettualmente onesto, seguito dal 65% che dà maggior importanza alle doti di leadership e dal 64% interessato in primis alla capacità di ascolto. Ma quando ci si scontra con la realtà, le cose spesso non sono come ci si aspettava. Ecco quindi che per il 47% dei professionisti il proprio responsabile ha scarsa capacità di giudizio nella valutazione del team di lavoro, oppure ama circondarsi di “yes-man” e non di persone realmente valide (45%) e, infine, tende a procrastinare le decisioni importanti (34%).

Freelance o posto fisso?

Dai dati della Salary Guide emerge chiaramente come un numero sempre maggiore di aziende (55%), oltre al personale dipendente, si avvalga già della collaborazione di consulenti freelance. I motivi sono molteplici. La maggior parte dei datori di lavoro (81%) ricorre a consulenti esterni per la gestione di progetti che richiedono competenze specializzate non disponibili in azienda, il 23% per gestire picchi di lavoro particolarmente elevati, mentre il 13% per una politica di cost saving.

E come la pensano i professionisti? Il posto fisso rappresenta un’utopia o un futuro ancora possibile? Secondo l’88% del campione il posto “sicuro” è tuttora una realtà desiderata dagli italiani, anche se per un numero crescente di professionisti (ad oggi il 12%) l’attività da freelance sta diventando un vero e proprio obiettivo. Inoltre, solo il 29% degli intervistati ritiene la politica del posto fisso una soluzione a oggi ancora possibile, mentre il 20% la pensa in maniera opposta. Infine, per il 51% la possibilità di un’assunzione a tempo indeterminato dipende dal settore lavorativo.

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