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Sostenibilità

Associazione Perseo: un aiuto al di là del genere e dell’età

Purtroppo non sono solo le donne a subire violenza, ma anche uomini, anziani, adolescenti, persone fragili. E ognuno di loro ha bisogno di ascolto. L’associazione fondata dalle dottoresse Fulvia Siano e Alessandra Cova sostiene psicologicamente e legalmente tutti coloro che non trovano assistenza altrove

Chi ha detto che la violenza di genere riguarda solo il mondo femminile? Il racconto mediatico su tv, carta stampata e social spesso appare a senso unico: si parla solo di donne maltrattate da uomini. Sgombriamo subito il campo da qualsiasi fraintendimento: la violenza contro le donne esiste ed è da condannare, sempre. Ma non è la sola con cui dobbiamo fare i conti. L’associazione Perseo nasce nel 2019 proprio per cercare di aiutare quelle persone che nei centri antiviolenza femminile non trovano una risposta adeguata ai propri problemi, o perché uomini o perché vittime di una violenza non esercitata da un uomo.Perseo nella mitologia classica è colui che ha ucciso Medusa, non in quanto donna ma in quanto entità malvagia. Nel nome è dunque contenuta l’idea di avere il coraggio di sconfiggere una malvagità superiore. Strano ma vero, l’idea di questo centro nasce da due donne – le dottoresse Fulvia Siano (oggi segretario nazionale) e Alessandra Cova (attuale presidente), entrambe psicologhe cliniche e forensi – per offrire una possibilità di ascolto a tutti quegli uomini che si trovano a vivere una situazione di maltrattamento: padri che stanno attraversando separazioni difficili, uomini che stanno vivendo situazioni di mobbing sul lavoro e nella vita relazionale, adolescenti che si trovano coinvolti in episodi di bullismo, anziani che subiscono maltrattamenti da parte delle persone che li accudiscono. Senza dimenticare quegli uomini che si sentono incapaci di gestire la rabbia e l’aggressività in situazioni di forte frustrazione e stress.«È importante sottolineare che la nostra associazione non nasce in contrapposizione ai centri antiviolenza femminile», sottolinea una delle due fondatrici, Fulvia Siano, «noi non siamo “contro” nessuno. Ci siamo accorte, però, che c’è un assoluto bisogno di ascoltare anche l’altra metà. Oggi purtroppo la narrazione che viene fatta sulla violenza è a senso unico: l’uomo è sempre il maltrattante. Ma questa narrazione non funziona, perché la realtà dei fatti è diversa, tutti possono agire con violenza, tutti possono esserne vittima».

In che cosa consiste concretamente l’attività dell’associazione? Perseo è dotata di un centro d’ascolto e allo stesso tempo è operativa sul campo sia psicologico che legale. Sul sito ci sono i contatti: un primo numero risponde a Milano e un secondo a Chieti. Da poco l’associazione è arrivata anche a Empoli e a breve ci sarà un altro centro Perseo a Roma. Al momento chiunque può chiamare, a rispondere dall’altra parte della cornetta ci sono due volontari, entrambi uomini, che hanno subìto violenza psicologica e fisica. Loro sono il primo vero punto di ascolto e a questo si limitano, non danno consigli psicologici o legali. Le telefonate vengono poi smistate per capire di quale supporto ha bisogno l’assistito. Il primo aiuto è gratuito perché viene valutato il caso, ma l’aspetto legale entra quasi sempre in gioco. Per ciascun caso si analizza la fase giudiziale in cui si trova (anche se spesso chi chiede aiuto arriva troppo tardi) e poi si portano avanti le strategie migliori. Ovviamente Perseo è affiancata da avvocati civilisti e penalisti per offrire, a chi bussa alla sua porta, un valido aiuto di tipo legale. Gli avvocati lavorano a gratuito patrocinio o a tariffe calmierate: come detto la prima consulenza è gratuita ma poi, purtroppo, è necessario pagare. «Parliamo di persone che, a livello economico, sono già tartassate dalle loro vicende personali. Ma non possiamo fare altro», spiega Siano. «Al momento facciamo fatica a partecipare ai bandi, perché riguardano quasi solamente la violenza femminile. Sopravviviamo grazie alle quote sociali e donazioni. Ma rimane difficile avere risorse a sufficienza per pagare le persone che rispondono al telefono, predisporre una banca dati, gestire la contabilità…».

A fine 2019 il progetto vede finalmente la luce, ma dopo pochi mesi di lavoro scoppia la pandemia. Le richieste cominciano ad arrivare da tutto il Paese per un totale di circa 100-150 contatti l’anno. Oggi, di fatto, Perseo è l’unico centro in Italia che si occupa di questi temi. A dire il vero c’è qualche altra associazione che opera con uomini maltrattati, ma sono piccole realtà e non sempre operative. La platea degli assisiti è molto eterogenea e le vicende con cui hanno a che fare le due psicologhe risultano spesso drammatiche. Qualche esempio lo riporta direttamente Siano: «Abbiamo avuto un anziano di 70 anni che dormiva chiuso in garage perché subiva minacce dalla moglie, solo che lui non poteva rivolgersi a un centro antiviolenza femminile perché è un uomo. Oppure una donna disabile picchiata da altre due donne, che veniva respinta dai vari centri perché il maltrattante non era un uomo». O ancora: «Una ragazza appena maggiorenne che subiva stalking da una donna di 53 anni, perché non voleva che avesse altre conoscenze. E poi c’è il grandissimo problema delle denunce: molte di quelle che vengono presentate poi si rivelano infondate. I dati Istat dichiarano che nel 33% i responsabili dei maltrattamenti in famiglia sono condannati, il restante 67% dei procedimenti finisce con assoluzioni, non luoghi a procedere o archiviazioni. E in questo caso a rimetterci spesso sono gli uomini, poiché occorrono cinque o sei anni per arrivare a sentenza. Anni in cui magari un padre non può più vedere il figlio e subisce altre conseguenze negative, in ogni caso la reputazione personale viene pesantemente compromessa». Perseo dà, quindi, ascolto a persone che spesso questa disponibilità non la trovano, nemmeno nelle istituzioni. Persone che, come tiene a precisare Siano, oggi sono di fatto «invisibili. I nostri assistiti non hanno voce, sono devastati ma nessuno li ascolta. Quando presentano denuncia, spesso non vengono creduti. La mentalità comune ritiene che questi uomini non abbiano emozioni, pensieri… sembra che loro non possano essere vittime. E invece è gente che perde la dignità, si vergogna. Sono loro i primi a dirmelo. E guai a pensare che sia un fenomeno minore, perché oggi non abbiamo dati a disposizione. E poi in generale gli uomini fanno fatica a denunciare. Spesso manca il coraggio, altre volte non si riconoscono neanche vittime. Esistono forme di violenza molto sottili, manipolatorie e subdole, per questo bisognerebbe parlarne di più». Una delle attività portate avanti dall’associazione è proprio quella di prevenzione: «Bisognerebbe fare educazione», conclude Siano. «Far capire cos’è la violenza e come si evita. In questo momento storico noto una sorta di accanimento che non sta portando a nulla di buono. Si continua a categorizzare, a mettere gli uomini contro le donne, e invece bisognerebbe dialogare».