Strauss-Kahn a processo, per l’Fmi in pole Christine Lagarde

Il ministro francese potrebbe essere la prima donna a guidare il Fondo monetario internazionale. L’Europa punta su di lei, gli Usa la favoriscono ma non vogliono rovinare gli equilibri internazionali con Paesi emergenti come la Cina che reclama un posto da protagonista

Una donna alla guida del Fondo monetario internazionale (Fmi). Accolte le dimissioni dell’ormai ex direttore generale Dominique Strauss-Kahn, l’Fmi è pronto a dare il via al processo di successione per il quale sembra ormai scontata la nomina del ministro delle Finanze francese, Christine Lagarde. Il ministro, già favorito dai bookmaker, avrà sicuramente il sostegno di tutta l’Europa – che vuole mantenere la tradizione di una guida europea del Fondo – ma anche gli Stati Uniti sono orientati a scegliere Lagarde che diventerebbe così la prima donna al vertice dell’Fmi (Usa Canada ed Europa insieme hanno oltre il 55% dei voti nel Fondo). Ma non si tratta solo di una scelta basata sulla nazionalità: Lagarde ha la giusta reputazione, dentro e fuori l’Unione europea e la sua reputazione è amplificata dall’attuale presidenza francese del G20.Le modalità di selezione verranno annunciate dall’Fmi nelle prossime ore: ognuno dei 187 Paesi membri potrà avanzare la propria candidatura, ma a scegliere il successore di Strauss-Kahn sarà il board del Fondo monetario internazionale. Il processo sarà rapido, come assicurano dal Fondo, ma difficilmente durerà meno di due/tre mesi. Nel frattempo sarà John Lipsky, il numero due dell’organizzazione, a guidare l’istituto durante la transizione e rappresenterà il Fondo al G8. L’unico ‘problema’ per la candidatura saranno gli equilibri politici in gioco: anche le economie emergenti (Cina su tutti) vogliono avere un ruolo di rilievo a livello globale e hanno proposto i loro candidati (LEGGI). Nello scegliere in che direzione muoversi, gli Paesi come gli Stati Uniti cercheranno l’equilibrio fra due obiettivi contrastanti: mantenere lo status quo con l’Europa al comando o favorire i paesi emergenti per renderli più partecipi e responsabili nell’economia globale.

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