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Lavoro

Quote rosa, il governo frena

Al Senato tre emendamenti cambiano tutto. Cda Rosa solo fra sette anni e nessuna decadenza in caso di mancato rispetto della norma. Per Lella Golfo il Pdl ha ceduto a pressioni dei poteri forti

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Dopo l’ok di Tremonti e della Camera il disegno di legge sulle quote rosa sembrava avviarsi verso una felice conclusione. Invece ieri, a sorpresa, il governo ha rimescolato le carte. L’esecutivo ha posto tre emendamenti che frenano bruscamente l’entrata in vigore delle quote rosa, vale a dire quella norma che obbligherebbe i consigli di amministrazione della aziende quotate in Borsa a essere composti almeno per il 30% da donne. La proposta bipartisan, firmata da Lella Golfo e Alessia Mosca, ora in discussione alla Commissione Finanza al Senato, rischia di vedere la luce solo nel 2018. Uno degli emendamenti presentati dal Pdl prevede, infatti, che al tetto minimo del 30% si debba arrivare attraverso due rinnovi triennali. Non solo nei tempi, una modifica importante è stata introdotta anche nella sostanza. Se nel testo originario si prevedeva, in caso di mancato rispetto delle quote rosa, il decadimento del cda, l’emendamento proposto dal governo propone che, alla diffida della Consob, segui solo una multa il cui valore massimo è fissato in 1 milione per il cda e 200 mila euro per i collegi sindacali. Non solo, un terzo emendamento stabilisce che l’obbligo di attenersi alle quote riguarda solo le società costituite in Italia, e non tutte quelle quotate.

Le ReazioniMolto critica la reazione di Lella Golfo, secondo la quale il passo indietro fatto dalla sua stessa maggioranza è colpa della lettera, piena di perplessità, che nei giorni scorsi Confindustria, Ania e Abi hanno spedito al governo. «Succede quando si toccano i poteri forti. Prima che arrivassero le pressioni, alla Camera è passata senza problemi». Se per il Pd l’ostruzionismo dell’esecutivo sarebbe «vergognoso», per Futuro e Libertà «gli emendamenti snaturano il testo». Si difende il governo, secondo Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del consiglio, il nuovo testo, quello emendato, evita il pericolo di «compiere atti avventati».

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Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del consiglio