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Gusto

Vino: le eccellenze italiane della viticoltura “eroica”

Ci sono regioni dove la coltivazione della vite assume il carattere di una sfida contro gli elementi e il clima ostile: una lotta che si riflette nel gusto deciso di bottiglie tutte da scoprire

Il grande fascino del vino sta anche nel modo in cui è pervicacemente abbracciato a ogni conquista umana. Ma esistono zone del mondo e della nostra Italia dove coltivare e fare vino assume il carattere di una sfida particolare contro la natura, e le condizioni ambientali stesse sono garanzia di nettari dal sapore indimenticabile capaci di raccontare un’epica speciale. Comunemente si parla di viticoltura “eroica” quando il terreno ha una pendenza superiore al 30%, ci si trova a una altitudine superiore ai 500 metri, sono presenti sistemi viticoli su terrazze e gradoni oppure ci troviamo nelle piccole isole. Queste sono le caratteristiche prese in considerazione dal Centro di ricerca, studi, salvaguardia, coordinamento e valorizzazione per la viticoltura montana (Cervim), organismo internazionale nato con lo specifico compito di promuovere e salvaguardare la viticoltura eroica. Ma esistono altre iniziative volte a preservare questi paesaggi rurali. Lo scorso dicembre è stato istituito il Registro Nazionale dei paesaggi rurali storici e delle pratiche agricole tradizionali: di questi primi tre, ben due, Soave e ProseccoConegliano Valdobbiadene, sono relativi a zone vitivinicole. Un’operazione che intende sottolineare come la qualità del paesaggio sia un fattore fondamentale per quella del vino, perché la biodiversità deve essere mantenuta gestendo le risorse naturali nel solco della tradizione delle pratiche agricole sviluppatesi in millenni di storia umana. Del resto di recente si è avuta la prova, grazie al lavoro del team di Duccio Cavalieri con l’Università di Firenze e la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, che le caratteristiche peculiari di microrganismi che entrano nel processo di vinificazione (soprattutto lieviti) dipendono dalla presenza di vespe, e quindi di ambienti sani e vivi senza contaminazioni industriali. Come fa notare Mauro Agnoletti del Cultlab, Laboratorio per il paesaggio e i beni culturali dell’Università di Firenze, «il vino non è solo uva, suolo e lavoro in cantina, ma anche le infinite sfumature che un terrazzamento a Valdobbiadene può dare ai grappoli che vi crescono, oppure la pergola veronese classica del territorio del Soave che pare quasi un’oasi nell’industrializzazione del nostro Nord-Est».

Per la zona del Prosecco, basterà rammentare l’iconico Grave di Stecca di Nino Franco proveniente dal vigneto omonimo, un vino diretto e immediato che poi in allungo mostra tutte le proprie note sapide e particolari, oppure l’Extra Dry di Vigne Matte da Cison di Valmarino, floreale e intenso. Nel Soave, gli immensi squarci di pendenza dei vigneti de Le Battistelle, di Tessari o la maestosità dei vigneti del Monte Fiorentine a nord del colle Rugate, a Brognoligo di Monteforte d’Alpone che danno vita all’omonimo vino di Ca’ Rugate dalle note esotiche che si evolvono nel tempo. Nelle vicinanze troviamo le particolarissime “bellussere”, ovvero viti a quattro metri da terra, disposte a raggiera che si vendemmiano e potano da sopra una pedana. Le viti vengono elevate a due metri e mezzo da terra, e da ciascuna si formano dei cordoni permanenti che vengono fatti crescere inclinati verso l’alto e in diagonale rispetto all’interfilare, formando una raggiera. La cantina Ca’ Di Rajo produce qui da uve Incrocio Manzoni un Rosa Millesimato, un vino dalle note dolci e suadenti con frutta di bosco cangiante e saporita. Si lavora in alto anche in Campania con le viti dell’alberata aversana, storico e costosissimo metodo di coltivazione che prevede mura di 4-5 metri di viti altissime, maritate a pioppi. Vendemmia con scala per un vino fresco, sostenuto in acidità, ma anche sapido e perfetto per tante occasioni a tavola, come dimostra l’Asprinio d’Aversa Spumante (questo il nome completo della Doc e del vitigno) di Borboni a Lusciano, intenso, sapido e scattante. Per molti è l’unico vino per la pizza napoletana.

In Lombardia sono molto note le vigne terrazzate della Valtellina e la loro capacità straordinaria di dare vini luminosi, come lo Sforzato di Valtellina Ronco del Picchio 2011 Sandro Fay da un vigneto a 750 metri, incalzante, tannico ma elegantissimo con le sue note di visciole.Nel resto d’Italia si trovano affascinanti vini estremi in Val d’Aosta (sia vigneti in altura che terrazzamenti sulla Dora Baltea) come il Valle d‘Aosta Fumin 2013 di Elio Ottin, fruttato e freschissimo, o il raro cru “le sette scalinate” di Ermes Pavese, un Blanc de Morgex et de la Salle Doc che nasce da un vecchio vigneto a una altitudine di quasi 1.200 metri. Poco più a sud, ma quasi sul mar Ligure, troviamo il territorio del Rossese di Dolceacqua, terrazzato e frastagliato, ma capace di dare prodotti miracolosi come le 3 mila bottiglie del cru storico di Rossese “Bricco Arcagna” di Terre Bianche, scarno di colore ma ricco di profumi, con un tannino capace di farlo vivere a lungo in bottiglia. Le Cinque Terre a picco sulle onde portano in dote vini dalla tiratura minuscola, ma che valgono la ricerca come quello di Samuele Heydi Bonanini, il Possa, che nasce da vigne quasi impossibili da lavorare e nel bicchiere regala emozioni uniche fatte di sale, mare e roccia con tantissimi rimandi balsamici mediterranei. Un vino che rinuncia al classico Vermentino e prova a utilizzare le uve Bosco e Albarola per leggere il territorio. E in Toscana rammentiamo i paesaggi del parco naturale delle vigne di Ansonaco dell’Isola del Giglio, che vede nascere l’ormai celebre Altura di Francesco Carfagna; e nel Chianti Classico il prodigioso recupero dei terrazzamenti storici a Lamole, la zona più alta della denominazione che fa nascere vini come la Gran Selezione Lama della Villa e Vigna Grospoli di Paolo Socci: sapidi, minerali, croccanti, con florealità e freschezza impressionanti.

Scendiamo a Mezzogiorno per trovare la Costa Viola in Calabria, dove la cantina Criserà contribuisce a unire il lavoro di tanti produttori lungo i 20 chilometri di costa terrazzata, affacciata sullo Stretto a strapiombo sul mare (lungo i comuni di Villa San Giovanni, Scilla, Bagnara, Seminara, Palmi), per produrre l’Armacia da uve Nerello calabrese, Gaglioppo, Malvasia nera e Prunesta: un vero e proprio inno ai terrazzamenti con le sue note intense e pepate senza mai graffiare il palato.

Credits Images:

Un’immagine che racconta tutta l’ingegnosità dei vigneti del Monte Fiorentine, a nord del Colle Rugate, in località Brognoligo di Monteforte d’Alpone (Verona)