Doveva essere una piccola, grande, rivoluzione: per combattere le stragi del sabato sera (ma non solo), il governo aveva annunciato la volontà di introdurre nel codice penale italiano il reato di omicidio stradale. «Tra i tanti obiettivi del Patto di Governo fino al 2018, c’è la proposta di una legge per introdurre una nuova fattispecie di reato: il reato di omicidio stradale. Perché la licenza di guida non si può trasformare in licenza di uccidere!», aveva spiegato a febbraio il ministro dell’Interno Angelino Alfano alla direzione nazionale del partito Ncd.
Poi però, probabilmente, è mancato il coraggio. Pur introducendo il nuovo reato, infatti, il testo del decreto legge depositato in Parlamento elimina la revoca permanente della patente. Stando a quanto spiegato dal relatore Giuseppe Luigi Cucca (Pd)«un simile meccanismo sanzionatorio, per la definitività dei suoi effetti, non appare difendibile sul piano della legittimità costituzionale». E se è vero che in Germania, Uk e Francia non è contemplata la revoca eterna della patente, è altrettanto innegabile che la gravità di un reato è legata anche al peso delle sanzioni previste. A oggi sono 3 mila i morti all’anno per incidenti stradali. Un terzo avviene a causa dell’abuso di alcol o droga. Attualmente gli omicidi stradali sono inquadrati come omicidi colposi, con le relative possibili aggravanti.
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