Siamo umani da 2,8 milioni di anni

Fino a ieri, si pensava lo fossimo da 2,3: il ritrovamento di un fossile ha spostato indietro nel tempo l’origine degli Homo Sapiens. La scoperta in Etiopia, a due passi dalla casa di Lucy

Rispetto a ieri, noi esponenti del genere umano ci siamo svegliati stamattina un po’ più vecchi… ma non di un giorno, di circa mezzo milione di anni. Il ritrovamento dei resti di una mandibola con appena qualche dente attaccato, rinvenuta nel gennaio del 2013 e appena descritta su Science, poteva restare disperso nelle tante scoperte paleoantropologiche note solo agli esperti del settore. Tuttavia, c’è qualcosa di speciale nel lavoro di Brian Villmoare (Università del Nevada) e dei suoi colleghi: grazie a loro, possiamo dire di essere umani da 2,8 milioni di anni. Da molto prima, dunque, di quanto pensavamo di esserlo fino a ieri.

IL VICINO DI LUCY. Il ritrovamento è avvenuto a Ledi-Geraru, Etiopia, in un sito desolato non lontano da altri luoghi già segnalati con evidenza nella mappa geografica dell’evoluzione umana. La località dista infatti solo trenta chilometri da Hadar, dove era stato recuperato il precedente detentore del “record” di Homo più antico (età: 2,3 milioni di anni) oltre a un altro centinaio di individui di Australopithecus afarensis, la specie di appartenenza della celebre Lucy. La cui posizione viene rafforzata dal nuovo arrivato, che va a riempire un’ampia lacuna temporale nelle testimonianze fossili gettando un ponte tra Australopithecus e Homo habilis.

ANELLO DI CONGIUNZIONE? FORSE. Presto, comunque, per parlare di una specie a sé: l’operazione di classificazione è laboriosa e controversa, con continue discussioni tra la comunità scientifica ora chiamata a valutare questa importante scoperta. L’esemplare di LediGeraru potrebbe essere discendente di Australopithecus e papà degli Homo habilis, ma siamo ancora nel campo delle ipotesi. Il team di ricercatori americani a cui dobbiamo la scoperta è nel frattempo tornato in Etiopia, ma non hanno finora rivelato se dagli scavi sia emerso qualche altro ritrovamento. Poco male, comunque, se si pensa al fatto che, come accennato sopra, dalla scoperta del nuovo “uomo più vecchio del mondo” alla sua divulgazione sono passati oltre due anni.

MERITO DEL CLIMA? E forse la questione principale non è tanto se considerare o no l’esemplare di LediGeraru l’appartenente di una specie a sé, ma invece il domandarsi perché e sotto quali impulsi a un certo punto il Australopithecus abbia “deciso”, sotto l’impulso del tempo e delle circostanze, di evolversi in Homo Sapiens. Una parte della risposta potrebbe essere arrivata dall’esame delle ossa non umane rinvenute nel sito, che segnalano come tre milioni di anni fa l’area popolata da animali che prediligevano un ambiente misto, di boscaglia e savana, come scimmie, giraffe ed elefanti, mentre sappiamo che duecentomila anni dopo il paesaggio si presentava radicalmente cambiato sia nella flora che nella fauna, dove erano comuni zebre e gazzelle. A cambiare drammaticamente è stato dunque il clima. Dobbiamo a esso la comparsa dei primi uomini?

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