Se molliamo l’Italia siamo fottuti

Oscar Farinetti, l’uomo che ha trasformato la sua passione per il benessere e il buon mangiare in un affare che non conosce confini (vedi Eataly), condivide con Business People la propria idea di ricchezza. E spiega perché il nostro paese, con tutti i suoi limiti, ha le carte in regola per superare questo «momento buio»

Oscar Farinetti non ha perso il sorriso. Anche se a pochissime settimane dall’apertura del suo nuovo Eataly (a Roma, il più grande finora costruito), due dei quattro piani della megastruttura che lo ospiterà sono stati sequestrati dall’XI Municipio della Capitale per irregolarità sul completamento dell’opera. Senza entrare nei dettagli tecnici, pare proprio che la burocrazia italiana abbia colpito ancora. Poco importa che Eataly sia uno dei fiori all’occhiello dell’imprenditoria tricolore, e che il nuovo centro darà lavoro a più di 400 giovani: le regole sono le regole. Nel momento in cui si scrive, il Municipio e Gea, la società proprietaria dell’immobile, stanno correndo ai ripari per cercare una soluzione al problema rapida e condivisa. Ma per Farinetti la questione non esiste: «Solo un inghippo che si risolverà in pochi giorni, l’inaugurazione rimane fissata al 14 giugno». Consapevolezza o spregiudicatezza? È vero che, oltre che in molte città italiane (da Torino a Milano passando per Genova e Bologna solo per citarne alcune), Eataly ha aperto anche a Tokyo e a New York, ma il core business dell’imprenditore piemontese – lo dimostra il calendario delle prossime aperture – rimane la Penisola. Nonostante tutte le difficoltà della situazione contingente e la vita mai facile per chi vuol fare impresa in questo Paese. Ecco perché abbiamo chiesto a Oscar Farinetti di partecipare alle conversazioni di Business People dedicate al nuovo significato che sta assumendo la parola ricchezza.Come produrla e come viverla in un’epoca come questa? Per Farinetti servono uomini competenti. E un po’ più di imprenditori poetici.

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Farinetti, dica la verità. Il suo è un modello di business che funziona perché lei è una mosca bianca?

Non sono una mosca bianca. Conosco altri imprenditori che hanno fatto le mie stesse scelte. Magari sono più piccoli, ma le assicuro che sono bravi come e anche più di me. Certo, le aziende funzionano meglio se diventano grandi, e se al loro interno si costruisce un buon rapporto con i collaboratori. Non dimentichiamoci che sono i collaboratori a fare le cose reali. La gente, quando pensa a Eataly, pensa a chi sta dietro il bancone, o tra gli scaffali. Non a me.

Beh, lei è anche diventato il simbolo di un altro modo di fare imprenditoria, e gode di grande visibilità…

Io sono convinto che il marketing della verità sia il migliore. Nel nostro lavoro servono esempi, e buoni motivatori, e il detto “u pesce fete da ‘a capa” è valido a maggior ragione nelle aziende, perché la dice lunga su come ci si lavora. Se tra imprenditore e dipendenti ci si somiglia, è meglio. Il business gira in maniera più efficiente. Ci guadagniamo tutti, e di più. E mi lasci dire, un imprenditore che in un periodo come questo si distribuisce i dividendi, secondo me commette un grande errore. Oggi occorrerebbero più imprenditori poetici, di quelli che pensano ancora di fare il proprio mestiere non per distribuirsi gli utili, ma per accrescere l’impresa e per aumentare la ricchezza dei collaboratori. Di solito non andiamo a raccontarlo in giro, ma a lei lo dico: proprio il mese scorso abbiamo dato per il secondo anno consecutivo un premio ai dipendenti, di fatto uno stipendio vero e proprio. Abbiamo pagato la quindicesima a tutti.

Quindi la ricchezza è pur sempre una questione di denaro?

La più bella definizione di ricchezza è poter fare nella vita quello che desideri fare. La cosa più bella del mondo è trasformare in realtà ciò che sognavi a occhi aperti quando eri un ragazzo.

E a lei il suo lavoro piace. Ma perché continua a investire in Italia nonostante le difficoltà di questo mercato e con tutti gli intoppi burocratici a volte che sembrano trappole fatte ad arte per mettere il bastone tra le ruote agli imprenditori?

Lo faccio perché mi diverto da morire! Vede, mio padre è stato partigiano, ha combattuto per la libertà. Io quel tipo di lotta non la posso fare, ecco perché faccio l’imprenditore-partigiano in Italia. Mi piace combattere: è più dura, più difficile, e quindi più divertente. E l’espansione all’estero? Un’azienda come Eataly, col nome che porta, potrebbe tranquillamente svilupparsi di più Oltreconfine, ma sarebbe un insulto al nostro Paese. E poi, diceva mio padre, se non sai fare bene le cose a casa tua, meglio che non ci provi nemmeno a farle fuori. Prima dobbiamo completare l’Italia. A giugno inaugureremo l’Eataly di Roma, il più esteso del mondo. Poi seguiranno nel corso del prossimo biennio Bari, Piacenza, Milano, e infine Firenze e Verona. Nel 2014 ripartiamo con l’estero, con Londra e qualche altra apertura negli Stati Uniti. Ma una cosa vorrei che fosse chiara a tutti gli imprenditori: se molliamo l’Italia, siamo fottuti.

C’è però chi dice che per crescere si dovrebbe puntare sull’export e sull’internazionalizzazione…

E hanno assolutamente ragione: il nostro Paese può salvarsi solo se raddoppiamo o triplichiamo le esportazioni e l’incoming dei turisti stranieri nella Penisola. Visto che abbiamo numeri piccoli, ci sono enormi margini di crescita. Però bisogna cominciare a piazzare gli uomini migliori nelle sale dei bottoni, nei ministeri. Nell’industria noi lo facciamo senza bisogno di votazioni. Mi rendo conto che nel pubblico la faccenda è più complessa. Ma negli ultimi 30 anni non si è per niente tenuto conto dell’asset della competenza per stabilire chi dovesse occuparsi di cosa. Al ministero del Turismo, per esempio, serve uno con le contropalle, che conosca a menadito come funziona il turismo mondiale. Per l’export bisognerebbe trasformare la diplomazia italiana, che è ben inserita ed è molto autorevole sulle varie piazze, in un’organizzazione di agenti promotori dell’agroalimentare, della moda e del design nazionale. In sei mesi, al massimo in un anno di buona gestione, sono certo che potremmo raddoppiare o triplicare i flussi dell’industria e del turismo.

Cosa intende? Che dopo il governo dei tecnici, servirebbe il governo degli imprenditori?

Gli uomini competenti devono diventare politici. Pericle non era altro che un signore molto competente. Però, prima di tutto, serve la riforma elettorale, con una legge che preveda al massimo due mandati: in questo modo gli eletti possono portare sempre linfa nuova in parlamento, esprimendo il massimo della propria creatività e senza dover giustificare la propria rielezione e facendo opera servitù.

Lei ha dichiarato che se non avesse fatto l’imprenditore, si sarebbe dato alla politica. È un sogno, una tentazione o un progetto?

Al momento non si può scendere in politica, ti massacrano. C’è un sistema dell’informazione, la macchina del fango, che non la fa passare liscia a nessuno. Sono i classici momenti di trasformazione, ci troviamo di fronte a una grande virata epocale. Un periodo cruento, e brutto. Ma bisogna solo aspettare un po’. Credo che le cose cominceranno a cambiare già a partire dal 2013. Io non mi darò alla politica, ma ci saranno persone valide che lo faranno (Montezemolo? Farinetti, lo conosce bene: oltre a condividere con lui la “piemontesità” ci collabora anche come fornitore di alimenti per i treni Ntv, ndr). E poi ci sono già bravi politici di professione. Giolitti diceva che un terzo dei politici è uguale a noi, un terzo è meno valido di noi, un altro terzo è migliore di noi. Quell’ultimo terzo esiste, e mi creda: io ne conosco tanti di politici in gamba. Serve solo che si propaghino.

Dunque è ottimista.

Non sono così pessimista sul futuro, ma ripeto è fondamentale che facciano la riforma elettorale. Guardi, se non la varano prima del 2013 sono cavoli duri. Entreremmo in un clima rivoluzionario, e i politici si rovinerebbero da soli. Proprio per questo penso che si daranno una mossa, non vogliono distruggersi con le proprie mani.

Deve solo prevalere l’istinto di sopravvivenza?

È proprio grazie all’istinto di sopravvivenza che l’essere umano cambia nei secoli. Non siamo messi così tanto peggio rispetto al passato: non si dimentichi che ci siamo sorbiti vent’anni di Mussolini in silenzio, e abbiamo sopportato due o tre secoli durissimi nel Medioevo. L’uomo ha vissuto più volte periodi di buio profondo. Siamo imperfetti e non possiamo immaginare o creare sistemi di governo perfetto. Ma all’interno dell’imperfezione, se al governo mandiamo gli uomini migliori, forse è meglio.

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