I 40 anni di Mazinga: all’alba dei super-robot

Credevate fosse Goldrake il primo dei mecha giapponesi? Non è così. È l’altra creatura di Go Nagai ad aver cambiato per sempre il modo di intendere la fantascienza animata in tutto il mondo. E dire che quando l’ha inventato, il fumettista nipponico pensava a tutt’altro

Sfatiamo subito un falso mito puramen­te italiano: qui da noi parecchi – per non dire quasi tutti – dei quarantenni in circo­lazione pensano che il primo dei super-ro­bot giapponesi sia stato Goldrake. In effet­ti Grendizer, questo era il nome origina­le del gigante di gren (lega metallica extraterrestre virtual­mente indistruttibile) venuto dal pianeta Fleed, fu il primo a sbarcare sui televisori della Penisola, e cambiò per sem­pre il modo di concepire gli automi nel mondo occidenta­le. In occasione della prima puntata, trasmessa dalla Rete 2 alle 18.45 del 4 aprile 1978, all’interno del programma Buonasera con…, gli fu persino dedicata una presentazione speciale, in cui si spiegava agli attoniti spettatori cosa fos­se ciò che i giapponesi chiamavano mecha, ovvero un enor­me robot dotato di armi ultrafantascientifiche pilotato al suo interno – ecco la vera novità – da un essere umano e, soprattutto, dalle sue passioni. Dopo Goldrake, secondo la memoria storica italiana, è arrivato Mazinga, sempre sulla Rete 2 ma nel 1980. In realtà è stato Mazinga, per la pre­cisione Mazinger Z, il primo mecha della storia della fanta­scienza animata. E quest’anno cade il 40esimo anniversario della sua prima apparizione televisiva sui network nipponi­ci. Come Grendizer, Mazinger Z è una creatura dell’inesau­ribile fantasia del manga-ka (ovvero fumettista, anche se in Giappone il termine ha tutt’altra accezione: i manga-ka sono vere e proprie celebrities) Go Nagai. La genesi editorialePer chi non lo conoscesse, Go Nagai è l’artista che ha fir­mato tutto ciò che, senza esagerare, ha rivoluzionato il fu­metto e l’animazione mondiale. Giusto per fare qualche esempio, sua creatura è il crudo Devilman, un demone de­gli inferi incaricato di distruggere l’umanità che si ribella alla sua stessa natura dopo aver scoperto l’amore di una ra­gazza. Suo è Jeeg, il primo mecha magnetico che attraver­so il merchandising ha fatto la gioia dei produttori di gio­cattoli all’inizio degli anni ‘80. Suoi sono i Getter, le prime macchine da combattimento che si combinavano per dare vita a tre robot distinti, ognuno con caratteristiche e desi­gn peculiari. Sua è Cutie Honey, la prima eroina che com­batteva il male unendo azione, humour e una buona dose di erotismo. Mazinger Z e Devilman, nati entrambi nel 1972, sono sta­te le sue prime serie di successo planetario. Ma è Mazinga Z che ha generato il maggior numero di discendenti meccani­ci, cloni e tentativi di imitazione, in una escalation non si è ancora esaurita, grazie alla creazione di nuove serie anima­te e fumetti che ne ripercorrono o amplificano la leggenda. L’attitudine di Go Nagai di comunicare con il pubblico occidentale, dote assai rara per un giapponese della sua generazione, deriva innanzitutto dalla sua capa­cità di stemperare i concetti di bene e male, di creare ambiguità e zone d’ombra tra giu­sto e sbagliato, tra potere salvifico e distrut­tivo, specialmente per quanto riguarda le potenzialità dell’innovazione tecnologica. Non dimentichiamoci che Go Nagai è stato uno di quei milioni di bambini che hanno provato sulla propria pelle la terribile capacità distruttiva dell’energia atomica. Le nuove avventure di Mazinga su Man-GaMa il successo in Europa è arrivato anche grazie al suo grande amore per la nostra cultura e per i miti su cui sono fondate le nostre società: se il mondo da cui proveniva Devilman era ispirato ai gironi danteschi della Divina Commedia (tanto è vero che il primo progetto sul tema, elaborando il quale avrebbe poi dato vita all’Uomo-diavolo, si chiamava Mao Dante), la minaccia che deve affrontare Mazinger Z è quella del Popolo dei Micenei. Esatto, parliamo della civiltà dell’antica Grecia che aveva dominato il Mediterraneo contendendolo ai Cretesi. Nella storia di Go Nagai i Micenei non si sarebbero estinti, ma sarebbero sopravvissuti sottoterra in una sorta di letargo fino ai giorni nostri conservando i segreti di una terribile tecnologia bellica. Richiamando i colossi di bronzo delle leggende (e delle evidenze archeologiche) greche, Go Nagai racconta infatti che i Micenei erano stati in grado di costruire dei giganteschi guerrieri meccanici con i quali in passato avevano sottomesso i popoli rivali, e che gli appartenenti stessi alla stirpe micenea si erano sottoposti a un processo di perfezionamento per ottenere degli immensi corpi bionici, che conservavano le reliquie della passata umanità in determinati punti dell’organismo artificiale (sicuramente ricorderete il Generale Nero, l’acerrimo nemico dei Mazinga, che aveva l’aspetto di un guerriero dalle grandi corna con sul petto il volto umano – e senziente – della persona che era stato, o il Granduca Gorgon, un mostro con il busto di uomo inserito sul dorso di una tigre). Ed è il famigerato scienziato nazista Doctor Hell, in italiano il Dottor Inferno, a risvegliare la furia dei guerrieri meccanici micenei, dopo averne scoperto i segreti sull’isola di Rodi (nella versione originale giapponese, però, si trattava dell’isola di Bardos), per preparare un piano di conquista planetario. Solo il suo collega Juzo Kabuto era a conoscenza del folle intento di Hell, e intuendo la minaccia progettò e costruì in gran segreto una macchina che avesse le caratteristiche per affrontare i mostri micenei. Unendo le risorse dell’energia fotoatomica alimentata da un nuovo elemento scoperto in Giappone, e per questo chiamato Japanium, alla Superlega Z ottenuta anch’essa dal minerale nipponico, Kabuto diede vita al demone meccanico Mazinger Z. Demone, non robot. Il nome Mazinger è composto dalle parole giapponesi “ma” e “jin”, che significano rispettivamente demone e divinità. È lo stesso dottor Kabuto a spiegare a un incredulo Koji Kabuto, suo nipote e futuro pilota del mecha, che Mazinger è una macchina che lo renderà potente come un dio, e che starà a Koji, al suo arbitrio, decidere cosa farne, se usarlo per salvare il mondo o… per distruggerlo. Koji Kabuto la sua scelta l’ha fatta. Ma la sua lotta contro le forze del male, a 40 anni di distanza, non si è ancora esaurita. Anche perché in Italia le puntate di Mazinga Z non furono trasmesse integralmente. Al di là delle parti censurate, gli spettatori hanno potuto vedere solo 49 episodi, ovvero poco più della prima metà della serie, composta da 92 puntate. Episodi che nell’adattamento tricolore sono stati peraltro del tutto svincolati dalle storie del Grande Mazinga e di Goldrake, rispetto alle quali Mazinger Z rappresentava la prima parte di una trilogia robotica. Anche per questo l’attaccamento del pubblico nei confronti dello “Zetto”, come lo chiamano gli appassionati della Penisola, è stato molto inferiore a quello che si è sviluppato per il Grande Mazinga e soprattutto per Goldrake. Il paradosso è che a 40 anni di distanza, nonostante le nuove serie dedicate ai mecha di Go Nagai (da Shin Mazinger a Mazinkaiser, il Mazinger definitivo, fino a Mazinkaiser Skl) nessuno si è ancora preso la briga di realizzare un adattamento italiano per la seconda parte della serie.

Koji Kabuto, detto Ryo. Alcor per gli amici

Il nome del protagonista di Mazinger Z è uno dei più grandi qui pro quo nella storia dell’animazione nipponica nel Belpaese. Koji Kabuto nel doppiaggio italiano viene chiamato Ryo Kabuto, e introdotto come un personaggio totalmente nuovo per gli spettatori della Rai. Eppure Koji, pardon Ryo, era già noto agli appassionati di robot giapponesi, in quanto lottava contro le forze di Vega al fianco di Actarus nella saga di Goldrake, dove però si chiamava Alcor. Inoltre, proprio perché in Italia la trilogia nagaiana di Mazinga Z, Grande Mazinga e Goldrake era stata arbitrariamente sciolta, ogni riferimento alla vita precedente di Alcor/Koji/Ryo ai comandi di Mazinga venne eliminato nelle avventure di Ufo Robot. Un peccato, perché nella versione originale giapponese la rivalità tra Koji e Daisuke (il nome originale di Actarus) era amplificata dal fatto che l’ex pilota di Mazinger Z combatteva insieme al possente Goldrake-Grendizer su un minuscolo disco volante, il Tfo.

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