C’è bio e bio

Oltre alla domanda, cresce pure la richiesta di sicurezza per i prodotti biologici. Molto è stato fatto, anche grazie alla regolamentazione europea. Ma si può (e si deve) fare di più

Ma lo sa che, secondo l’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale, in Italia ancora oggi ci sono 119 pesticidi nelle acque di falda dove pescano gli acquedotti? E che, a detta della Fao, la pianura padana, con meno dell’1% di sostanza organica, tecnicamente si può definire un deserto?». Roberto Pinton, segretario di Assobio, l’Associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione, parte proprio dall’inizio. Dal rifiuto dell’agricoltura intensiva, dall’affermazione di una sostenibilità ante litteram, trent’anni fa nasce il mondo della produzione biologica in Italia: «Abbiamo detto basta, non volevamo più coltivare la terra in quel modo».

IL BIO IN ITALIA

3

miliardi di euro (fatturato 2011)

1

miliardo di euro di export

25%

le donne imprenditrici tra i consumatori bio

50%

i giovani

20%

i laureati

52%

usa il Web per gli acquisti

28

mila ettari di ortaggi (primo produttore al mondo)

+44%

la crescita di gruppi d’acquisto solidale

*Dati Sana, 2011

UN GIRO D’AFFARI DA TRE MILIARDI

Oggi il comparto è uno dei pochi settori che tiene e cresce nonostante la crisi. Grazie a imprenditori giovani (molte le donne), determinati e ben istruiti (dati Ismea, 2010), il biologico segna, infatti, un trend in forte crescita internazionale, con l’Italia in una posizione di spicco. Con una superficie di oltre un milione di ettari, il nostro Paese occupa l’ottavo posto nella classifica mondiale delle coltivazioni bio (classifica guidata dall’Australia), ed è primo in Europa per numero di aziende agricole. Il fatturato in Italia negli ultimi dieci anni è triplicato passando da meno di un miliardo di euro del 2000 a oltre tre miliardi di euro. Una parte significativa della produzione è indirizzata all’estero e raggiunge gli scaffali di tutta Europa, Stati Uniti e Giappone, per un valore che nel 2010 ha superato il miliardo di euro. Tuttavia, i consumi di prodotti bio nel nostro Paese non sono all’altezza dei primati produttivi, poiché si collocano attorno al 3% della spesa alimentare complessiva delle famiglie, contro quote che per alcune tipologie di prodotti sfiorano il 20% in altri Stati europei come Svizzera, Liechtenstein, Austria, Germania e Paesi Scandinavi. La ragione? «Una ancora povera sensibilità dei consumatori italiani ai temi della sostenibilità», spiega a Business People Ignazio Cirronis, presidente di Upbio(Unione nazionale dei produttori biologici), «e una ancora scarsa consapevolezza del legame tra alimentazione, agricoltura, salute e tutela del territorio. Ma stiamo facendo grandi progressi e anche per questo oggi il settore è in impennata»

NON SOLO UN EFFIMERO TREND

Da moda passeggera, il bio è diventato, a tutti gli effetti, un’abitudine di spesa, non più inaccessibile nel prezzo e immancabile sugli scaffali della Gdo. Nel 2011 il comparto ha continuato a crescere, forte dell’esplosione dei canali di vendita alternativi. «Secondo i nostri dati», dice Paolo Carnemolla, presidente di Federbio, «nel 2011 abbiamo registrato sul mercato interno una crescita del 10%, mentre sale a 15% l’export, addirittura al 25% la filiera corta». In tempi di crisi, dunque, siamo comunque disposti a spendere il 30% in più «proprio perché abbiamo più bisogno di garanzie», afferma Franca Braga, responsabile centro studi alimentazione e salute di Altroconsumo: «È una richiesta di sicurezza, che parte anche dal sapere cosa si mette nel piatto». Consumatori più consapevoli, più attenti alla sostenibilità, che vogliono comprare meno e meglio. E il marketing cavalca il trend, tanto che il “green” è dappertutto, e sostenibilità oggi fa rima con benessere e felicità. E se da un lato gli operatori del settore esultano («Ci abbiamo messo un paio di decenni a svegliare il consumatore e ora che siamo riusciti a far diventare il bio un cult nei consumi dovremo vederci qualcosa di sbagliato? Non credo proprio», dice Cirronis), dall’altro il pericolo che sul carro che tira salgano i “soliti furbetti” si fa più concreto.

LA BIOTRUFFA DI VERONA

Il 6 dicembre 2011 sono state sequestrate a Verona oltre 2.500 tonnellate di generi alimentari spacciati per biologici, ma che biologici non erano. L’operazione “Gatto con gli stivali” condotta dalla Guardia di finanza di Verona, ha arrestato sette persone tra il capoluogo scaligero, Ferrara, Pesaro Urbino e Foggia. Gli arrestati dal 2007, avrebbero distribuito sul mercato 700mila tonnellate di prodotti con etichetta “biologico” in realtà provenienti da Paesi terzi, come la Romania, o destinati ad altro tipo di alimentazione o semplicemente frutto di coltivazioni normali. Il tutto per un valore di oltre 220 milioni di euro.

E infatti «oggi il mercato deve tutelarsi ancora di più», sostiene Paolo Carnemolla. «La filiera bio è insidiosa perché è lunga e fatta di troppi passaggi. L’unico antidoto è accorciarla, avvicinando produttore e consumatore». Sfide e opportunità da cogliere velocemente, perché lo spazio per crescere (una volta tanto) c’è. Eccome. Ma il vero anello debole del comparto oggi, secondo quanto denuncia Federbio a Business People, sono i vertici. «Il caso della truffa di Verona del dicembre scorso», spiega Carnemolla, «è emblematico. Guardia di Finanza e magistratura, insieme agli organismi di certificazione, hanno fatto il loro dovere. Quello che è mancato, e che tuttora manca, è l’intervento del Ministero delle Politiche Agricole. La Gdf è intervenuta sul versante fiscale, il Ministero sapeva ma non ha fatto nulla per allertare il sistema. Il vero problema è che gli uffici del Ministero non si parlano, chi è a capo di quegli uffici non è adeguato al ruolo, interpreta in maniera sbagliata le norme, ha paura. Così non c’è coordinamento, non si opera come si dovrebbe in un sistema di controllo moderno. Federbio sta lavorando affinché queste persone se ne vadano e il sistema si riformi». Tutti concordano sul fatto che, oggi, per sostenere la crescita del comparto ci si deve spingere oltre: «Servono politiche agricole lungimiranti da parte di tutta l’Europa, affinché in futuro l’agricoltura sia in toto rispettosa dell’ambiente e non divisa in due», afferma Edoardo Freddi, responsabile marketing di Naturasì, la più importante catena di supermercati in Italia e fornitore numero uno dei rivenditori bio. L’agricoltura biologica come agricoltura del futuro, insomma: «Sì, se sul fronte istituzionale non ci ammazzano prima per incapacità», sostiene Carnemolla.

QUESTIONE DI FIDUCIA E TRASPARENZA

Detto questo, sono ancora molti i consumatori a chiedersi se del bio ci si può davvero fidare. Dal luglio 2010 i prodotti biologici di tutta Europa devono obbligatoriamente presentare il marchio europeo Eurofoglia. «E con questa siamo garantiti al 100%», afferma Braga. Poi c’è chi, oltre all’Eurofoglia, «ritiene necessario certificare ulteriormente i propri prodotti con altri marchi, per dare maggiori garanzie», sostiene Fabrizio Piva, coordinatore sezione Soci Organismi di Certificazione di Federbio: «I nostri ispettori seguono il prodotto in ogni passaggio, dalla semente alla trasformazione al prodotto finito».

IL NUOVO LOGO EUROPEO

Dall’1 luglio 2010 è entrato in vigore il nuovo logo per tutti i prodotti biologici europei, (Reg. Ue N. 271/201) ma le aziende potranno utilizzare fino a luglio 2012 le etichette già stampate. Il nuovo logo, rappresentato da una foglia stilizzata composta da 12 stelle bianche su fondo verde, è stato scelto dalla Commissione Europea attraverso un concorso che ha coinvolto 3.500 studenti d’arte degli stati membri. Oltre al nuovo logo, i prodotti dovranno indicare l’origine della materia prima.

Tuttavia, a detta di Altroconsumo, sul fronte del controllo c’è ancora molto da fare: «Noi chiediamo più trasparenza», dice Franca Braga. «I dati devono essere tempestivamente pubblicati on line e i vari organismi di certificazione devono essere in rete per favorire la trasparenza». «Siamo d’accordo», risponde Roberto Pinton di Assobio. «Da anni chiediamo l’appoggio del Ministero per realizzare un database delle transazioni, ma purtroppo ci hanno sempre risposto che per privacy non sta bene raccontare i fatti propri. Allora abbiamo deciso di realizzarcelo da soli. Federbio, grazie alla collaborazione di tutti gli Organismi di controllo (che stanno inserendo i dati di 47 mila aziende!), ha messo a punto un sistema grazie al quale tutti i certificati di vendita e acquisto saranno accessibili on line. Questo ci permetterà di monitorare ogni operazione del mercato e di evidenziare, con un click, eventuali anomalie». E Altroconsumo incalza: «Un’altra questione è da chiarire una volta per tutte», fa notare Braga. «Il biologico è anzitutto un processo di produzione, non un “prodotto”. Non è l’alimento sano contrapposto all’alimento “cattivo”, ma è un alimento più rispettoso dell’ambiente. Questa è una cosa molto positiva, ma ciò non toglie che anche gli “altri” alimenti siano sani e sicuri. Spesso, ad esempio, il prodotto trasformato bio (yogurt, biscotti) usa le stesse logiche del convenzionale, con troppi zuccheri e grassi che non lo rendono una vera alternativa sana». Ma allora qual è la differenza tra bio e non-bio? «Abbiamo molti studi», spiega Pinton, «che dimostrano che il prodotto biologico è più ricco del convenzionale anche dal punto di vista nutrizionale. Nei prodotti biologici, inoltre, non troverete pesticidi, additivi, coloranti, grassi idrogenati, edulcoranti, aspartame, saccarina, acesulfami. Certo, se bevi due litri di vino biologico ti ubriachi lo stesso, però non ti farà male la testa perché i livelli di anidride solforosa sono molto più bassi. Oggi il consumatore bio non fa più una scelta di fede. Molti non partono più dalle motivazioni ambientali che hanno caratterizzato i pionieri, ma da se stessi, dalla tutela della propria salute. Chiedono un prodotto che sia come quello convenzionale, ma biologico. E noi offriamo tutto il ventaglio delle possibilità: ci sono prodotti super salutistici, senza zucchero, senza uova, senza latte, dolcificati con sciroppo d’acero o miele, senza lievito, senza sale, di tutti i tipi. A voi la scelta».

I PROSSIMI APPUNTAMENTI DEL SETTORE

SANA, BOLOGNA

09.09.2012/12.09.2012

www.sana.it

sana@bolognafiere.it

SAPORBIO, MILANO

05.10.2012/07.10.2012

www.saporbio.com

info@saporbio.com

BIOFACH, NORIMBERGA

13.02.2013/16.02.2013

www.biofach.de

biofach@nuernbergmesse.de

BTOBIO, MILANO

19.05.2013/22.05.2013

www.btobio.it

btobio@fierecom.it

© Riproduzione riservata