Nucleare in Italia, possibili siti per centrali e scorie

Dopo la bocciatura della Corte Costituzionale sui divieti all’installazione di centrali e stoccaggio di rifiuti radioattivi, ecco una possibile mappa sui siti che potrebbero ospitare gli impianti o i depositi delle scorie nucleari

I divieti per l’istallazione sul territorio delle centrali nucleari sono illegittimi. Così la Corte Costituzionale ha bocciato le leggi regionali con cui Puglia, Basilicata e Campania avevano vietato l’installazione sul loro territorio di impianti di produzione di energia atomica, di fabbricazione di combustibile nucleare e di stoccaccio di rifiuti radioattivi. Motivazione? Le disposizioni delle regioni violano le competenze statali. E così la Consulta boccia per la seconda volta l’opposizione delle Regioni dopo i ricorsi di dieci enti contro la legge delega che nel 2009 aveva fissato i principi generale per il ritorno del nucleare in Italia. Ma il problema sul ritorno dell’Italia all’energia nucleare non è risolto: pendono ancora, infatti, i ricorsi di diverse Regioni che hanno impugnato il decreto delegato in cui si indicano le aree che potranno essere scelte dagli operatori per la costruzione delle prossime centrali nucleari.

I principali Le indiscrezioni finora circolate sui possibili siti che ospiteranno le centrali e i depositi delle scorie nucleari vedono interessate, tra le Regioni di cui la scorsa settimana la Consulta ha respinto i ricorsi, soprattutto Basilicata e Puglia, sia per la possibile installazione di un impianto (Scanzano Jonico, già in passato al centro di polemiche come destinatario delle scorie) che per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi (l’area a cavallo tra le due Regioni). La Campania, dove più alto è il rischio sismico, non ricorre mai, invece, nelle liste di cui sono finora circolate notizie ufficiose. Per quanto riguarda le centrali, i luoghi candidati dovranno rispondere infatti a precisi requisiti: in primo luogo dovrà trattarsi di zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini d’acqua senza però il pericolo di inondazioni e, preferibilmente, lontane da aree densamente popolate.Fra i nomi che puntualmente ritornano, ci sono quelli già scelti per i precedenti impianti poi chiusi in seguito al referendum del 1987, anche se, come spiegano esperti di settore all’Ansa, da una vecchia struttura non è possibile ricavarne una nuova, visto il progredire della tecnologia che ha reso totalmente inutilizzabili le centrali dismesse. Ricorrono spesso Caorso, nel Piacentino, e Trino Vercellese (Vercelli), entrambi collocati nella Pianura Padana e quindi con basso rischio sismico e alta disponibilità di acqua di fiume. Fra i luoghi più papabili anche Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, che unisce alla scarsa sismicità la presenza dell’acqua di mare. Secondo altri, fra cui i Verdi e Legambiente, il quarto candidato ideale è Termoli, in provincia di Campobasso, mentre in altre circostanze si sono fatti i nomi di Porto Tolle, a Rovigo, Monfalcone (in provincia di Gorizia), Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento), Oristano e Chioggia (Venezia).Sulla scelta peserà comunque anche l’atteggiamento dei governatori regionali, finora in gran parte contrari all’installazione di impianti sul proprio territorio. Per decidere invece dove collocare lo stoccaggio delle scorie occorre una sorta di autocandidatura da parte degli enti locali individuati dalla mappa, con oltre 50 possibili siti, messa a punto dalla Sogin. Solo laddove non dovesse esserci un accordo con l’ente locale la decisione spetterebbe al Consiglio dei ministri. Le indiscrezioni sulla mappa hanno già sollevato un polverone di polemiche. Tra le zone interessate il viterbese, la Maremma, l’area tra Puglia e Basilicata, quella tra Puglia e Molise, le colline emiliane, il piacentino e il Monferrato.

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