Un risarcimento di 65 milioni basta e avanza, soprattutto dopo che questo è stato accettato dalle parti in causa. È quanto stabilito dalla corte d’appello di San Francisco (California) che ha rigettato il ricorso dei gemelli Winklevoss, Tyler e Cameron, due vogatori di livello olimpico che avevano accusato Marck Zuckerberg di aver rubato loro l’idea di Facebook, il popolare social network, mentre studiavano ad Harvard. La Corte ha stabilito che il risarcimento stimato in 65 milioni di dollari ricevuto dai gemelli nel 2008 è equo e che i due non hanno il diritto di contestare un accordo raggiunto in precedenza. La linea di difesa dei gemelli, che avevano anche ottenuto una parziale proprietà del social network, è che i vertici di Facebook li ha truffati, sottovalutando il valore della società, almeno quattro volte superiore a quanto si pensasse. Il giudice ha dato ragione a Facebook, facendo propria l’ipotesi del “rimorso dopo l’accordo”. Diverso sarebbe stato se a suo tempo i Winklevoss avessero contestato la somma offerta loro da Zuckerberg e soprattutto se avessero rifiutato di incassarla. Ma così non è stato. Per Zuckerberg, però, non è ancora finita. C’è una persona, probabilmente un truffatore perché è già stato condannato in passato, che reclama l’84% del possesso di Facebook. L’uomo si chiama Paul Ceglia e vive nello Stato di New York. Secondo il ricorso appena presentato a un tribunale federale, Ceglia sostiene di possedere un contratto in base al quale Zuckerberg gli riconosce il possesso dell’84% di Facebook. L’uomo non è però credibile più di tanto: nel 2003 Ceglia era stato condannato per non aver fornito, nonostante i contratti, truciolato di legno per 200mila dollari a quattro Stati americani. Sarebbe proprio cercando tra le sue carte per rispondere alle accuse che Ceglia ha ritrovato – per caso, ovviamente – il contratto che lo legava a Zuckerberg.
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