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Sostenibilità

Goletta verde: 32 rifiuti per chilometro quadrato di mare

Invasione della plastica nelle acque italiane, ma non mancano metalli, legno, scarti della pesca. Il Tirreno è il più sporco del Paese, Mondragone e Acciaroli le vergogne tricolori

Un mare… di plastica. L’inquinamento resta uno dei problemi più urgenti delle acque italiane, come raccontano i dati del convegno Plastic Free Sea, che ha presentato i risultati delle osservazioni della Goletta Verde di Legambiente (205 ore di osservazione in 2.600 km di navigazione). Il primo numero è già impressionante: 2.597 rifiuti raccolti sulle coste durante questo lavoro. In generale, sono 32 in media gli oggetti galleggianti per ogni chilometro quadrato di mari italiani. Nel documento anticipato da Repubblica, Domina la plastica (95% in particolare nell’Adriatico, il 39% sono teli, il 17% le buste, seguono casette di polistirolo, bottiglie, reti e stoviglie). Il resto dei rifiuti marini sono carta (54%), legno (21%), metalli (12%), gomma (65), tessili (4%), vetro (3%). «È preoccupante constatare una presenza così massiccia di plastica», dice Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente, «il rifiuto più persistente nell’ambiente ma anche quello più dannoso per l’ecosistema e la fauna marina. L’ingestione del marine litter, infatti, è stata documentata in oltre 180 specie. Un fenomeno che arreca a questi organismi, in particolare tartarughe e cetacei, gravi danni, spesso letali».

LE AREE. Le acque più sporche sono quelle del Tirreno centrale (51 per km quadro). Le zone della vergogna sono in particolare tra Mondragone (Ce) e Acciaroli (Sa) conta una densità record di 75. Male anche il tratto tra Palermo – Sant’Agata di Militello e le Isole Eolie (55). Segue l’Adriatico meridionale (34, davanti ai 33 dello Ionio): particolarmente critica la costa tra Cesenatico e Ancona con 42 oggetti per chilometro quadrato, con una particolare presenta di rifiuti legati alla pesca. Il totale di rifiuti legati a questa attività rappresenta il 12% di tutta la spazzatura marina, mentre il 32% della montagna di “monnezza” è di origine industriale e il 54% domestica. Il problema si riflette sulle coste, dove la media di rifiuti raccolti dai volontari è di 17 rifiuti ogni 100 mq (+5 rispetto al 2014).

ISOLE DI PLASTICA. Tra i focus più interessanti, c’è anche quello realizzato sugli arcipelaghi italiani dove è stata scandagliata la presenza di microplastiche: il picco massimo è stato registrato a largo dell’isola di Ischia (528 microparticelle per mille metri cubi di acqua), seguito dall’Isola d’Elba (324), dall’Isola dell’Asinara (222), San Domino-Isole Tremiti (186), Isola di Lipari (102) e, infine, Ventotene (60).I COSTI. «Ridurre l’impatto del marine litter sull’ecosistema marino e costiero non solo gioverebbe all’ambiente ma anche ai costi che questo fenomeno comporta per la collettività», ricorda anche Stefano Ciafani, vicepresidente nazionale di Legambiente. «Circa 500 milioni di euro l’anno, infatti, è la stima dei costi per l’Unione Europea, considerando solo i settori del turismo e della pesca» Se le cose non dovessero migliorare in futuro, è stato calcolato un incremento dell’immondizia marina del 12,29% al 2030 e un aumento dei costi di 58,40 milioni di euro l’anno.

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