Università, le novità della legge Gelmini

Dopo il passaggio alla Camera, approvata anche a Palazzo Madama la riforma del sistema universitario. Dai nuovi criteri di reclutamento alla divisione tra Senato accademico e Cda. Ecco i punti chiave

Dopo lunghe contestazioni, polemiche e a due anni dall’avvio del procedimento, la riforma per il sistema universitario (o legge Gelmini) è diventata legge con l’approvazione definitiva in Senato. 161 i voti a favore e 98 contrari (più 6 astenuti) per un provvedimento che dovrebbe combattere il sistema dei ‘baroni’, del clientelismo e degli sprechi negli atenei italiani. Sono stati migliaia gli studenti scesi in piazza in questi giorni che hanno dato vita alle più massicce proteste degli ultimi anni, sfociate a metà dicembre in violenti scontri a Roma con le forze dell’ordine.La riforma si ispira a un’idea di meritocrazia: se gli atenei saranno gestiti male, riceveranno meno finanziamenti. Due i pilastri fondamentali: nuovi criteri di reclutamento e una governance che prevede una più netta separazione tra il Senato accademico e il Cda. I detrattori vedono nella norma che apre il Cda ai membri esterni, il pericolo di una privatizzazione delle università. Quanto ai criteri di reclutamento, per i ricercatori il timore è che aumenti il precariato, mentre per i docenti è che le università non rispettino i criteri meritocratici. Uno dei nodi cruciali, però, è il problema dei fondi destinati alle università e oggetto di tagli, anche se ridotti, per il prossimo anno. Da questi fondi dipende il funzionamento di alcune novità introdotte dalla riforma. Queste le novità della riforma:

Parentopoli – Viene costituito un codice etico per evitare incompatibilità e conflitti di interessi legati a parentele. A questo proposito viene anche stabilito che per partecipare ai concorsi non si dovranno avere, all’interno dell’ateneo, parentele fino al quarto grado. Alle università che assumeranno o gestiranno le risorse in maniera non trasparente saranno ridotti i finanziamenti del Ministero.

Limite massimo al mandato dei Rettori – Al massimo 6 anni, inclusi quelli già trascorsi prima della riforma. Un rettore potrà rimanere in carica un solo mandato e sarà sfiduciabile.

Distinzione netta tra Senato e Cda – Il Senato accademico avanzerà proposte di carattere scientifico, ma sarà il Cda ad avere la responsabilità chiara delle assunzioni e delle spese. IL Cda avrà almeno 3 membri esterni su 11. Il presidente potrà essere esterno. Presenza qualificata degli studenti negli organi di governo.

Nucleo di valutazione a maggioranza esterna e voti ai professori – Per garantire una valutazione oggettiva e imparziale. Gli studenti valuteranno i professori e questa valutazione sarà determinante per l’attribuzione dei fondi dal Ministero.

Valutazione degli atenei: Le risorse saranno trasferite dal ministero in base alla qualità della ricerca e della didattica. Fine della distribuzione dei fondi a pioggia. Obbligo di accreditamento, quindi di verifica da parte del ministero di tutti i corsi e sedi distaccate per evitare quelli non necessari e valutazione dell’efficienza dei risultati da parte dell’Anvur.

Riorganizzazione atenei: riduzione molto forte delle facoltà che potranno essere al massimo 12 per ateneo.

Un dg al posto del direttore amministrativo – Il direttore generale avrà compiti di grande responsabilità e dovrà rispondere delle sue scelte, come un vero e proprio manager dell’ateneo.

Fusioni atenei – Ci sarà la possibilità di unire o federare università vicine, anche in relazione a singoli settori di attività, di norma in ambito regionale, per abbattere costi e aumentare la qualità di didattica e ricerca.

Riduzione dei settori scientifico-disciplinari, dagli attuali 370 alla metà (consistenza minima di 50 ordinari per settore). No a micro-settori che danneggiano la circolazione delle idee e danno troppo potere a cordate ristrette.

Reclutamento e accesso di giovani studiosi– Introdotta l’abilitazione nazionale come condizione per l’accesso all’associazione e all’ordinariato. L’abilitazione è attribuita da una commissione nazionale sulla base di specifici parametri di qualità. I posti saranno poi attribuiti a seguito di procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole università, cui potranno accedere solo gli abilitati. Tra i punti salienti degli interventi volti a favorire la formazione e l’accesso dei giovani studiosi la revisione e semplificazione della struttura stipendiale del personale accademico per eliminare le penalizzazioni a danno dei docenti più giovani; revisione degli assegni di ricerca per introdurre maggiori tutele, con aumento degli importi; abolizione delle borse post-dottorali, sottopagate e senza diritti; nuova normativa sulla docenza a contratto: riforma del reclutamento.

Gestione finanziaria: Introduzione della contabilità economico-patrimoniale uniforme, secondo criteri nazionali concordati tra Istruzione e Tesoro: i bilanci dovranno rispondere a criteri di maggiore trasparenza. Commissariamento e tolleranza zero per gli atenei in dissesto finanziario.

Obbligo presenza docenti a lezione: avranno l’obbligo di certificare la loro presenza a lezione. Questo per evitare che si riproponga senza una soluzione il problema delle assenze dei professori negli atenei. Viene per la prima volta stabilito inoltre un riferimento uniforme per l’impegno dei professori a tempo pieno per il complesso delle attività didattiche, di ricerca e di gestione, fissato in 1500 ore annue di cui almeno 350 destinate ad attività di docenza e servizio.

Scatti stipendiali solo ai professori migliori. Si rafforzano le misure annunciate in tema di valutazione dell’attività di ricerca dei docenti. In caso di valutazione negativa si perde lo scatto di stipendio e non si può partecipare come commissari ai concorsi.

Diritto allo studio e aiuti agli studenti meritevoli – Delega al governo per riformare organicamente la legge 390/1991, in accordo con le Regioni per spostare il sostegno direttamente agli studenti per favorire accesso agli studi universitari e mobilità. Inoltre sarà costituito un fondo nazionale per il merito al fine di erogare borse di merito e di gestire su base uniforme, con tassi bassissimi, i prestiti d’onore.

Mobilità del personale – Sarà favorita la mobilità tra gli atenei, perché un sistema senza mobilità interna non è un sistema moderno e dinamico. Possibilità per chi lavora in università di prendere 5 anni di aspettativa per andare nel privato senza perdere il posto.

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