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Rafting: da sport a strumento di team building

Le tumultuose discese tra le rapide a bordo di un gommone non sono mai state così sulla cresta dell’onda

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Nel rafting per primo arriva lo sgomento, come ogni volta che la natura manifesta quella forza che spezza ogni illusione di dominio. Non c’è solo la vista delle acque turbinose, bianche di schiuma, che si infrangono impazzite sulle rocce; c’è il rombo sordo che quell’infrangersi produce, incessante e intenso, una voce prepotente che sovrasta e disorienta, mentre spruzzi gelidi e impertinenti pungono le guance e chiudono gli occhi. Eppure, tuffarsi e cavalcare quella furia non è roba da maniaci degli sport estremi, ma un’esperienza alla portata di tutti che regala sensazioni incredibili.

Lungi dall’essere una novità, la discesa di fiumi in piena e torrenti risale all’epoca dei Sumeri e dei Babilonesi, che per pri­mi hanno introdotto l’uso di zattere per il trasporto fluviale delle merci, tenute a galla da otri pieni d’aria legati tutt’intor­no. Così come in epoche più recenti pio­nieri ed esploratori dagli angoli estremi del globo hanno utilizzato galleggian­ti a traino delle canoe per navigare fiu­mi e rapide trasportando viveri e attrez­zature: Canada, Nepal, Stati Uniti, Africa e dovunque fosse necessario affrontare corsi d’acqua di montagna, per amore di sopravvivenza, della scienza e del pro­gresso. Poi in epoca moderna, durante la II Guerra mondiale le zattere – raft in inglese – fungevano da unici ponti pra­ticabili per gli spostamenti delle truppe impegnate nei combattimenti. In Euro­pa è solo di recente che tale pratica ha mostrato un aspetto squisitamente ludi­co, con gruppi e famiglie che iniziavano a navigare sui fiumi in gommoni, duran­te camping all’aria aperta, sfruttando l’e­lasticità dei supporti per affrontare tratti impegnativi, per divertimento e curiosi­tà: è nato un nuovo sport, il rafting. Era­no gli anni 80, in Francia, e da allora non ha mai smesso di crescere.

Per praticare rafting non bisogna avere particolari abilità o coraggio. Basta saper nuotare e dare ascolto alle istruzioni delle guide che accompagnano i gruppi (in media da quattro a sei persone) sul gommone durante la discesa, e che – va detto – fanno la maggior parte del lavoro: il rafting è fondamentalmente uno sport di squadra, basta provare per capirne il valore al di là dell’adrenalina del momento. Discese in rafting vengono utilizzate come strumento di team building per costruire la fiducia nei leader e la collaborazione tra i gruppi di lavoro aziendali, ma anche da molte squadre di calcio di Serie A (come il Napoli e l’Inter) che le inseriscono tra le attività previste nei ritiri per cementare la coesione di gruppo. È altresì uno sport tecnico, perché le rapide non sono tutte uguali, vanno da un grado minimo di difficoltà, che è uno (brevi tratti con basso impegno) al massimo di sei, con tratti considerati impraticabili per violenza della corrente, presenza di rocce incombenti e grandi dislivelli. Il gommone va manovrato secondo modalità precise per evitare che si ribalti durante la discesa, ed è la guida che impartisce i comandi. Capita di rado, in realtà: il tasso di incidenti nel rafting è tra i più bassi in assoluto nel mondo sportivo, meno dell’1% su 100 mila uten­ti, ma solo osservando le adeguate pre­scrizioni in termini di sicurezza. Questo in particolare è il primo punto su cui bat­tono gli operatori che organizzano discese per neofiti e appassionati in Italia. Ne esistono in quasi tutte le regioni ita­liane, e i più accreditati sono affiliati alla Federazione Italiana Rafting (che cura anche la formazione delle guide), fonda­ta a Milano alla fine degli anni 80, che a sua volta è parte della World Rafting Federation, una struttura nata a gennaio del 2018 da una scissione dell’Internatio­nal Rafting Association, al fine di coordi­nare le federazioni aderenti nei singoli Paesi per la promozione del rafting ago­nistico a livello mondiale, e per l’accesso del rafting alle discipline olimpiche.

Uno degli aspetti principali della popolarità crescente del rafting è sicuramente il “campo da gioco”: boschi, tratti montani (ma non solo) spettacolari, paesaggi incontaminati hanno una parte importante nel divertimento complessivo della discesa. Una guida accreditata è addestrata non solo nell’esecuzione delle manovre e nella gestione dell’equipaggio, ma anche esperta del luogo. Approfitta dei tratti di calma per indicare agli escursionisti i punti interessanti sotto il profilo archeologico, geologico o naturalistico, racconta gli aspetti salienti del tratto che viene percorso, perché l’esperienza sia il più possibile completa e appagante. Ecco perché grazie all’azione coordinata delle federazioni locali viene svolta anche una funzione di salvaguardia del patrimonio fluviale a livello globale. Tra le iniziative più recenti (ed eclatanti), il contrasto alla costruzione di una centrale idroelettrica in Albania che avrebbe compromesso per sempre il canyon dell’Osumi, tra i più spettacolari e navigati del Paese, e che dà lavoro a centinaia di persone attraverso i centri rafting che si appoggiano su quelle acque. Fonte di reddito e di occupazione, sostenibile ecologico ma anche socialmente utile: l’inclusione è un aspetto molto importante di questa disciplina, aperta ai diversamente abili sia a livello amatoriale che agonistico. In Italia il Pararafting organizza tornei nazionali ogni anno in Val D’Aosta attraverso la Federazione nazionale. Particolare attenzione riceve nei Paesi dell’Est, in cui il rafting è una disciplina molto praticata, e il problema delle disabilità dovute soprattutto ai recenti conflitti è questione delicata che i relativi governi affrontano ogni giorno.

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