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Aprire una partita Iva: alcune cose da sapere prima di mettersi in proprio

Può essere uno strumento di libertà ma anche un onere gravoso. Bisogna conoscere bene il proprio settore e le proprie prospettive prima di scegliere se aprirne una e di che tipo

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Aprire una partita Iva o non aprire una partita Iva, questo è il dilemma. Forse scomodare Shakespeare è troppo ma la questione è tutt’altro che banale. Per questo, prima di prendere qualsiasi decisione, è bene sapere di cosa si sta parlando.

Che cos’è la partita Iva

La partita iva è il regime fiscale al quale sono soggetti le imprese di beni e servizi, i professionisti e più in generale tutti coloro che sono configurabili come lavoratori autonomi e che non hanno un reddito da lavoro dipendente, tassato alla fonte. Come pagano costoro le tasse? Aprendo una partita Iva e sottomettendosi a questo sistema di imposizione fiscale indiretta, emettendo fattura e pagando il dovuto all’erario e alla previdenza (Inps e Inail, per pensione e assicurazione rispettivamente).

La partita Iva consiste in una sequenza di 11 cifre. Le prime 7 servono a identificare il titolare/contribuente e sono il numero di matricola di quest’ultimo, le 3 successive identificano l’ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate che ha concesso la matricola e l’ultima, l’undicesima, è il codice di controllo per verificare la correttezza delle prime 10.

Aprire una partita Iva: a chi rivolgersi

È all’Agenzia delle Entrate che bisogna far richiesta per aprirne una e compilare l’apposito formulario, l’AA9/12, per le persone fisiche, e l’AA7/10 per gli altri soggetti. È importante che la domanda venga fatta entro i primi 30 giorni dell’attività appena cominciata. Il formulario può essere riconsegnato via internet, via posta o manualmente, recandosi nell’ufficio dell’Agenzia che ha competenza territoriale.

Prima di aprire una partita iva bisogna scegliere tra una serie di codici Ateco, acronimo che sta per Attività Economiche, ed è la classificazione adottata dall’Istat per le rilevazioni statistiche di carattere economico. Sono una combinazione di lettere e numeri che identificano i settori e i sottosettori in cui si articola l’attività economica e sono soggetti a un’imposizione diversa. Per questo, se si cambia attività, bisogna chiedere anche il cambio del codice Ateco.

La scelta importante non riguarda solo il codice. Un’altra riguarda il regime da adottare: la scelta è tra quello forfettario, introdotto con la legge di Stabilità 2015, destinato a soggetti con un giro d’affari piuttosto ridotto, che prevede un incasso presuntivo e una tassazione commisurata su quell’incasso, e quello a contabilità ordinaria. Sotto i 5.000 euro di reddito, non è necessario aprire una partita Iva.