Trasformazione digitale: il Covid-19 ha cambiato gli italiani

Più aperti verso le soluzioni digitali: l’87% degli abitanti del nostro Paese è a proprio agio nell’utilizzare nuove tecnologie. Uno su tre ha scoperto l’e-banking durante il lockdown

Serviva uno shock come quello di una pandemia globale e il conseguente lockdown per dare una scossa alla trasformazione digitale in Italia. Oggi l’87% degli abitanti del nostro Paese si sente a proprio agio nell’utilizzare tecnologie digitali, una media decisamente superiore a quella del Regno Unito e della Francia, mentre il 59% dei pensionati ha capito, in seguito all’emergenza sanitaria, che le innovazioni digitali non sono così difficili da utilizzare. Durante il lockdown, poi, il 34% degli italiani ha scoperto lo shopping online per i beni non di prima necessità e il 32% ha scoperto l’e-banking.

Questa spinta rilevante verso la digitalizzazione è stata evidenziata dallo studio che Deloitte ha presentato in occasione dell’Innovation Summit 2020, l’appuntamento nato per delineare come l’innovazione stia cambiando concretamente la nostra società e il nostro sistema economico. La ricerca è stata realizzata attraverso interviste a un campione di oltre 6 mila cittadini italiani ed europei, includendo il punto di vista di rappresentanti e manager di circa 20 imprese operanti in diversi settori industriali.

Secondo le tendenze emerse, l’innovazione che abbiamo conosciuto finora – esponenziale, centrata sulla performance tecnologica più che sulla capacità di essere utile per le persone – è utile ma migliorabile. L’innovazione del futuro deve essere guidata da un approccio antropocentrico: un approccio, cioè, che metta l’uomo al centro dei processi di innovazione. “Se da una parte l’innovazione digitale è stata in grado di aiutarci nell’emergenza e di far evolvere i nostri comportamenti gestendo la crisi, dall’altro è anche evidente come sia necessario un approccio più consapevole e fuori dalla moda dell’innovazione guidata solo dai trend e dalle performance della tecnologia”, commenta Andrea Poggi, Innovation Leader Deloitte North South Europe. “Abbiamo bisogno di un’innovazione vicina ai bisogni veri dell’uomo e capace di fornire un’interazione che bilancia l’elemento virtuale e quello fisico. Infatti, secondo la nostra ricerca, per il 55% degli italiani il continuo utilizzo della tecnologia per parlare con i propri cari o amici durante il lockdown ha incrementato la voglia di contatto umano. Non solo: per il 36% degli italiani il processo di digitalizzazione non considera sufficientemente l’aspetto umano”.

Italiani più digitali e aperti all’innovazione

La crisi legata al Covid sta avendo un forte impatto non solo a livello economico, ma anche sulla società e molti italiani stanno cambiando i propri comportamenti, sperimentando soluzioni digitali nuove, come emerge dai numeri dello studio. In questa situazione di allerta ed emergenza ancora in corso, l’innovazione è stata, e continua a essere percepita come un supporto per la quotidianità. L’innovazione, tuttavia, è ostacolata nel suo funzionamento da alcune lacune infrastrutturali. Durante il lockdown i fattori maggiormente carenti sono stati l’accesso alla connettività veloce (secondo il 50%) e l’accessibilità digitale dei servizi scolastici (49%). Al terzo posto (46%) vi è la condivisione di dati tra le strutture sanitarie.

Salute e mobilità i settori prioritari per l’innovazione

La crisi in corso ha fatto emergere diversi ambiti sui quali è necessario intervenire rapidamente per far fronte all’emergenza sanitaria nel nostro Paese. Tra tutti, Salute & Benessere e la Mobilità sono quelli che necessitano maggiormente di essere ripensati in ottica antropocentrica. Per quanto riguarda Salute & benessere è importante sviluppare un’offerta mirata che aumenti la qualità, anche percepita, dei servizi erogati verso i clienti, e preparare dei piani per gestire al meglio eventuali ulteriori emergenze. Allo stato attuale, ad esempio, il 38% degli italiani ritiene che i tempi di attesa relativi ai servizi sanitari siano troppo lunghi, mentre il 43% vorrebbe che la ricerca e l’innovazione nei prossimi cinque anni si concentrassero sullo sviluppo di un’assistenza più veloce ed efficace.

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