Imprese a fin di bene

In arrivo dagli Usa, il volontariato in azienda è sempre più diffuso anche in Italia, con ricadute su organizzazioni e dipendenti. Non ci credete? Chiedetelo alla Fondazione Sodalitas

Toglietevi giacca e cravatta, salutate le vostre scrivanie e (nel bel mez­zo dell’orario di lavoro) dedicatevi all’aiuto dei più bisognosi. Ovvia­mente, con il benestare dei vostri capi. Si chiama volontariato sociale d’impresa, un fenomeno nato negli Stati Uniti all’ini­zio degli anni ‘90 ma sempre più diffuso anche nelle imprese del nostro Paese. Dai cosmetici ai servizi finanziari, senza trop­pa distinzione tra grandi gruppi e pmi, se­condo l’analisi condotta da Fondazione Sodalitas in collaborazione con Gfk, in Italia oltre il 61% delle aziende promuove attività di volontariato e la maggior parte lo fa da oltre cinque anni. Ma in cosa con­siste il volontariato d’impresa? «È un progetto in cui l’azienda organizza la parte­cipazione dei propri dipendenti alla vita della comunità locale o al sostegno di at­tività di enti non profit», chiarisce Patrizia Giorgio, referente di Fondazione Sodali­tas. Ciò significa che le aziende scambia­no le ore lavorative dei dipendenti con ore di volontariato, che nell’86% dei casi vengono regolarmente retribuite. Oltre al tempo dei lavoratori, le stesse aziende possono donare anche risorse economi­che, prodotti e servizi, spazi e strutture. «Ci sono molti benefici sia interni che esterni», continua Giorgio. «Il vo­lontariato d’impresa permette ai dipen­denti di staccarsi dalla routine, di svilup­pare nuove soft skill e all’organizzazione di coinvolgere e motivare i lavoratori. Dal punto di vista esterno, queste iniziative migliorano la reputazione aziendale e svi­luppano nuove reti con diverse realtà territoriali».

Volontariato sociale d’impresa: i casi Banco Bpm e Sanofi

Va da sé che attività come questa rientra­no a pieno titolo nel concetto di win-win, quando cioè tutte le parti coinvolte rica­vano benefici dall’azione svolta. «Parteci­pare a queste giornate permette di rinfor­zare la cultura aziendale comune», spiega Salvatore Poloni, condirettore generale di Banco Bpm. «Con il nostro VolontariA­mo doniamo alcune giornate lavorative alle associazioni non profit. Solo nell’ulti­mo biennio sono state dedicate oltre 500 giornate lavorative a iniziative promosse su tutto il territorio italiano, alle quali han­no aderito altrettanti colleghi».

Il progetto pilota di volontariato socia­le di Sanofi è iniziato, invece, nel 2017. «Siamo convinti che il successo nel lun­go periodo dipenda anche dalla capacità di soddisfare i bisogni sociali, culturali ed economici», racconta Laura Bruno, diret­tore delle Risorse umane di Sanofi Italia & Malta. «Per questo abbiamo identifica­to tre aree di attenzione che abbracciano la nostra responsabilità sociale d’impre­sa: contribuire all’accesso alle cure, af­frontare le sfide ambientali e coinvolge­re le comunità». Da queste tre istanze è nata #GiveBack, progetto attraverso cui l’azienda transalpina ha collaborato con fondazione San Francesco d’Assisi e as­sociazione Nocetum. Il progetto pilota è partito dalla sede milanese e ha coinvol­to 60 dipendenti. «Il nostro volontariato», aggiunge Bruno, «intende dare supporto ad alcune fasce deboli della po­polazione che vivono in condizioni di di­sagio e comprende anche giornate in city farm (all’interno di associazioni non pro­fit) a contatto con la terra e i suoi frutti. Lo scorso anno ci sono state sei giornate a disposizione dei collaboratori, che han­no accolto molto volentieri la possibilità di fare del bene, prendendo un momento per se stessi e per gli altri, nel corso della giornata lavorativa».

CA Technologies e il volontariato sociale d’impresa

Il volontariato di servizio – che prevede la ristrutturazione di un edificio o l’aiuto a categorie protette come minori, anziani o individui in povertà – non è però l’uni­ca tipologia. Con il suo programma Crea­te Tomorrow, la multinazionale informa­tica CA Technologies si occupa infatti di avvicinare i giovani, studenti dai 6 ai 24 anni, alle materie tecnico scientifiche e, in particolare, al pensiero computaziona­le. «Abbiamo deciso di mettere a disposi­zione dei giovani le nostre risorse umane e le nostre competenze», racconta Maria­teresa Faregna, responsabile Comunica­zione e Csr del colosso dell’informatica. «Mediamente il 50% dei nostri dipenden­ti (130 persone, divise tra le sedi di Roma e Milano, ndr) partecipa a questi progetti e la soddisfazione è molteplice: da un lato i lavoratori si sentono maggiormente affi­liati al posto di lavoro e più vicini alla mis­sione dell’azienda, dall’altro questi pro­getti possono aiutare l’azienda a scoprire nuovi talenti».

L’impegno di Enel

Enel punta, invece, a integrare la sosteni­bilità e il business nel volontariato corpo­rativo. Sono oltre 60 i progetti svolti solo 2017, che hanno coinvolto più di due­mila dipendenti. «Siamo partiti nel 2015 con un progetto che puntava sulle com­petenze interne», afferma Maria Cristina Papetti, responsabile Csv, Sustainability Projects and Practice Sharing del gigante dell’energia, «in cui Enel si impegnava ad aiutare da un punto di vista tecnico, edu­cando all’efficienza energetica, le fami­glie a basso reddito e che facevano fatica a pagare la bolletta. Nello stesso anno ab­biamo avviato una collaborazione con la Onlus Quartieri Tranquilli, che a Milano raccoglie derrate alimentari per sostene­re famiglie in difficoltà. Nel 2019 partiran­no poi in Italia una serie di progetti a sup­porto della digitalizzazione, per aiutare le piccole imprese ad avere strumenti utili alla gestione e commercializzazione dei loro prodotti, un progetto con il Moige per combattere il cyberbullismo, uno con Legambiente per la tutela del territorio e l’educazione alla pulizia delle nostre città, e un altro con l’associazione Elettrici sen­za frontiere, per favorire l’elettrificazione delle zone rurali e l’efficienza energetica.

Il volontariato di Illumia

Ci sono infine progetti che nascono qua­si per caso. Com’è avvenuto per Illumia, azienda bolognese operante nel settore dell’energia elettrica. «È stato mio padre a voler introdurre il volontariato di impre­sa nel 2011», ricorda il presidente Mar­co Bernardi: «La nostra famiglia è sempre stata sensibile a sostenere queste iniziati­ve». Dalla colletta alimentare fino alla do­nazione di una piccola parte di stipendio per la costruzione di una scuola in Zam­bia, il volontariato di Illumia è prettamente di servizio: «Più del 30% dei nostri di­pendenti partecipa attivamente», chiosa Bernardi, «e l’azienda contribuisce riser­vando il 2% dell’utile netto, che nel 2017 ammontava a 1,3 milioni di euro, a que­sti progetti».

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