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Part di Rimini: l’arte di fare bene

Sull’esempio delle grandi fondazioni anglosassoni, la Fondazione San Patrignano ha sfruttato uno strumento patrimoniale innovativo per creare un museo molto speciale di “sostenibilità sociale”

Art for good, anzi art is good: quella che vi raccontiamo è una storia infarcita di bellezza e solidarietà, un esempio eccellente e virtuoso di come trasformare delle opere d’arte in “capitale sociale” utile a fare del bene alle persone e a valorizzare il territorio. Siamo a Rimini: nel cuore della città romagnola ha aperto Part, un nuovo sito museale che unisce in un progetto unitario la riqualificazione di due edifici storici, il duecentesco Palazzo dell’Arengo e il trecentesco Palazzo del Podestà, e la collocazione permanente dell’eclettica raccolta di opere d’arte contemporanea donate alla Fondazione San Patrignano da artisti, collezionisti e galleristi negli ultimi anni.

È Letizia Moratti, co-fondatrice della Fondazione San Patrignano e già sindaco di Milano dal 2006 al 2011, grande collezionista ed esperta d’arte e oggi sempre più impegnata nel sociale, a raccontare la genesi di un museo così peculiare. «Questa collezione d’arte ha una natura patrimoniale, per così dire, straordinaria, specie in un momento storico come questo in cui l’arte può forse essere una via di riscoperta della socialità che abbiamo a lungo dovuto sacrificare per via dell’emergenza sanitaria», spiega. «La ricerca di una sostenibilità economica nell’ordinaria amministrazione è una condizione importante perché San Patrignano conservi la propria indipendenza e sussistenza, ma è anche vero che per rispondere sempre più efficacemente alle esigenze dei ragazzi è necessario anche pensare a investimenti di natura straordinaria per lo sviluppo delle attività e delle strutture».

Da qui l’idea di ispirarsi alle grandi fondazioni anglosassoni per creare qualcosa di completamente nuovo. Ma in che modo? Attraverso uno strumento patrimoniale innovativo, gli endowment, che San Patrignano ha usato tra i primi in Italia. Si tratta di dotazioni di varia natura, tra cui anche asset patrimoniali, che un’organizzazione senza scopo di lucro detiene e che rappresentano una riserva che l’ente può utilizzare per uno scopo specifico. San Patrignano ha puntato sul bello che può rendere “a fin di bene”. Ecco come: «Abbiamo scelto la via della collezione di opere d’arte contemporanea motivati dal ruolo chiave e di massima importanza che la comunità di San Patrignano ha sempre attribuito al concetto di bellezza», ricorda Letizia Moratti. «Era infatti un tema già caro al suo fondatore, Vincenzo Muccioli, che da subito aveva compreso l’importanza di costruire un ambiente fondato su un’idea aspirazionale di bellezza, impostando la comunità in questa direzione». Si dice che lo stesso Muccioli amasse citare le parole che il pittore Auguste Renoir era solito usare come incitamento al giovane Matisse, da lui a bottega per imparare: «La sofferenza passa, la bellezza resta». «Su questa scia così suggestiva abbiamo coinvolto alcuni amici e abbiamo chiesto loro di condividere questa sfida, ipotizzando anche una lista di creativi che ci sarebbe piaciuto coinvolgere. E così siamo partiti. Devo ammettere che siamo rimasti via via colpiti dalla crescente generosità di artisti, galleristi e collezionisti che hanno creduto nel progetto e che apprezzano il lavoro svolto dalla comunità. La nostra raccolta d’opere è infatti interamente frutto di donazioni», dice con soddisfazione Letizia Moratti.

Ora la collezione, oltre una sessantina di lavori, è allestita nelle sale al primo e al secondo piano del Part affacciato su piazza Cavour a Rimini: ci sono opere potentissime di artisti italiani quali Emilio Isgrò, Vanessa Beecroft, Loris Cecchini, Sandro Chia, Enzo Cucchi, Flavio Favelli, Alberto Garutti, Francesco Vezzoli, Velasco Vitali, Luca Pignatelli, Tullio Pericoli, Mario Schifano e Mimmo Paladino. Non mancano firme internazionali, degne dei maggiori musei del mondo: Shilpa Gupta, Mona Hatoum, Damien Hirst, Carsten Höller, William Kentridge, Julian Schnabel. La datazione delle opere, gli stili, i materiali e le tecniche sono diversi, ma – passeggiando per le sale del Part – ciò che colpisce di questi lavori esposti in spazi suggestivi, è che tutti si concentrano sui grandi temi dell’esistenza che stanno al cuore della comunità di San Patrignano. Ovvero: l’emarginazione, il disagio sociale, l’accoglienza, la rinascita. Sono un tesoro donato a San Patrignano perché dia “buoni frutti”: tutte le opere della collezione prevedono infatti – come da endowment – l’obbligo della Fondazione San Patrignano di valorizzarle e mantenerle al meglio. Solo in caso di necessità, per scopi appunto straordinari e istituzionali, dopo un periodo minimo di cinque anni, l’ente ha la possibilità di alienarne una o più.

Al Part si può ammirare ora una collezione d’arte di profondo spessore culturale e sociale: «Il percorso di crescita della collezione è stato anche un percorso di crescita dei ragazzi della comunità. Infatti, i settori artistici e delle decorazioni di San Patrignano hanno dato prova della loro bravura collaborando ad altissimo livello con molti fra gli artisti coinvolti nelle attività che hanno accompagnato in questi anni la raccolta artistica», spiega Letizia Moratti. Di tutto questo c’è testimonianza non appena si mette piede nel museo (info e orari su palazziarterimini.it): la grande pittura murale all’ingresso, installazione permanente e colorata, è stata realizzata dal geniale artista britannico David Tremlett insieme ai ragazzi di San Patrignano. Un’opera d’arte realmente collettiva, un monito per il visitatore affinché capisca subito che il Part non è un museo d’arte contemporanea come gli altri. La presidente Moratti, che su San Patrignano profonde tutte le sue energie, ha un auspicio: «Questo progetto rappresenta un unicum nel suo genere e può costituire uno stimolo per altri simili in un Paese come il nostro che dovrebbe costruire anche sulle leve dell’arte una delle direttrici del proprio sviluppo attuale e futuro. È infatti un modello in grado di promuovere occupazione, sviluppo economico, riqualificazione urbana nel nome dell’innovazione, della qualità, della responsabilità sociale e della partecipazione allargata».

Credits Images:

Letizia Moratti, co-fondatrice della Fondazione San Patrignano, che ha promosso il progetto