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Auto da Oscar

Da ‘Taxi Driver’ a ‘Duel’, passando per i vari James Bond, ci sono pellicole in cui le quattro ruote entrano a pieno titolo tra i protagonisti del film

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Se esistesse un Oscar per il buongusto a quattro ruote andrebbe sicuramente al film del 2002 S1m0ne, scritto e diretto da Andrew Niccol, che racconta la storia di un regista decaduto che ritrova il successo lanciando un’attrice virtuale, che tutto il resto del mondo si beve come reale. Le belle auto hanno ruoli da protagoniste e anche se la vicenda è ambientata nell’oggi si tratta di star del passato come la Bentley S3 Continental del 1963, la Citroën Ds 19 del 1965, la limousine d’antan Mercedes 600 Pullman e la splendida Alfa Romeo 2600 Spider del 1962, quotata intorno ai 70 mila euro. Al Pacino, doppiato magistralmente da Giancarlo Giannini, per quella pellicola non si è portato a casa l’iconica statuetta e non l’ha fatto neppure Robert De Niro per Taxi Driver, che ha comunque ottenuto quattro nomination e si è consolato con il trionfo, nel 1976, al Festival di Cannes. Nel capolavoro di Martin Scorsese il taxi è la mitologica Checker Cab nella variante Marathon del 1974, un’umile lavoratrice che è stata per decenni in servizio sulle strade della Grande Mela e, proprio per questo motivo, è apparsa in moltissimi film tra gli anni 60 e 80. Questa berlina “yankee”, usata anche dalla polizia e costruita dal 1961 al 1982, fu però venduta anche ai privati: nota per le sue doti di robustezza e affidabilità, si trova facilmente (negli States) a circa 10 mila euro.

Sempre a proposito di taxi l’idea di Jafar Panahi è stata geniale. Il governo gli ha impedito di girare film perché accusato di essere sovversivo, lui ha montato varie micro videocamere in un taxi e ha fatto salire e scendere dalla macchina gli attori alla stregua di clienti. Ognuno è salito in taxi, ha recitato la sua parte e poi è sceso. Il conducente, lo stesso regista Panahi, ha messo così in scena attraverso i racconti dei suoi clienti le diverse posizioni sul regime e sulla società. Taxi Teheran (2015) non ha avuto nomination, ma ha ricevuto l’Orso d’Oro al Festival di Berlino. E che dire di Duel, il primo lungometraggio di Steven Spielberg girato nel 1971? Qui nell’eterna lotta del bene contro il male il primo è rappresentato da una Plymouth Valiant con al volante Dennis Weaver nei panni del tranquillo commesso viaggiatore David Mann, mentre il secondo ha la possente veste di un’autocisterna Peterbilt 281 del 1955 guidata da uno psicopatico. La genialata di Duel consiste nel fatto che del cattivo si vede, per un attimo, solo la parte bassa degli stivali. Per quanto riguarda, invece, la scelta dell’auto il cast non è stato certo movimentato: Spielberg ha dichiarato che per lui contava solo il fatto che fosse rossa per contrastare con il paesaggio desertico. Un po’ come succede ne Il giorno sbagliato in cui Russell Crowe, al volante di un pick-up ingaggia un drammatico duello con una donna. Il film è davvero un confronto tra persone e automobili. Lui, grande e grosso, è al volante di un nero aggressivo pick-up; lei guida una Volvo familiare rossa con il figlio seduto nei posti posteriori. Un diverbio al semaforo è la scintilla di una situazione di traffico moderno che degenera in pura follia.

Il tempo da Duel è passato, Spielberg da esordiente si è tramutato in leggenda, ma la passione per i motori fuori dal comune è rimasta la stessa. Lo dimostra il recentissimo The Irishman (2019), che ha avuto la bellezza di nove nomination. Il cast umano è stellare, conta su De Niro, Al Pacino e Joe Pesci, la storia è quella di un anziano costretto su una sedia a rotelle in una casa di riposo che racconta il suo passato di sicario della mafia. Le sue vicende si incrociano con un caleidoscopio di auto fuori dal comune a cominciare da una strepitosa berlina Hudson Hornet del 1951 (valutata sui 30 mila euro, la due porte viaggia sui 100 mila) seguita da Plymouth Belvedere del ’56, Savoy del ’57 e Satellite del ’73, Dodge Coronet del 1965, Mercedes 280 del ’72, Oldsmobile Delta (1988) e una carrellata sulle Ford che si apre con una Thunderbird del 1973 e si chiude con la Crown Victoria datata 1999. Chi non ha ancora visto questa pietra miliare del cinema dovrebbe colmare al più presto la lacuna.

A proposito di adrenalina, restano imbattuti gli inseguimenti di The Blues Brothers del 1980. Sotto la sapiente regia di John Landis, Dan Aykroyd e John Belushi viaggiano a bordo di una Dodge Monaco del 1974 (meriterebbe l’Oscar come attrice non protagonista e in Usa un modello simile si compra con una cifra intorno ai 20 mila dollari), che ha visto tempi migliori militando sotto le insegne della polizia tanto scassata da risultare irresistibile anche per i tanti inseguitori, dai nazisti dell’Illinois a un gruppo folk texano molto, ma molto, arrabbiato con i due fratelloni. Indimenticabili sono anche gli inseguimenti sulle ripide salite e discese delle strade di San Francisco di Frank Bullitt (Steve McQueen), poliziotto di San Francisco che deve sorvegliare Johnny Ross, elemento di un’organizzazione mafiosa pronto a testimoniare contro i suoi capi. Il film ha ottenuto due candidature e vinto un premio Oscar e la Mustang di Bullitt (1968), un’auto che ha fatto emozionare un numero enorme di persone e da poster arredato chissà quante case negli ultimi 50 anni, nei primi giorni di gennaio è stata battuta a un’asta organizzata a Washington da David Morton alla fantastica cifra di 3,7 milioni di dollari, mai pagata prima di una Mustang.

Scene di ordinaria follia pure quelle girate da Bradley Cooper nel film Limitless, quando al volante di una Maserati Granturismo coupé, sotto l’effetto di una capsulina strana, ha la lucidità di muoversi come un pilota di Formula 1 sulle polverose strade di Punta de Mita e Puerto Vallarta in Messico e prevedere le reazioni degli altri guidatori. Un record, quando si parla di motori messi al servizio della Law e dell’Order, lo stacca la Ford Crown Victoria ampiamente usata dalle forze dell’ordine a stelle e strisce. A lei va il primato assoluto delle presenze su quella che una volta si chiamava celluloide: ne sono state contate oltre 8 mila. E non si fermeranno poiché si tratta di una police car in continua evoluzione: la nuovissima Police Interceptor Utility 2020, con propulsore ibrido e trazione integrale, farà risparmiare alle agenzie di polizia e ai contribuenti fino a 5 mila euro per veicolo all’anno in costi di carburante rispetto al modello attuale dotato di motore a benzina da 3,7 litri. E viene da chiedersi perché nessuno abbia ancora pensato a inserire l’impronta di un suo pneumatico nel viale delle star a Los Angeles.

A ben pensarci, un posto d’onore tra le star del cinema e della televisione lo meriterebbe a pieno titolo la Porsche 911. Avete mai visto la serie tv canadese Private Eyes, quella in cui un ex campione di hockey su ghiaccio, interpretato da Matt Shade, affianca Angie Everett una fascinosa investigatrice privata? Se la risposta è no, fatelo. Ne vale la pena solo per apprezzare l’imperitura purezza del design di un’argentata Cavallina di Stoccarda datata 1969 con tanto di cerchi a spicchi d’ordinanza. Era, invece, una 356 Speedster l’auto guidata da Kelly McGillis in Top Gun del 1986. I puristi si sono accorti dopo pochi fotogrammi che si trattava di una replica firmata da Max Hoffman, mentre tre anni prima non avevano avuto nulla da ridire sulla 928 guidata da Tom Cruise (protagonista anche di Top Gun) in Risky Business. Sì, quella era proprio l’originale ma è stato proprio per non taroccare, sia pure di poco, la sua ammiraglia che la Porsche ha perso un’occasione d’oro. Quale? Fornire il supporto su ruote a Magnum P.I.. La storia è questa: la produzione aveva chiesto alla casa tedesca una 928 con il tetto apribile extra-large per facilitare le riprese dall’alto e aiutare il protagonista Tom Selleck, alto un metro e 95 centimetri, a stare più comodo. A Stoccarda, con più di un pizzico di arroganza, risposero picche e allora la scelta cadde lussuosamente sulla Ferrari 308 Gts del 1979. A questo punto è obbligatorio aprire il capitolo James Bond. Stabilito che l’Aston Martin DB5 guidata nel 1964 da Sean Connery in Goldfinger è talmente celebre da essere quasi diventata un luogo comune, invece di lasciare si raddoppia ed ecco la DB10 che l’agente 007 utilizza per sfuggire in un inseguimento per le strade di Roma a una Jaguar C-X75 (esemplare unico battuto da Sotheby’s a oltre 1 milione di euro) in Spectre del 2015. Restando nel mondo dei motori che battono come bandiera l’Union Jack ecco la Land Rover Defender pick-up che in Skyfall (2012) mette a soqquadro le vie di Istanbul. E l’Italia? Niente paura, nella sterminata filmografia tratta dai romanzi di Ian Fleming ci siamo anche noi. Per esempio, nella scena iniziale di Quantum of Solace del 2008, Bond viene inseguito lungo le tortuose strade che fanno da corona al Lago di Garda da un plotone di Alfa Romeo 159 mentre in GoldenEye (1995) compare una Ferrari F355 Spider e in Octopussy del 1983 l’agente al servizio di Sua Maestà si getta all’inseguimento dei fetenti di turno al volante di un’Alfetta Gtv 6 fornendo 37 anni dopo un ottimo consiglio per un acquisto ai collezionisti di auto d’epoca, si compra in Usa con una ventina di migliaia di euro. Detto di un innamoramento per le Bmw culminato con un rapporto tra Pierce Brosnan e una Z3 in GoldenEye del 1995, una 750i in Tomorrow never dies (1997) e una Z8 in Il mondo non basta (1999), ecco l’ultima chicca da auto-Oscar: in La spia che mi amava (1977) Roger Moore guidava una Lotus Esprit taroccata dai servizi segreti per diventare un sottomarino. Vettura che, ça va sans dire, non è mai esistita neppure nelle più funamboliche fantasie dei progettisti veri. Ma il cinema è fatto per vendere sogni. Anche e, a quanto pare, soprattutto a quattro ruote.

Articolo pubblicato su Business People dicembre 2020

Credits Images:

L’attore Daniel Craig accanto a un’Aston Martin DB10, supercar realizzata appositamente per il film di James Bond, Spectre. L’auto è stata battuta a un’asta di Christie’s nel 2016 per circa 3,3 milioni di euro